La rivoluzione stile NBA in casa Pallacanestro Varese non coinvolge solo la dirigenza, la comunicazione, l’idea di basket ma anche e soprattutto tutto quello che è l’aspetto legato all’intrattenimento e allo spettacolo durante le partite casalinghe dei biancorossi, sempre più volte a quell’aria di festa e coinvolgimento totale tipica delle arene a stelle e strisce.

In questo il lavoro della Dance Crew biancorossa è fondamentale, ora più che mai con il ritorno al 100% della capienza post pandemia, per avvicinare in maniera ancora più fattuale il pubblico alla squadra, coinvolgendo i sostenitori biancorossi in prima persona.

Di questo ne abbiamo parlato con la coreografa e ballerina del gruppo Rachele Tarantino, facendo un viaggio nel suo mondo artistico, legato alla danza, che l’ha portata a toccare grandi palcoscenici e conoscere personaggi illustri.

Quali sono state le sue tappe più importanti nel mondo della danza?
“Io ho iniziato a fare danza quando avevo tre anni e mezzo. I miei genitori sono sempre stati grandi appassionati di musica, andavano a ballare e mi hanno detto che quando in casa si sentiva musica io mi appendevo a un box gemellare nel quale stavo e mi muovevo a ritmo. Notando questa cosa mi hanno iscritta ad una scuola di danza ad Asti, mia città natale, dove ho iniziato con la danza classica. Ho sempre ballato con tanta dedizione, passione e amore, ma vedendo tutto come un divertimento, mai pensando che un giorno potesse divenire il mio lavoro. Finita la scuola superiore, dove sono diventata geometra, mi sono presa un anno sabbatico, nel quale ho partecipato ad un concorso di Danza in Fiera a Firenze, nel quale ho presenziato a due stage proposti dall’Accademia dello Spettacolo di Milano. In entrambe le lezioni selezionavano 10 persone, io sono stata scelta in tutte e due, venendo poi chiamata a fare una selezione in Accademia, dove non giudicano solo come balli ma anche come reciti e canti, passando questo step. Con tanta paura, nonostante fossi molto attaccata a casa mia, a settembre del 2007 ho iniziato il mio percorso triennale a Milano e da lì sono entrata in questo fantastico mondo dello spettacolo facendo esperienze in tv, a teatro, avendo modo di collaborare con volti noti attori, coreografi, sceneggiatori e mi sono ritagliata il mio piccolo spazio”.

C’è una collaborazione in particolare di questo mondo che ti ricordi più delle altre?
“A livello televisivo, che poi è stato il mio primo lavoro post Accademia, l’opportunità di entrare nel corpo di ballo della serie tv “Non smettere di sognare“. E’ stata un’esperienza pazzesca, che mi ha fatto capire veramente quanto lavoro e sacrificio ci fosse dietro a tutto, entrando in sala alle 7 del mattino, finendo alle 22/22:30, ogni giorno. E’ stato molto formativo non solo dal punto di vista professionale, imparando quanto sia determinante la resistenza mentale oltre che fisica, ma anche umana nella conoscenza e relazione con persone diverse. Poi indimenticabile rimane l’esperienza ai Wind Music Awards, in cui ho ballato nello spettacolo di apertura”.

Da ballerina a coreografa, com’è stato per lei il passaggio?
“Abbastanza automatico direi. Intanto ballo ancora e questo sicuramente aiuta. Nel 2015 poi mi sono ritrovata catapultata nel mondo del basket qui a Legnano dove abito, partendo dai Legnano Knights grazie al presidente Marco Tajana. Loro cercavano un corpo di ballo che potesse esibirsi nelle pause delle partite e quindi mi sono ritrovata a dover costruire queste coreografie per il gruppo. Coreografare poi in un evento sportivo è diverso dal teatro o altro, ed essendo responsabile dell’intrattenimento ho sempre potuto spaziare sempre molto, dando ampio respiro alla mia creatività, basandomi anche sul mio stato d’animo o su quella che è la partita. Tutto questo cercando di portare il pubblico in campo e coinvolgendo la massa. Tutto ciò diversamente da quello che fai a teatro o in tv dove devi rispettare le richieste del committente. Il passaggio quindi da ballerina a coreografa non saprei molto definirlo, per me è stato tutto molto naturale, amo sia ballare che coreografare”.

Com’è avvenuto il passaggio da Legnano alla Pallacanestro Varese?
“Era il febbraio 2017 e le due società collaboravano al fine di organizzare un torneo che si giocava in infrasettimanale la sera qui a Legnano. Mi ricordo che una sera mi dissero che Luca Piontini ed Elisa Fabris mi stavano cercando per parlare. Mi dissero che erano alla ricerca di una dance crew che sostituisse le cheerleader presenti e ci terrei a sottolineare questa differenza: il cheerleading è uno sport, la danza è arte, noi facciamo danza. Comunque, dopo una prova di due o tre partite in cui fummo da subito apprezzati, partimmo ufficialmente come crew della Pallacanestro Varese e da quel momento, salvo pandemia, non ci siamo più fermati”.

In tutto questo, la ventata di novità e di spettacolo che la gestione Scola sta portando a Varese, avvicinandolo ad uno spettacolo tipico delle arene NBA, gioca a vostro favore..
“Assolutamente sì. Avendo in società qualcuno che ha svecchiato la mentalità aiuta. Io penso che in questi anni noi ci abbiamo messo del nostro cercando di farci conoscere, apprezzare e supportare dal pubblico sempre più, anche se non è facile ad esempio quando la partita va male. Devo dire che tanti sono contenti ora, ci fermano e ci esprimono tutto il loro gradimento. La partita di basket diventa così uno spettacolo a 360 gradi, non si parla solo di un evento sportivo ma di un vero show”.

Un’esperienza che si è anche allargata al giro della Nazionale nelle ultime gare di qualificazione ai Mondiali al Forum a Milano giusto?
“Sì esatto. Qui devo ringraziare Master Group che mi sta dando una fiducia immensa e sono molto grata di questo. Noi avevamo iniziato a collaborare, con loro che curano questo aspetto della Nazionale, nel 2018 per la partita della Femminile Italia-Svezia. Ai primi di novembre di quest’anno poi mi sono trovata questo messaggio di Letizia Tonielli che ci ha coinvolto per Italia-Paesi Bassi al Forum, un tempio dello spettacolo. Ancor più emozionante è stato però al PalaDozza per Italia-Islanda con il pubblico bolognese davvero pazzesco che ci ha seguito in tutto il nostro spettacolo”.

Tante esperienze che ti hanno portato a coreografare anche lo stacchetto di Ibrahimovic per una pubblicità che ora troviamo in tv. Com’è stato lavorare con un personaggio del genere?
“Innanzitutto, ogni tanto mi prendo ancora a schiaffi da sola perché penso di aver sognato. Io ero molto tranquilla di quello che dovevamo andare a fare, dopo aver fatto tantissime call e riunioni con produzione e clienti, per definire quello che doveva essere il prodotto finale su cui lavorare. Erano più le pressioni che mettevano dall’esterno che le mie personali, perché tutti conosciamo Ibra per come lui si è voluto far conoscere ma non per come è poi di persona. E’ arrivato in sala il giorno delle prove con un sorriso stupendo, che ben rappresenta quella che è la sua persona. Si è mostrato molto carico, con un bellissimo atteggiamento nei miei confronti ed in quello che dovevamo andare a fare. E’ un professionista esemplare, perfezionista, molto preciso, curioso, voleva eseguire tutto al meglio delle sue capacità. Abbiamo lavorato benissimo, si è creato un bel feeling tra me e lui ed abbiamo concluso quello che doveva essere un lavoro di tre ore in un’ora e venti”.

Alessandro Burin

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