Ci sono idee e progetti che nascono in un minuto e che si realizzano quasi per magia, come la famosa lampadina che si accende all’improvviso nei cartoni e cambia il corso degli eventi. Altri invece, crescono nel lavoro costante, nell’abnegazione e nella voglia di costruire qualcosa di diverso in mezzo ad un movimento che fatica a trovare la strada giusta per cambiare.
Questa è la storia di Francesco Fogato, Direttore Generale del BasketBall Gallarate e del progetto HUB Sempione che racconta la svolta che Gallarate vuole dare partendo da quella che è stata la sua storia, fatta di pane e basket fin da piccolo, con Tradate nel cuore.

Qual è stato il suo primo approccio con la pallacanestro?
“Penso di essere rotolato in palestra la prima volta. Mio fratello giocava e io lo seguivo nella palestra di via Gramsci. In realtà ho iniziato tardi, ad otto anni, nella vecchia APL Tradate, giocando con i più grandi per due anni. Dalla quarta elementare mi sono spostato a SportLandia, facendo di tutto per giocare con i più grandi. Ho sempre deciso di aspettare di finire le medie prima di cambiare aria. In terza media, prima superiore ho provato il grande salto al Campus. Un’avventura piena di emozioni, che ha portato alla conquista del mio primo scudetto. Poi siamo passati alla Robur perché il Campus ne è stato assorbito e lì ho chiuso con altre due finali. Nelle annate Senior ho avuto modo di giocare con gente come Cecco Vescovi e Rovera. Esordio in Serie B a 17 anni, poi tanti anni in C1 e C2, con Gorla, Oleggio, Daverio, Tradate ed infine Gallarate. Penso che se avessi fatto meno scelte di comodo avrei potuto fare più carriera”.

Un ragazzo di Tradate a Gallarate, perché?
“Arrivo a Gallarate per una serie di coincidenze. Lascio Tradate per una scelta egoistica, perché volevo giocare per vincere. Tradate per me è sempre e comunque casa, vuoi anche per quello che è mio padre, il Baffo, in città. Chissà che un giorno anche io non possa tornare. Il cordone ombelicale con loro non è mai stato tagliato, tant’è che oggi come BBG abbiamo allacciato una collaborazione anche con loro per dare un’opportunità in più ai ragazzi che giocano lì. Tradate sta lavorando bene ma non ha più i numeri di prima per mille ragioni. A Tradate ho stretto le mie più belle amicizie e non posso dimenticarlo. Poi è arrivata Gallarate e le cose sono cambiate quando sono caduto nel tranello di Valentino”.

Di cosa si tratta?
“Il rapporto con Gallarate nasce dal mio più grosso vizio e difetto, ovvero l’altruismo. Thomas mi disse, quando ho smesso di giocare, di rimanere a dare una mano. Da che dovevo aiutare solo la prima squadra, sono finito ad avere in mano tutta la società, portando le mie idee e convinzioni, e la mia esperienza in settori giovanili di eccellenza. Venivo da una squadra, Varese, dove bastava schioccare le dita e la gente veniva, a Gallarate non è così. Qui bisogna costruire con armi diverse rispetto al marchio ed allo schiocco di dita. Stiamo cercando di arrivare a raggiungere il più alto livello possibile attraendo le persone con professionalità ed idee. Il tutto partendo dalla cosa fondamentale, ovvero il rapporto con i genitori. Loro pagano la quota e noi dobbiamo offrire loro le opportunità migliori per far crescere i loro figli. Questo non vuol dire però che tutti giochino lo stesso minutaggio, ma che tutti abbiano le stesse opportunità a livello di qualità dell’allenamento e del lavoro in palestra. Avere una persona come Besio di fianco è una bella mano, vista la sua esperienza”.

Quando si arriva a Gallarate e si chiede chi fa le cose, la risposta anche del presidente è Francesco Fogato. Cosa significa per lei questo e qual è il rapporto con Valentino?
“Responsabilità è la parola che più mi piace, se non assumi quella non puoi fare il lavoro in una certa maniera, con una certa dedizione. Io non cerco scuse, devo prendere decisioni e portarle avanti con responsabilità che mi assumo. Thomas è una persona che sa scegliere e mettere le persone al posto giusto. Non dico con questo che io lo sia, probabilmente lavoro meno bene di altri ma meglio di taluni. Il nostro rapporto è molto diretto. Non ho mai visto un presidente andare a parlare con la mamma del ragazzo di 13 anni che ha un problema. Sa delegare molto bene, anche se poi è lui che mette la firma finale. Io cerco di portare avanti le sue idee ma sempre con un confronto. E’ una persona che, al di là del suo essere istrionico, ci mette passione, che trova sponsor e ci permette di mettere in piedi tutto questo. E’ chiaro che reggere tutto questo non è facile. Se Gallarate è quello che è tanto lo deve anche a lui. Chiaro che lui cerca di scaricare la palla, a differenza di quando giocava, dandomi dei meriti. Io prendo questo assist più che per bearmi di questo come una responsabilità per ciò che faccio ogni giorno”.

Responsabilità e fiducia al centro del progetto HUB Sempione di cui lei è diretto responsabile. A che punto di sviluppo è come progetto?
“Quello che stiamo facendo noi come HUB è diverso da quello che stanno facendo gli altri perché alla base c’è una grande fiducia tra cinque presidenti che si fidano l’uno dell’altro per un obiettivo comune. Uniamo due realtà diverse, con presidenti di generazioni diverse. Questo fa capire quanto possa essere difficile trovare una linea comune su come portare avanti il progetto. Eppure funziona, perché alla base si sa che nessuno sta cercando di fregare l’altro, anzi si rema tutti nella stessa direzione. Incidenti di percorso ce ne sono, come normale che sia, ma siamo usciti dalla logica di paese. Oggi non discutiamo più per i palloni o le ore di palestra, quanto per decidere se mandare un ragazzo dell’HUB in C1-C2 o Promozione. Quando raggiungi questo livello vuol dire che ti stai comportando bene. Siamo al secondo anno di sviluppo del progetto quinquennale che mi sono posto, con obiettivi di crescita qualitativa e quantitativa. Oggi abbiamo 480 bambini del minibasket, 220 ragazzi del settore giovanile ed 80 delle senior e non ci poniamo problemi perché abbiamo regole precise. Oggi siamo tra le prime 16 società in Lombardia e puntiamo ad entrare tra le prime 10”.

Infine parliamo della prima squadra del BasketBall Gallarate, prima in classifica in C Gold. Che prospettiva ha lei della squadra a dicembre?
“Ho vinto due scudetti, un Rizzi e la Promozione a Gallarate senza essere sulla carta squadre schiacciasassi. Penso che i gruppi si creino da settembre a maggio per giocarsi la vittoria finale. Si deve costruire un amalgama in campo e fuori che permetta di allenarti con serenità e convinzione di quello che fai e questo a Gallarate sta avvenendo. Quest’estate abbiamo cambiato molto ed in questi tre mesi abbiamo vissuto un periodo di ambientamento sia a livello di gruppo che di livello del campionato. I ragazzi stanno facendo un percorso importante. La sconfitta di Saronno ci ha fatto scattare un campanello d’allarme. Siamo intervenuti subito con un acquisto di carattere come Croci. Non abbiamo la superstar assoluta ma abbiamo ottimi giocatori come Passerini, Filippi, De Bettin. Abbiamo una squadra lunga, fisicamente pronta, ma poi dipende come arrivi a maggio. Per i ragazzi che abbiamo messo insieme non dubito che moriranno in campo ai playoff per dare tutto, al di là delle variabili, come infortuni o forma che possono capitare, come già ci sta capitando adesso con l’assenza di Clerici”.

Alessandro Burin

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