Se da una parte la stragrande maggioranza delle società del varesotto ha riaperto i battenti, dall’altra parte c’è chi preferisce procedere con cautela e aspettare tempi migliori per riprendere con gli allenamenti. In quest’ultima direzione c’è l’Union Tre Valli e col presidente Vincenzo Niesi abbiamo parlato di questa scelta: “Inizialmente avevamo deciso di aspettare il dpcm del 5 marzo e la nostra idea era di ripartire – spiega Niesi –. Poi la situazione si è aggravata e anche i genitori, al 90%, preferiscono non iniziare finché il periodo non migliora. È un momento difficile da gestire anche dal punto di vista del protocollo. Non mi sento di condannare nessuno, credo nel buon senso delle persone e sicuramente ogni società ha fatto le proprie valutazioni in base a quello che può garantire. Non sono né a favore né contro, ognuno è libero di fare le proprie scelte”.

È una decisione, commenta il presidente verdeblu, che non è dettata dalle modalità con cui si dovrebbero svolgere gli allenamenti: “Non è per l’allenamento in sé, il problema è quello che c’è intorno. Non si possono usare gli spogliatoi e i ragazzi dopo gli allenamenti non possono lavarsi e andare via puliti, anzi, tornerebbero a casa sudati col rischio di ammalarsi facilmente. Sappiamo benissimo che un’influenza in questo momento può comportare un iter di verifiche da parte del medico e ciò potrebbe provocare una reazione a catena. Bisogna aggiungere che nella nostra zona abbiamo diverse classi in quarantena e non è semplice pensare a riprendere”.

Ma l’attività del Tre Valli non è in pausa, anzi, si pensa già a come organizzarsi quando la curva dei contagi tornerà ad un livello controllabile: “Non siamo stati fermi, abbiamo predisposto un piano di ripartenza per quando sarà possibile e abbiamo chiesto agli allenatori che si sono resi disponibili di lavorare fino a luglio. Se si potranno organizzare tornei con altre società troveremo un modo per farli, noi ci saremo”.

Sospendere i campionati penso sia stata la scelta migliore – conclude Niesi –. So che gli altri preferirebbero continuare, magari trascinati dalla voglia di giocare, ma penso non ci sia altra soluzione. Per il momento non vogliamo rischiare e, soprattutto, non vogliamo far prendere rischi a nessuno. Se posso fare un appunto, trovo assurdo che invece il CSI riprenda qualsiasi tipo di attività e che alcune sue categorie possano rientrare in quelle di interesse nazionale. Penso sia una scelta irresponsabile e assurda”.

Roberta Sgarriglia

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