Tra le realtà lombarde del Karate è impossibile non citare il So.Cu Karate Club di Legnano che, contrariamente alla collocazione geografica (provincia di Milano), milita nel Comitato di Varese. Nel nostro viaggio legnanese è il presidente, nonché allenatore, Luca Lenna a spiegarci i segreti di questa disciplina e la genesi del Dojo.

Presidente Lenna, come si avvicinò al Karate?
“Lo pratico sin da quando avevo sei anni: da bambino, avendo dei problemi di salute legati alla tosse, i miei genitori preferirono farmi praticare uno sport coperto, anziché uno esterno. In questo dojo, o palestra, per noi il Karate è una passione, ed è anche una disciplina che, basata sull’autocontrollo e sul dominio del proprio fisico, consente anche di isolarsi dalla frenesia della vita quotidiana. Questa società, da sempre affiliata alla FIJLKAM, è stata fondata nel 1979, e il nome So.Cu è l’acronimo dei cognomi degli allora fondatori, Enzo Sormani e Cuccurullu Doriano. Attualmente, da allenatore seguo gli adulti, le cinture marroni e nere. Alcuni di loro, concepiscono il Karatè come un rinforzo generale per il fisico, mentre altri invece come interesse verso un aspetto culturale del Giappone”.

Per quali ragioni, voi di Legnano, nel milanese, siete iscritti al comitato varesino?
“Dal punto di vista logistico è per noi più agevole svolgere le nostre attività, e risultano più vicine le località del varesotto rispetto a quelle della provincia di Milano. Di solito, i nostri karateka agonisti partecipano al Torneo dell’Insubria, che prevede diverse fasi all’interno del quale si svolgono anche degli esercizi ludici per i bambini, propedeutici al loro accostamento basilare al Karate. Abbiamo anche recentemente avviato delle collaborazioni con alcune società del varesotto, al fine di consentire agli atleti un maggiore utilizzo di spazi che frequentemente risultano contingentati. In generale preferiamo non specializzare i nostri allievi precocemente al Kumitè (combattimento regolamentato, ndr) o al Katà (dimostrazione di tecniche, ndr), ma insegniamo loro i kyon (o fondamentali), gli Heian (Katà di base, ndr) ed esercizi propedeutici al Kumitè”.

Quale messaggio del Karate intendete trasmettere mediante la partecipazione all’ATP?
“Ritengo che l’ATP, o Attività Tecnica Provinciale, sia un aggiornamento anche per gli istruttori, e che consenta agli atleti di poter disporre anche di ore suppletive per allenarsi. Troviamo inoltre molto formativo il fatto che i nostri atleti possano confrontarsi con altre realtà sia a livello di insegnamento che di pratica. Il nostro dojo ha nel complesso delle finalità amatoriali, ma tentiamo anche di coinvolgere dei giovani nella pratica del Karate, utile per la formazione fisica e morale. Il nostro messaggio è soprattutto educativo, in merito al rispetto delle regole e degli avversari”.

Come vi approcciate al Katà e al Kumitè?
“Insegniamo i Katà individuali nello stile Shotokan e teniamo al concetto di Zanshi, ossia il fornire alle tecniche dimostrate un aspetto più realistico e preciso. Il Kumitè richiede la massima velocità e il controllo della veemenza nei colpi, che vanno comunque portati a termine. Penso che gli aspetti situazionali e l’interazione con l’avversario lo rendano più interessante e coinvolgente. Pur mantenendo ognuna le proprie peculiarità, non vi è comunque una netta separazione tra le due prove in quanto sono reciprocamente propedeutiche”.

Nabil Morcos

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui