La rete che si gonfia nella partita più importante della stagione, tre punti che regalano la salvezza aritmetica, spazzando l’incombente pericolo play-out, una vittoria contro una squadra di alta classifica, che niente ha potuto contro la forza e determinazione di questo Gavirate. Sono ora trentaquattro i punti degli uomini di Caon, balzati al decimo posto a dieci lunghezze dalla penultima, ben oltre quella forbice di sei punti al di sotto dei quali ci si gioca la permanenza nella categoria. A mettere a segno il gol decisivo nella partita di domenica è stato Andrea Broggini, uno dei veterani e capitani di questo gruppo, alla sua quinta stagione con la maglia rossoblù. Una gioia doppia per il difensore classe 1989, che rivive insieme alla nostra redazione le emozioni di domenica e di questa annata.

C’era bisogno di un’impresa e l’impresa è arrivata: salvezza contro una squadra ambiziosa come il Varzi, con tua ciliegina personale sulla torta. Quante le emozioni di domenica pomeriggio?
“Domenica la possiamo definire come la partita che chiude un po’ il cerchio e che insieme a quella con la Rhodense della settimana prima, in cui avevamo sbagliato una quantità infinita di gol, raffigura bene il nostro campionato: con le squadre che sono nelle prime quattro/cinque posizioni, tra andata e ritorno abbiamo fatto grandi partite e prestazioni, rubacchiando punti a tutti, compresa la capolista; mentre con le squadre che lottavano per i nostri stessi obiettivi, come Base e appunto Rhodense, abbiamo avuto più difficoltà e non siamo mai riusciti a vincere. Domenica contro una squadra forte che lottava per i playoff abbiamo fatto la nostra prestazione e ci siamo riscattati dopo l’1-2 dell’andata. Il mio gol, personalmente, ha reso tutto ancora più bello, ma ovviamente sarebbe andato bene anche se l’avesse fatto qualcun altro (ride, ndr). Era da due settimane che dicevo ai ragazzi che un gol a campionato l’ho sempre fatto e che magari una di queste partite sarebbe stata la volta buona. È andata veramente così, ma non casualmente, perché è qualcosa che abbiamo voluto e che siamo andati a cercare. Segnare, fare tre punti e ottenere in contemporanea la salvezza è stato pazzesco. Il nostro obiettivo primario era di portare la nave in porto e siamo contenti di esserci riusciti“.

A proposito di big e meno big, come spieghi questi risultati altalenanti tra le prime della classe e le squadre più abbordabili?
“È stata una cosa strana e probabilmente inconscia, perché non penso che contro squadre del nostro livello non entrassimo in campo con la stessa cattiveria. Forse è dipeso dal fatto che le squadre che lottano per vincere tendenzialmente giocano di più e lasciano più spazi, quindi riuscivamo a esprimere meglio le nostre caratteristiche e a creare sempre tante occasioni. Invece, contro squadre più chiuse in difesa, abbiamo trovato qualche difficoltà in più, perché se l’avessimo messa sul piano dell’agonismo avremmo pagato tantissimo a livello fisico. In più, la fatica di raggiungere la salvezza alla penultima partita si è fatta sentire. Ci sono state tante partite sofferte, in cui siamo rimasti un po’ con l’amaro in bocca. Con la Rhodense pensavamo di averla portata a casa e invece abbiamo preso gol un minuto dopo averlo fatto. Mentalmente è stata una stagione dura, ma che abbiamo voluto portare a casa tutti insieme, perché era da Natale che ci dicevamo che non potevamo non salvarci. Alla fine, ognuno porta a casa i punti come può e anche in questo siamo migliorati molto da gennaio in poi. È vero che nel girone di andata avevamo un gioco più frizzante, ma avevamo preso anche qualche batosta, come con Verbano e Calvairate; al ritorno, invece, ci siamo rimessi in sesto sotto questo aspetto, anche per il fatto di conoscere meglio i nostri avversari e la categoria, che rispetto alla Promozione è tutto un altro mondo, sia a livello fisco che mentale”.

Nel 2020 conquistavi appunto la promozione con questa maglia. Che gioia era stata quella di allora e che gioia è questa di adesso?
Ci dicevamo sempre che la salvezza di quest’anno sarebbe stata come la vittoria di un campionato e che avremmo dovuto festeggiarla come tale, e infatti così abbiamo fatto e faremo. Non dico che questa gioia sia meglio di quella della promozione, però in quel caso la stagione era stata interrotta per il Covid e con tutto quello che stava succedendo giustamente non avevamo festeggiato a dovere, quindi era stata una vittoria a metà, nonostante fosse strameritata. Questa stagione, invece, l’abbiamo vissuta appieno ed è un altro cerchio che si chiude: insieme ad altri compagni avevamo portato il Gavirate in Eccellenza e almeno per questa stagione volevamo farcelo rimanere, pur con tutte le difficoltà incontrate. Il torneo dell’anno scorso era stato una specie di prova, senza rischio di retrocessione, mentre il campionato di quest’anno è stato difficilissimo, con squadre molto attrezzate, quindi ci siamo tolti una grossa soddisfazione”.

Oltre, naturalmente, ai tre punti di domenica, e alla gioia liberatoria che ne è scaturita, quali sono stati per te i momenti più belli di questa annata?
“Sicuramente la vittoria all’andata con la Sestese, che in quel momento era prima in classifica, e il pareggio con la Varesina all’ultimo minuto, che è stata una felicità doppia visto che loro si sono poi rivelati i vincitori del campionato. Anche la vittoria con il Pavia nel loro stadio è stata una soddisfazione in più, anche perché molti di noi non sono abituati a grandi palcoscenici, come sarà anche quello di Voghera di questa domenica”.

E domenica scenderete in campo a cuor leggero, ma chi conosce il vostro DNA potrà ben immaginare che non starete di certo a guardare…
“Esatto, a cuor leggero, ma non troppo, altrimenti rischiamo di fare figuracce. Raggiungere la salvezza ci ha tolto un peso, ma non per questo ci tireremo indietro. Daremo tutto come sempre, anche se giustamente saremo più liberi di testa rispetto a domenica scorsa. Sappiamo che troveremo una squadra agguerrita, che vuole restare terza per giocarsi i playoff in casa, e noi ci giocheremo la nostra partita: se riusciremo a vincere, bene; altrimenti vorrà dire che gli avversari sono stati più forti”.

Veterani come te, Pescara, Tartaglione, Miele, Caon e anche i più giovani Esteri e Lercara sono l’ossatura e forza motrice del gruppo. Quanto è stata decisiva, secondo te,la vostra esperienza?
“Sicuramente ci ha aiutato, ma più che l’esperienza in campo, penso che il vero vantaggio sia stato il fatto di conoscerci già. A parte Pescara, noi altri veterani siamo ragazzi che avevano fatto l’Eccellenza qualche anno addietro o che non l’avevano mai fatta. In campo, però, ognuno ha dato tutto ciò che aveva, nonostante i dolori e gli acciacchi che ci hanno un po’ perseguitato per tutta la stagione. C’è stato un grande attaccamento alla causa, che nasce solo quando si sta bene con i compagni; se così non fosse, si potrebbero trovare mille scuse per non giocare e non si farebbe di tutto per rientrare e dare una mano. La differenza l’ha fatta il gruppo, in cui oltre a noi giocatori includo il mister e tutto lo staff, che ci hanno sempre messo nelle condizioni di lavorare serenamente, anche nei momenti più tosti.

Ora che avete centrato l’obiettivo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, che parola o parole sceglieresti per esprimere l’essenza di questa squadra?
Passione, costanza, sorriso e musica. Parto dalla musica, che con il nostro trascinatore Pescara non è mai mancata, nemmeno nei periodi più difficili. Lo stesso vale per il sorriso: prima delle festività di Natale avevamo perso diverse partite, ma non ci siamo mai abbattuti. Per noi il calcio è un dopolavoro, quindi dobbiamo andare agli allenamenti innanzitutto per divertirci. La costanza ci ha aiutato a non mollare mai, da agosto fino adesso: abbiamo remato tutti nella stessa direzione, e questo si lega anche alla passione, perché siamo tutti allineati alla nostra filosofia. Il merito va a chi ha scelto i giocatori, al mister, a tutto lo staff e a noi stessi. Un altro gruppo, messo a dura prova, magari si sarebbe sciolto e non ne sarebbe venuto fuori; noi, invece, più le difficoltà aumentavano, più provavamo a lottare”.

Silvia Alabardi

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