Il Maestro italo-argentino dell’ Okinawa Shorin Ryu Karate Kobudo Federation varesina, tornato recentemente dal viaggio sulla celebre isola giapponese, ci illustra le caratteristiche del karate okinawense e la diffusione di quest’ arte marziale nel mondo..

Maestro Sacaba, come si avvicinò al Karate?
“Iniziai a praticarlo all’età di sedici anni in Argentina, sia per esigenze di difesa personale sia come esercizio fisico. Fui allievo del Sensei giapponese Shoei Myasato, che mi insegnò il Karate originale di Okinawa. Tra i tre storici stili della nota isola nipponica, appresi lo Shorin Ryu, dal quale deriva poi lo Shotokan, codificato dal Maestro Funakoshi. Nel 1978 ho aperto il primo dojo, o scuola di Karate, nella città argentina di Cordoba. Nel 1990 venni in Italia e iniziai a insegnare il Karate Shorin Ryu okinawense, originario, che non comprende le innovazioni o adattamenti apportati per il contesto sportivo. Quest’arte marziale sviluppa in particolare l’armonia individuale e dona anche la pace interiore”.

Quali sono le caratteristiche dello stile Shorin Ryu?
“Il Karate okinawense è finalizzato a superare le proprie difficoltà interiori, non prevede alcun rumore, né proveniente della respirazione né dai richiami vocali, mentre prevede anche dei colpi agli arti, non ammessi in quello sportivo. Lo Shorin Ryu, così come il Gojo Ryu, consente anche l’uso di armi, in origine attrezzi da lavoro usati dai contadini, ed è improntato sulla muscolatura delle gambe. Nel complesso il Karate armato è definito Kobudo e la tipica arma di Okinawa è il pugnale chiamato Sai, all’epoca usato dalla polizia dell’ isola per difendersi dai briganti. Il concetto di mano nuda, in questa disciplina, faceva in generale riferimento alla mano vuota senza cattive intenzioni e non significa affatto che escluda le armi. Abbiamo degli allievi agonisti, che svolgono delle gare di Katà o dimostrazione delle tecniche, simili a quelli previsti nello stile Shotokan e Kumitè, o combattimento in stile Shorin Ryu, ma lo scopo del nostro dojo è principalmente quello di formare delle persone socialmente utili, serene e soprattutto, dotate di autocontrollo”.

Come concepisce il Karate la popolazione sull’ isola di Okinawa?
“La maggior parte delle scuole conserva il Karate tradizionale, senza le varie modifiche o adattamenti. Per gli abitanti, l’ ingresso in un dojo è sentito come l’ entrata in una famiglia. Mentre nel mondo se ne ha una visione più coreografica e sportiva, per merito dei katà a squadre e delle abilità coordinative dei karateka, a Okinawa ne prevale invece una molto più realistica. In origine, nel Karate non esistevano le cinture colorate ma sono state introdotte successivamente, tra un livello e l’ altro, come derivanza dal Judo. Lo Shorin Ryu prevede in coppia un combattimento con guanti e pettorali, nel quale sono incluse anche delle leve, proiezioni e trattenute, allo scopo di immobilizzare l’ avversario. A Okinawa vigevano però altri due stili del Karate, come il Gojo Ryu, diffuso tra i pescatori e i contadini e l’ Uechi Ryu, che subì degli influssi da parte del Kung-fu, in particolare della variante originaria della Cina settentrionale. Lo Shorin Ryu fu però il caratteristico delle zone montuose ed era praticato dalla guardia reale, in difesa del Re di Okinawa”.

Cos’è per voi un esame di Karate?
“Secondo la tradizione okinawense, anche le lezioni giornaliere dovrebbero essere sempre considerate una come una prova o una sfida importante. Nel nostro dojo organizziamo spesso dei viaggi ad Okinawa, allo scopo di mostrare agli allievi la terra dei primi Sensei o Maestri. Attualmente, lo Shorin Ryu è finalizzato anche alla difesa personale”.

Come si diffuse il Karate in Sud America?
“In Brasile, ad esempio, grazie agli immigrati giapponesi. La colonia più vasta di persone di origine nipponica si trova a San Paolo. In Argentina fu importato a Buenos Aires e a Cordoba, proprio dalla gente proveniente dall’ isola di Okinawa. In Sud America è praticato molto l’ okinawense ma anche quello sportivo, come in diversi altri stati del mondo, compresa l’ Italia. Nel caso degli Stati Uniti d’ America fu per merito del ritorno in patria da parte dei soldati americani che colonizzarono il paese del Sol Levante e che poi lo insegnarono ai connazionali ed in Inghilterra, anche per merito delle storiche relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Giappone”.

Quali sono i vostri obiettivi futuri?
“Intendiamo diffondere maggiormente la tradizione del Karate okinawense, nel quale l’ uso delle armi è previsto solo durante lo svolgimento dei Katà, e non nel Kumitè”.

Nabil Morcos

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