Conto alla rovescia per sabato 25 marzo, data in cui si conoscerà il nome del nuovo Presidente del Comitato Regionale Lombardia (dopo la prematura scomparsa di Carlo Tavecchio) che avrà il compito di portare a termine il quadriennio 2021/2024.

All’Assemblea Elettiva si sfideranno Sergio Pedrazzini (Vice Presidente Vicario che negli ultimi mesi ha svolto, come da protocollo, le funzioni di Presidente) e Alberto Pasquali, sconfitto proprio da Tavecchio nel 2021.

“In questi due anni – comincia Pasquali – ho assistito alla vita calcistica lombarda con grande attenzione, ma senza disturbare nessuno. Ho vissuto con molta serenità, seppur con inevitabile delusione, i quattro ricorsi persi, respinti non nel merito bensì nella forma visto che, lo sottolineo, sono stati resi inammissibili. Ho cercato di stare il più vicino possibile alle società, in particolar modo a quelle che mi chiedevano consigli e delucidazioni; chiaro che, stando fuori dalla porta, mi sono limitato solo a quello visto che le specifiche tecniche le determina il Consiglio in carica”.

A tal proposito, cosa l’ha portata a presentare la sua candidatura?
“Avrei potuto aspettare la fine del mandato, ma il netto cambio di tendenza del CRL rispetto al passato mi ha portato ad agire ora. Una volta le società erano centrali con la Federazione al loro servizio; ora questo rapporto si è invertito e la politica del Comitato è più orientata a livello nazionale senza che questo abbia portato effettivi vantaggi alla Lombardia. Attraverso la mia candidatura voglio riportare le società al centro della vita federale e fare in modo che queste si riavvicinino alla frequentazione politica, aspetto importante oggi più che mai alla luce del momento di transizione che stiamo vivendo. Le loro esigenze vanno ascoltate e riportate, cosa che non sta avvenendo: anche le ultime proposte presentate attraverso i vari comunicati sono in realtà riciclate da quelle già presentate nel 2020, ragion per cui non hanno portato alcuna novità”.

Non è però opportuno che il CRL abbia maggior peso a livello nazionale?
“Tengo a precisare che la mia non è un’inclinazione esclusiva alla politica regionale perché sarebbe sciocco isolarsi: le due cose vanno portate avanti parallelamente in modo da portare la Lombardia ad ottenere di più. Nessuno discute la capacità nazionale che ha avuto Tavecchio, ma ha delegato ai consiglieri la gestione della Regione; il Presidente dovrebbe invece avere una visione completa, cosa che non è evidentemente avvenuta visto a livello locale si è fatto veramente poco. Il Consiglio era retto dalla personalità di Tavecchio: ad oggi, al netto della stima che nutro nei confronti dei diretti interessati, nessuno ha il suo carisma. Il Consiglio va galvanizzato e anche se non dovessi vincere avrò il merito di avergli dato una scossa”.

In cosa, a suo giudizio, il Consiglio ha peccato?
“Dopo il Covid sono stati fatti ripartire i campionati, ma quello era l’obiettivo minimo che qualunque consiglio avrebbe perseguito. Piuttosto andavano fatti pervenire alla Lombardia vantaggi economici dal punto di vista dei ristorni, ma i 500mila euro sul piatto erano l’avanzo di bilancio del precedente Consiglio; sono sì arrivati oltre 2mln di euro dallo Stato, ma in un momento in cui Lombardia e Veneto erano le regioni più colpite dalla pandemia si poteva e si doveva fare di più. I campionati, inoltre, sono partiti con turni infrasettimanali che avevano poca giustificazione d’essere. Si è tolta la deroga agli allenatori: giusto avere mister formati, ma al tempo stesso bisogna garantire un numero d corsi sufficienti e non con le modalità di accesso vecchie e anacronistiche. È stato poi incensato il lavoro svolto a livello di efficentamento energetico: posto che era più importante aiutare le società a pagare bollette e dilazionare i pagamenti, questi costi ricadono comunque sulle casse o dei Comuni o delle società stesse. L’efficientamento energetico è un aspetto importante per il futuro, ma non è una priorità nell’immediato: il milione di investimenti va poi spartito tra le oltre 1400 società esistenti, una cifra che così divisa risulta essere una goccia nel mare”.

A pochi giorni dalle elezioni, la sensazione è che Pedrazzini parta leggermente in vantaggio; dal suo punto di vista qual è la situazione?
“Pedrazzini ha il vantaggio indiscutibile di chi ha il potere: ha potuto ad esempio scegliere il giorno a lui più congegnale per convocare l’Assemblea. Dal mio punto di vista si poteva aspettare almeno una settimana in più, e sarebbe stato bello poter individuare una data di comune accordo, ma il 25 marzo è chiaramente una scelta tattica: avendo più facilità di spostamenti e di contatto con varie le società si è potuto muovere in anticipo. Ritengo che la fretta sia negativa, a maggior ragione perché le società dovranno ragionare istintivamente, ma siamo fiduciosi dei riscontri raccolti fino a questo punto”.

Lei come sta vivendo questi giorni?
“In virtù della fretta di cui sopra, sto affrontando un tour de force non indifferente: ogni sera incontro quante più società possibili e ricevo miriadi di telefonate al giorno. È un momento frenetico, in cui io e la mia lista ci stiamo concentrando più che altro sull’informare adeguatamente ogni società in merito alla Riforma dello Sport e alle difficoltà che ne conseguiranno; mi lascia basito scoprire il senso di spaesamento di molte realtà, segno che non sono state informate a dovere. Per questo motivo, nel presentare la mia candidatura, mi sto concentrando sui miglioramenti da apportare alla Riforma e su come comunicarli, in modo che le società siano pronte. La sensazione, in tal senso, è che la ricezione sia ottima”.

Visto che siamo in periodo di elezioni, qual è il suo slogan elettorale?
“Il mio pensiero non si discosta più di tanto da quello del 2021: “Se non ora, quando?”. Come ho detto in precedenza, avrei potuto aspettare la fine del mandato per candidarmi, ma ogni giorno è quello buono per ripartire e la Lombardia deve ripartire fin da subito”.

Matteo Carraro

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