La pallacanestro nella città di Varese, così come nella sua provincia, è una tradizione affermatasi da ormai sessant’anni. La squadra della città, la cui maglia bianca e rossa è ormai storica, è stata fondata nell’immediato dopoguerra, ossia nell’anno 1945, e rappresenta una delle realtà più rilucenti del basket italiano, sia per una questione di titoli sia per la tradizione che incarna nel firmamento della palla a spicchi del Belpaese e ancora oggi quando si parla di storiche entità del basket italiano Varese risulta essere una delle più prestigiose in assoluto.

Vincitrice di ben 10 titoli nazionali e oggi allenata dall’ex playmaker della nazionale Massimo Bulleri, la squadra lombarda vive un momento difficile, dato che sta lottando per non retrocedere in un campionato nel quale la grande favorita alla vittoria è l’Olimpia Milano secondo le quote che si trovano sul sito di scommesse sportive online di Betfair. A Varese, tuttavia, possono raccontare una bellissima storia, ovvero quella di Gianmarco Pozzecco, cestista nato a Gorizia nel 1972 che fu tra i grandi protagonisti dell’ultima grande stagione della squadra biancorossa, ossia quella del 1998-99, quando la squadra allora allenata da Carlo Recalcati vinse il decimo titolo di sempre, aggiungendo così la tanto agognata stella al suo storico scudo. In quell’occasione il playmaker friulano fu senza dubbio uno dei grandi protagonisti: dotato di una tecnica eccellente, di una velocità fuori dal comune e di una visione di gioco strepitosa, la Mosca atomica, come lo avrebbero chiamato all’epoca, iniziò a farsi notare proprio a Varese, dove oltre a uno storico Scudetto conquistò anche la Supercoppa italiana successiva. Pozzecco, alto appena un metro e ottanta ma in possesso di un talento assoluto, visse a Varese otto stagioni grandiose in quanto a rendimento prima di prendere la via di Bologna per accasarsi con la Fortitudo, allora una delle squadre più forti in circolazione.

L’esperienza a Varese, tuttavia, aveva reso Pozzecco non solamente uno straordinario playmaker ma anche un giocatore forse troppo sicuro di sé e poco avvezzo alla disciplina tattica. Questo suo rifiuto all’ordine, una prerogativa storica dei talenti innati, lo portò a non vincere più nulla a livello di squadra di club. La sua rivincita, tuttavia, arrivò in nazionale, dove ritrovò il suo amato e odiato Recalcati, l’unico CT in grado di farlo rendere al massimo nonostante i tanti scontri verbali tra i due. Dopo un periodo fuori dalla nazionale il Poz fu chiamato per le Olimpiadi di Atene, dove l’Italia ottenne uno storico argento perdendo solamente la finale contro l’Argentina in seguito a una grande semifinale contro la Lituania nella quale l’ex varesino fu tra i migliori in campo con 17 punti in totale e una serie di giocate da playground americano che fecero impallidire gli avversari. 

La rivincita del Poz sarebbe arrivata più tardi e in veste di allenatore, quando con la Dinamo Sassari, squadra con la quale ha vinto già una supercoppa italiana e una FIBA Europe Cup, dimostrando di essere già un tecnico di livello assoluto. 

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