È un grido d’allarme quasi disperato quello mosso da Bruno Grizzetti e Ottavio Di Paolo: “Salviamo l’ippica italiana”. È la sintesi, nuda e cruda, della richiesta che due autentiche istituzioni del movimento ippico azzurro hanno rivolto al Ministero per preservare dall’estinzione un intero macrocosmo.

Grizzetti (uno dei più noti e affermati trainer su suolo tricolore) e Di Paolo (Presidente degli allenatori del galoppo) si sono mossi in prima persona per dare un segnale di ribellione e inversione rispetto a un trend che affligge l’ippica ormai da troppo tempo. Attraverso una lettera, pubblicata quest’oggi su www.equos.it (che riportiamo in forma integrale in calce), si è quindi cercato di fare capire alle istituzioni l’importanza dei centri di allenamento dei cavalli da corsa, ed è lo stesso Grizzetti a spiegarci il motivo riassumendo e sottolineando il contenuto del messaggio.

Puledri, che passione! | Ippodromo Le Bettole Varese

“Nei centri di allenamento – esordisce l’allenatore (nella foto a destra de l’Ippodromo Le Bettole Varese) – è possibile avere mense a appartamenti a costi moderati. Poiché gli stipendi degli artieri sono decisamente inferiori rispetto al passato, le attività interne che garantiscono mense e posti per dormire non possono esistere”.

Gli ippodromi – prosegue Grizzetti – sono polmoni verdi, sono vita, centri conviviali che danno la possibilità di creare posti di lavoro orientati anche all’aggregazione sociale. È basilare che il Ministero dia i contributi per creare posti di lavoro e progetti a carattere agonistico da sviluppare con attività logicamente legate all’ippica, come scuole d’equitazione per i bambini o ippoterapia. Il contributo orientato a tutto ciò sarebbe nettamente migliore rispetto a quello dato per creare solo corse, montepremi, giochi e finanziamenti”.

Infine, Grizzetti conclude così il suo appello: “È di vitale importanza mantenere l’attività lavorativa in ogni città, così com’è sempre stato. In questo momento, tuttavia, si tende a togliere i centri d’allenamento pensando che i cavalli possano correre di punto in bianco non appena entrano in pista. L’assenza dei centri è la morte dei cavalli e delle attività ippiche, dei fantini e degli artieri che emigrano e scappano all’estero. Fra due anni, se andiamo avanti di questo passo e il Ministero non interviene, ci sarà la chiusura totale delle professioni ippiche in Italia”.

Centri di allenamento, la parte più “social” dell’ippica. Non intesa nell’accezione odierna del termine, quella che indica l’utilizzo di strumenti informatici per la condivisione, ma nel vecchio senso del termine, quindi “sociale”. Perché un centro di allenamento è un cuore pulsante, è una vera e propria comunità che vive all’interno di un contesto geografico. Il centro di allenamento è un’entità multifunzionale, nella quale i cavalli sono al centro di un universo che produce lavoro, formazione, tutela del territorio e aggregazione. Il luogo dove si allenano i cavalli vive per 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno e al suo interno c’è spazio per una lunga serie di professioni, quasi tutte ad alta specializzazione: allenatori, artieri, manager di scuderia, veterinari, maniscalchi. E intorno ad esso ruota un indotto economico importante, quello che comprende i fornitori (paglia, fieno, medicinali, attrezzature, trasporti), le opere di manutenzione delle strutture (piste, box, verde) e i servizi per la gente del comprensorio, ovvero negozi, bar ristoranti. Perché un Centro è una vera e propria comunità all’interno di un contesto urbano, un’economia che gira e che crea un effetto volano per la prosperità del territorio.

Pensate oggi alla valenza di San Rossore per la Città di Pisa. Il numero di addetti che lavorano e il fatturato generato dalla struttura di allenamento non è granché inferiore a quanto produce la Saint Gobain, una delle aziende di punta del territorio. E provate a pensare a cosa era per Milano il comprensorio di San Siro, quello in cui negli anni d’oro erano presenti duemila cavalli nelle scuderie di San Siro e di Trenno.

Il numero dei cavalli in allenamento non è più lo stesso di allora, ma soprattutto si è completamente persa la funzione dei centri di allenamento degli ippodromi, il cui “peso” all’interno del meccanismo di sovvenzione delle Società è stato progressivamente ridotto fino addirittura ad essere “confuso” nel mucchio di qualche anno fa. E non è un caso che, di fronte al taglio delle risorse, i primi interventi effettuati dai gestori degli ippodromi siano stati indirizzati verso la riduzione dei servizi nei centri di allenamento, se non alla chiusura totale dello stesso. E anche oggi la prospettiva di una ulteriore riduzione dell’ammontare della sovvenzione ha portato come prima conseguenza in molti casi a “minacciare” la chiusura del Centro. Tutto ciò perché nel conto economico di una Società di corse il centro di allenamento ha un peso determinate. I costi sono infatti decisamente alti, soprattutto per gli impianti del galoppo. Manutenzione, personale, smaltimento letame, assicurazioni, acqua, utenze, tutti fattori che concorrono a rendere estremamene onerosa la gestione di un centro, che nella colonna dei ricavi genera decisamente poco. Perché se è vero che nella struttura si allenano i cavalli che danno poi vita alle corse nell’ippodromo, è altrettanto vero che con i 100 euro medi di entrate derivanti dall’affitto di un box (non sempre pagate) per gli ippodromi i conti non tornano e diventa decisamente più “produttivo” affidare l’attività solo alle giornate di corse, che si svolgono spesso in una struttura utilizzata in modalità “apri e chiudi”, quindi in molti casi con personale sostanzialmente “a chiamata”.

Questo processo ha determinato un’evoluzione negativa per tutto il settore. Perché il taglio dei centri, dei cavalli e dei servizi ha determinato anche una diminuzione dei posti di lavoro e con un pernicioso effetto volano che ha portato alla disaffezione totale verso le professioni ippiche, tanto che oggi paradossalmente uno dei problemi è anche la carenza di personale specializzato. A fronte di questa situazione, il Presidente degli allenatori del galoppo Ottavio Di Paolo e un trainer di punta come Bruno Grizzetti vogliono lanciare un segnale di svolta. «I contributi agli ippodromi dovrebbero essere corrisposti quasi esclusivamente a quelli che svolgono attività di allenamento. Il Ministero, nel momento in cui sovvenziona un’attività dovrebbe puntare prima di tutto ad aspetti quali il lavoro, il verde e il benessere animale e questi sono propri dei Centri di allenamento» spiegano i due trainer, che analizzano a fondo la situazione attuale. «Perché devono essere finanziate  soprattutto le giornate di corse? Il Ministero mette in palio i premi, paga i giudici e per le Società ci possono essere i ricavi dei biglietti, delle scommesse e dei servizi per il pubblico. I centri di allenamento sono stati svuotati, di cavalli e di significato. Sono stati cancellati servizi fondamentali come le mense e le abitazioni per il personale degli allenatori, che consentivano agli artieri e ai fantini di avere una casa all’interno del centro a prezzo “calmierato” e di svolgere al meglio la loro professione, con effetti positivi sui cavalli e su tutto il settore. La cancellazione di questi servizi ha semplicemente ribaltato i costi sui proprietari, che in qualche caso devono fare i conti anche con affitti decisamente spropositati. Ma il problema principale è l’aspetto sociale, che andrebbe tutelato attraverso un finanziamento degli ippodromi indirizzato soprattutto ai centri di allenamento, arrivando quasi ad azzerare quello per le giornate di corse».

Un Centro che funziona è un “quartiere” di una città e può ospitare, oltre alla normale attività di allenamento, anche tante altre iniziative. «Se vogliamo davvero ritrovare l’anima del settore il Centro è la chiave principale. Si possono ricreare comunità intorno ad esso, si può creare lavoro, ma non solo. Perché ogni luogo di allenamento può anche essere una struttura nella quale allestire scuole di formazione professionale, attività per i bambini delle scuole, ippoterapia e chissà che altro. Oltre a vivere 24 ore al girono per l’ippica, il centro può vivere anche per la città che lo ospita e, allo stesso tempo, ricreare un clima positivo intorno al settore dell’ippica, aprendo le porte alla gente per mostrare cosa succede davvero dietro le quinte. Pensate al fascino di veder galoppare i cavalli all’alba, forse sarebbe la miglior pubblicità per dimostrare al pubblico che il nostro non è un settore di “brutti, sporchi e cattivi”, ma che al contrario c’è soprattutto passione e amore per il cavallo».

Ultimi, ma comunque fondamentali, gli aspetti “green”. «Intanto un centro di allenamento è un polmone verde all’interno di una città e questo porta benefici a tutta la comunità. E poi un centro che funziona, con strutture ben gestite, porta i cavalli in un ambiente “sano”. Inoltre la possibilità di formare professionalità, di utilizzare al meglio quelle che ci sono e il controllo diretto che si può avere in una struttura “pubblica” non fanno altro che garantire il benessere animale, la salute dei cavalli. Non è un caso se nei Paesi evoluti funziona così. In Francia e in Inghilterra i Centri sono il perno intorno al quale ruota il sistema. E al loro interno si sviluppa la formazione del personale, attraverso scuole dedicate a tutte le figure che fanno parte dell’universo ippico. C’è carenza di lavoro, soprattutto giovanile, e l’ippica ha la possibilità di proporre ai ragazzi una serie di professioni affascinanti, a contatto con un animale fantastico e con la natura, ma questo non viene assolutamente sfruttato. E per questo diciamo chiaramente che il focus dei finanziamento dovrebbe essere indirizzato sui centri di allenamento, quelli che possono creare lavoro, cultura, immagine per tutto il settore».

Ottavio Di Paolo
Bruno Grizzetti

MC

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