Dopo il definitivo annullamento della stagione 2020/2021 comunicato dalla Federazione Italiana Rugby, il Rugby Varese può solamente allenarsi. La stessa sorte tocca a tutti gli altri club del paese, escluso quelli partecipanti al Peroni TOP10, gli altri invece dovranno attendere parecchio prima di ricevere notizie sulla stagione successiva. Nel frattempo, conosciamo la storia di uno dei protagonisti delle ultime due stagioni del Varese, ovvero quella del mediano di mischia Emanuele Tamborini.

Classe 1986, Emanuele è uno dei rari giocatori “esterni” del Varese e quindi non fatto in casa, come praticamente tutta la rosa della squadra. Arrivato nel club biancorosso nel gennaio 2019, dopo molte esperienze rugbistiche giocate in diverse categorie, Tamborini ha sempre dimostrato molta dedizione e impegno a questo sport. Il nuovo giocatore si è presto ambientato, sia coi compagni che al clima del “Levi” di Giubiano e dopo poche settimane ha ottenuto la sua prima convocazione in serie B, tra l’altro contro una sua ex squadra, il Novara.
L’esperto mediano si è poi ritagliato un ruolo importante all’interno della squadra, ovvero quello di affidabile piazzatore. Partita dopo partita Tamborini si è dimostrato un vero cecchino quando c’è da calciare verso i pali, non a caso il suo appellativo più blasonato è quello di “piede bollente” e i suoi punti spesso si sono dimostrati determinanti per i match del Varese. Nelle difficoltà della pandemia, al momento Emanuele non riesce ad allenarsi per ragioni personali e lavorative, ma ovviamente spera di tornare al più presto a correre sul campo del Varese.

Quali sono state le tue esperienze prima di arrivare a Varese?
“Ho iniziato ad appassionarmi al rugby a 15 anni circa, quando lo praticavamo durante le scuole. Da lì ho iniziato a giocare nelle giovanili del Cus Pavia. Il mio esordio in prima squadra è arrivato quando avevo 18 anni circa, in serie C Elite. Dopo anni a pavia ho smesso di giocare per ragioni personali e successivamente ho ripreso a giocare grazie a dei miei amici del Chicken Rozzano, che mi hanno convinto a giocare lì. A Rozzano mi sono divertito molto, ho trovato un bell’ambiente e sono cresciuto tanto. Poi dal nulla sono stato contattato dall’Asr Milano che aveva bisogno di un mediano di mischia perché quello già in rosa si era infortunato. Ne ho parlato con il Rozzano e sono andato all’Asr, dove ho giocato per circa sei mesi in serie A, ovvero il maggior livello in cui ho giocato e la differenza con la serie B o C era palese. Successivamente sono tornato a Rozzano per un po’ e la mia squadra successiva è stata il Novara. Purtroppo la mia esperienza a Novara non è stata positiva, il gruppo mi piaceva ma ero davvero poco considerato dagli allenatori. Allora, dopo pochi mesi, ho deciso di cambiare e sono stato accolto dal Varese”.

Come ti sei avvicinato al Varese e come giudichi la tua esperienza qui al “Levi”?
“Volevo giocare ancora ad un bel livello, ho visto che il Varese era stato ripescato in serie B e mi è sembrata una destinazione molto interessante, e lo è stata. Negli anni ho giocato diverse volte contro Varese, con la maglia del Chicken, e il clima e la voglia di questa squadra mi è sempre piaciuto. Ho anche preso diverse botte contro di loro da avversario. Inizialmente non è stato facile, al contrario delle altre squadre nuove in cui ho militato, qui non conoscevo proprio nessuno, spesso ero teso e quindi volevo dimostrare la mia voglia di fare. Ma dopo poco mi sono ambientato e ho scoperto un gruppo davvero affiatato e accogliente. Mi trovo davvero molto bene qui al Rugby Varese”.

Cos’hai trovato di diverso nel Varese?
“C’è una voglia di lottare che non ho visto altrove. I ragazzi giocano un bel rugby e di alto livello, ma la cosa che contraddistingue questa squadra è quella follia, sentimento e aggressività che ho visto. Qui lo spirito di squadra conta molto, fin da quando sono arrivato ho capito che ero in un gruppo pieno di grinta e voglia di dare tutto, cosa che non è affatto scontata. Mi trovo molto bene a giocare in mediana con Pando (Pandozy), con degli ottimi trequarti e la nostra mischia è davvero guerriera. Diciamo che la personalità a questa squadra non manca”.

Cosa ne pensi dell’annullamento dei campionati da parte della FIR?
“Ci sono diversi aspetti da considerare. Ovviamente l’annullamento dei campionati non è una bella notizia. Alla fine potrebbero essere due anni persi. Ricominciare a giocare dopo uno stop così lungo sarà davvero difficile, ma ne sentiamo la mancanza, ne abbiamo bisogno. Sarà sicuramente dura un po’ ovunque tenere uniti i gruppi, le squadre e più si va avanti più diventa difficile per i tecnici gestire gli allenamenti. In effetti si può fare poco sul campo e non abbiamo idea di quando si giocherà una partita. A livello di comunicazione fatta da parte della FIR, a mio parere è sempre stata molto confusa dall’inizio della pandemia. Non ci sono mai stati chiari segnali o prese di posizioni realistiche anche quando era palese che non si sarebbe giocato e questo ha creato un contesto che non andava bene. In una situazione del genere, con uno sport di contatto come il nostro, era palese che non si potesse giocare. I protocolli poi spesso erano molto ambigui. Col senno di poi forse non far giocare è la cosa giusta, ma dispiace davvero tanto, perché vogliamo tornare in campo”.

Stefano Sessarego

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