Generazioni a confronto, modi di fare, di vivere, di essere completamente diversi. Tempi, usi, costumi e cultura che cambiano e continueranno a cambiare, ma che pur sempre troveranno il modo di incontrarsi, in un filo diretto, tanto invisibile quanto forte che passa anche la forza del tempo che scorre inesorabile.

Un’unione, un collegamento che trova la sua sublimazione nella Pallacanestro Varese, in quel senso di famiglia che in casa biancorossa si professa da sempre da chi passa e da chi resta, da chi arriva e da chi se ne va. E’ quello poi che accade nel concreto, al di là di tante belle parole che, come direbbero a Livorno, se le porta via il vento.

E’ quanto è successo domenica, nella cornice della partita tra Openjobmetis e Carpegna Prosciutto Pesaro, persa dai biancorossi, sotto gli occhi attenti di due tifose speciali: la signora Garbosi e la piccola Mia, neonata nipotina del Team manager biancorosso Max Ferraiuolo.

96 anni una, 5 mesi l’altra, così distanti eppure così vicine, nello spettacolo di un Lino Oldrini gremito a festa, per due donne che hanno il basket nel sangue: la prima che vede colorarsi da anni la Città Giardino nel cognome che porta per uno dei tornei più importanti del panorama cestistico giovanile italiano, l’altra perché con un nonno come Ferraiuolo sà che difficilmente rimarrà estranea al mondo della palla a spicchi e della Pallacanestro Varese, che unisce le generazioni sotto un unico segno e sotto due colori, il bianco ed il rosso.

Alessandro Burin

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