Probabilmente nessuno alla viglia della sfida contro la Fortitudo Bologna avrebbe pensato di vivere un lunedì mattina così amaro e pieno di rammarico per una sconfitta arrivata solo nei minuti finali, dopo una gara giocata punto a punto nonostante le defezioni a livello di roster e fisiche, visto che la OJM si affacciava alla partita senza nemmeno un allenamento nelle gambe da diverse settimane.

Invece ancora una volta nelle difficoltà, Varese ha tirato fuori il meglio di sé mettendo in campo cuore, voglia, unione e soprattutto una prova balistica di primo livello, perché segnare 94 punti fuori casa, con le rotazioni più che limitate contro una Fortitudo in palla, non è roba da poco.
Purtroppo però le velleità varesine si sono schiantate ancora una volta contro quel grande problema che oggi e da inizio anno si chiama difesa. A gennaio questa squadra non ha ancora un minimo di organizzazione difensiva. Non è pensabile che una squadra che punta a salvarsi subisca sempre così tanti punti. Arrivare a segnare 98 e 94 punti in trasferta, per fare un esempio, e non portare a casa nemmeno due punti è sintomo di quanto sia grande la voragine difensiva in casa biancorossa.

Ieri sera la squadra ha tenuto una difesa uno contro uno per tutto il match, in una scelta voluta e perseguita fino alla fine quando fisiologicamente si è arrivati a pagarla negli ultimi minuti. E’ lecito chiedersi se sarebbe bastato tentare almeno un raddoppio su Benzing, unico terminale offensivo di una Bologna in grande difficoltà, invece di lasciare continui 1vs1 che hanno esaltato il tedesco e portato alla sconfitta finale. Sarebbe lecito chiedersi perché non esista un’idea di aiuto difensivo e l’utilizzo della zona sia stata limitata a pochissimi minuti, cercando di giocare a chi avrebbe segnato un punto in più invece di pensare di prenderne uno in meno.

Sono domande trite e ritrite che però ad oggi non trovano risposta e che puntualmente dopo ogni gara tornano in auge nella mente e nei fatti di chi vede una Varese sempre più ultima in classifica ed attende, dopo la rivoluzione di gennaio, un cambio deciso a livello tattico sperando che ormai non sia troppo tardi.

Alessandro Burin

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