Enea Duchini: <<L’ Aikido è stato creato per diffondere nell’ umanità elevazione spirituale, energia, sintonia e armonia>>.

Il Maestro Duchini, presso il Gymnic Club di Induno Olona, nel varesotto, ci conduce alla scoperta di un’ arte marziale giapponese che ha radici nel Bushido o etica cavalleresca dei Samurai, ma che non prevede il combattimento come l’Aikido.

Come si avvicinò all’Aikido?
“Nei primi anni settanta iniziai a praticare il Judo, all’epoca l’arte marziale nipponica più diffusa, poi passai anche al Karate e alla boxe. Dopo il rientro dal servizio militare, mi iscrissi nel 1983 all’allora Fujiyama Varese, palestra nella quale si praticava il body building e nella quale trovai anche un corso di Aikido, tenuto dall’allora Maestro vicentino Giampietro Savegnago, il quale si ispirava alla Scuola del Sensei Hirokazu Kobayashi, nota come Aikido Kobayashi. Il Maestro Kobayashi aveva una visione molto fluida dell’Aikido, basata sui movimenti circolari di mani, polsi e gambe, detti in giapponese megurì e ne studiava anche i tempi corretti di reazione, definiti taimì”.

Quali sono le origini di quest’arte marziale?
“L’Aikido è recente, ed è stato codificato in Giappone dal Sommo Maestro oppure Osensei Morihei Ueshiba, che praticava il Judo, ed è stato l’ultimo Samurai. Il Sensei Kobayashi fu in precedenza un suo allievo. Lo scopo di quest’ arte marziale è quello di elevare l’umanità alla spiritualità e di creare un mondo di persone che vivano in armonia e sintonia. L’Aikido prevede l’impiego di armi come la spada di legno o boken, il jo o bastone ligneo e il pugnale o tantò, durante lo svolgimento dei katà o forme figurate, che si possono svolgere singolarmente, in coppia o a squadre. Questa disciplina, secondo i principi del suo fondatore, l’Osensei Ueshiba, non prevede il combattimento, affinchè tra gli aikidoka o praticanti, non ci sia mai né un vincitore né uno sconfitto. Il termine Aikido è formato da tre concetti fondamentali: Ai, ossia armonia, Ki, energia e Do, la via, ovvero la corretta strada da seguire e percorrere”.

Quali tecniche sono previste?
“Quelle di base sono le proiezioni, poi anche le cadute, pugni, calci, attacchi con la spada, confronti tra spada e bastone o con il pugnale. Nonostante ci siano anche le parate alte e basse, l’Aikido per schivare i colpi privilegia soprattutto gli spostamenti. Gli esercizi avvengono in coppia e chi che sferra gli attacchi è definito ukè, mentre l’atleta che si difende, torì. La nostra uniforme è il kimono chiamato aikidogi, con sotto la kamà, la parte inferiore dell’abito tradizionale giapponese, una lunga gonna-pantalone, all’epoca indossata dai Samurai o dai cavalieri nobili. Pur svolgendo gli esami per i passaggi di livello, non siamo abituati ad indossare le cinture colorate, per non esporre i diversi gradi. In generale i Maestri di Aikido sono definiti Kami, ossia i precettori che indicano la retta via e personalmente, mi considero finora ancora un aikidoka. Qui nel Gymnic Club a Induno, il nostro dojo si ispira alla filosofia dei Sensei Savegnago oltre a quello di Kubayashi, il quale è venuto dal Giappone a svolgere qualche stage. Abbiamo circa quattordici allievi per una disciplina praticata da uomini, donne e bambini, perché anziché essere basata sulla forza fisica, si concentra soprattutto sull’energia interiore. L’Aikido richiede anche una certa maturità dell’individuo nel mondo delle arti marziali, perché diversi aikidoka hanno già praticato in precedenza il Karate e il Judo. Nel complesso, ha radici nel Budo, l’etica cavalleresca dei Samurai e deriva anche dall’Aikijitsu, la matrice di tutte le arti belliche”.

Secondo lei, l’Aikido potrà avere in futuro un risvolto sportivo o agonistico?
“Qui in Italia non c’è quello agonistico, ma ne è diffusa questa versione negli USA, in cui l’Aikido è spettacolarizzato e praticato con i guantoni. Ho notato che i ragazzi di oggi sono molto interessati ai combattimenti durante le gare e secondo il fondatore, Osensei Ueshiba, l’Aikido in origine non avrebbe dovuto avere una propensione competitiva ma solo la missione di fungere da via personale e individuale. Penso che unpossibile risvolto agonistico dell’Aikido potrebbe consistere nello svolgere dei suoi Katà in gara e ottenere dei punteggi, ma credo occorrà assolutamente renderlo molto più coreografico. Quest’arte marziale richiede molta coordinazione fisica e mentale, comprende numerosissimi Katà ed è anche molto creativa; un Maestro può inventarne uno, per poi insegnarlo o tramandarlo ai suoi allievi. Questi katà si svolgono sempre con le armi, anche durante gli esami, nei quali loro dovrebbero dimostrarne una corretta conoscenza ed esecuzione”.

Quali sono i principi morali di questa disciplina?
“L’ educazione e il rigore. Il saluto in ginocchio è un segno di rispetto verso gli aikidoka. Secondo gli antichi rituali dello Shintoismo, religione giapponese, nel momento in cui si salutano gli antichi Maestri, avviene una preparazione energetica del corpo, espressa con un’emissione di fiato simile ad un suono e ciò è anche un momento di meditazione e concentrazione per la mente. Durante la pratica dell’Aikido la respirazione ha un valore fondamentale, perchè suggerisce l’idea di sincronia con il movimento; questa tradizione è dovuta a degli influssi da parte di alcune pratiche cinesi, come il Qi Gong e il Tai Chi Chuan. Anche l’Osensei Ueshiba ebbe uno spirito libero, senza tracciati o limiti”.

Quali sono i vostri obiettivi?
“Quelli di proseguire nella pratica dell’Aikido solo per il suo percorso e l’evoluzione di noi stessi, senza delle precise finalità”.

Nabil Morcos

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