In vino veritas. Forse bisognerebbe davvero mettersi a bere qualche bottiglia di buon vino per poter commentare lucidamente ciò che sta avvenendo al Città di Varese, perché farlo in maniera sobria e oggettiva è davvero difficile, se non impossibile. Le facce da “Rido per non piangere” dei tifosi che accoglievano i giocatori sul proprio pullman o sulle proprie auto valgono più di mille parole e dipingono una situazione che ha dell’assurdo e del paradossale.

Questo perché è assurdo e paradossale che una sconfitta come quella di Sona (nell’ulteriore scontro diretto che non poteva e doveva essere sbagliato) passi in secondo piano. Com’è possibile che il Varese abbia avuto meno voglia di vincere di una squadra (in grado di ottenere sei punti contro i biancorossi) apparentemente condannata all’Eccellenza da inizio stagione? Com’è possibile anche solo immaginare di poter vivere un post partita in cui la preoccupazione più grande è trovare il modo di tornare a casa visto che il pullman (su cui la squadra era fortunosamente arrivata a Sona in un viaggio che sa più di Odissea) si era rotto fin dalle ore 13.00? Com’è possibile ritrovare alcuni dei giocatori (pochi, ormai) che avevano battuto la Sanremese l’anno scorso in finale playoff perdere una partita dopo l’altra? Com’è possibile che l’allenatore, quasi in lacrime (di rabbia e frustrazione), si dia dell’illuso pur continuando a credere con forza in una salvezza che sembra sempre più effimera? Pensieri assurdi di una realtà paradossale che vede il Varese scivolare sempre più in basso.

Direzione Eccellenza? La sensazione è proprio quella. In campo ci vanno i giocatori, certo, e ciò che accade nei 90′ in quel rettangolo verde dovrebbe trascendere quanto avviene fuori. Nulla di più sbagliato: se è vero che le eccezioni esistono (altrimenti non ci sarebbe gusto) è altrettanto vero che è quasi impossibile non essere condizionati dalle vicende extra campo. A questo punto un tifoso si chiederebbe: “L’eccezione non potrebbe avvenire anche per il Varese?“. La speranza è l’ultima a morire, ma ad oggi è difficile immaginarlo.

Perché? Il Città di Varese è una società sana: lo dicono i fatti, le retribuzioni e l’operato volto a costruire sulla carta un futuro solido per i biancorossi. Ma a questo si affianca l’altro lato della medaglia, ovvero il modo in cui si opera. Il Città di Varese è una società chiusa, fredda, asettica e isolata, che dei rapporti umani sembra quasi non conoscere l’esistenza. Lo certifica l’opinione che ha chi se ne va (vedi Ezio Rossi o Gabriele Premoli), le scelte intraprese apparentemente senza alcuna motivazione logica (vedi il mercato) e la distanza sempre più ampia con la squadra, i tifosi e la città. Purtroppo, la risposta (parafrasata) che arriva dall’interno è sempre la stessa: “Non è così. Qui va tutto a gonfie vele e bisognerebbe smetterla di vivere nelle bolle social: il rapporto con la squadra è costante, così come è costante il dialogo con i tifosi e con la città“.

Eppure la realtà del post-Sona dipinge uno scenario diverso. Restituisce l’immagine di una dirigenza partita immediatamente (per chissà dove) e di una squadra abbandonata a sé stessa tra i vigneti veronesi con i tifosi pronti ad accorrere in aiuto. Andando oltre, la squadra sembra abbandonata già da tempo: sfiducia, rassegnazione e paura non dovrebbero essere i sentimenti di un gruppo in procinto di affrontare la partita più importante dell’anno. I giocatori hanno le proprie colpe, sia chiaro, ma di certo non sono stati agevolati nell’affrontare sia la partita di domenica scorsa sia tutta la stagione. La risposta della città, poi, non sembra essere delle migliori e la conferma viene data da uno stadio costantemente vuoto che ha visto maggior partecipazione nel football per il debutto stagionale degli Skorpions Varese. I tifosi, invece, quelli storici ed irriducibili, ci sono sempre; aspetto che però prescinde da tutto il resto perché la passione, la fede e l’amore verso i colori biancorossi non possono mai venire meno.

E adesso? Si va avanti. Mister Porro ha parlato di illusione e dovrà essere proprio questo il motore trainante del Varese nelle ultime sei partite, un termine da prendere nell’accezione più positiva del termine per trasformare quella stessa illusione in qualcosa di concreto. Calendario alla mano, recuperare tre punti alla Folgore Caratese (nuovo punto di riferimento in ottica playout dopo la vittoria del Villa Valle nello scontro diretto) non è impossibile, a maggior ragione perché i brianzoli arriveranno all’Ossola il prossimo 23 aprile. Si può fare? In vino veritas.

Matteo Carraro
foto Ezio Macchi

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