Quando respiri quell’aria lì ogni cosa ti sembra possibile. Quando respiri quell’aria lì pensi che tutto sia a portata di mano. Quando respiri quell’aria lì anche i sogni possono diventare realtà.

L’aria che si respira a Masnago dopo la vittoria contro l’Umana Reyer Venezia è di quelle raffinate, fresche, pulite, che ti aprono i polmoni, un po’ come quando, dopo una lunga camminata, arrivi in vetta alla montagna e davanti al rifugio cerchi di raccogliere tutta la purezza dell’atmosfera che ti circonda per rinfrancarti della fatica fatta.

La vittoria di ieri sera, sabato 19 novembre, sugli orogranata, ha tutte le fattezze di una grande fatica, impresa, portata a termine nel migliore dei modi, con sudore, voglia, cuore, coesione ed unità. Qualità e caratteristiche che non ha messo solo la squadra di coach Matt Brase in campo, mai doma per 40′, ma anche il pubblico sugli spalti, in un Lino Oldrini gremito fino all’ultimo seggiolino disponibile, ribollente di passione, sesto uomo in campo dei biancorossi.

Un’atmosfera unica che ha creato quell’aria lì, quella delle imprese, quella dei sogni irrealizzabili che possono diventare realtà concreta, per una squadra che ora è momentaneamente seconda in classifica ma che ha già raggiunto uno dei primi obiettivi di questa stagione: identificarsi con il suo popolo, in tutto e per tutto.

Squadra e tifo, un tutt’uno devastante, che vale molto più di quanto possa raccontare una vittoria sul campo. Vittoria arrivata con l’ennesima prova di maturità di un gruppo capace di superare anche l’ostacolo tatticamente più complicato da superare da inizio stagione, battendo un roster sulla carta ben più quotato di Varese, ma si sa che in campo non vanno nè le carte nè i soldi.

La Pallacanestro Varese di oggi è una squadra tanto prevedibile, per l’identità chiara che ha, quanto maledettamente indecifrabile, capace di calarsi appieno in ogni contesto di gioco che le si ponga davanti, anche quando la partita diventa sporca, brutta e cattiva, sportivamente parlando sia chiaro, tirando fuori quella voglia di sporcarsi le mani su ogni pallone, su ogni giocata, su ogni possesso, per non lasciare nulla d’intentato.

Un gruppo che ama stare insieme, che si sacrifica l’uno per l’altro, che stupisce perfino chi questo gruppo lo ha creato e lo allena. Un roster capace di vivere di quell’imprevedibilità data dalla grandissima collettività che si è creata, tecnica e tattica, oltre che di spirito, che non dà punti di riferimento agli avversari, che lascia la scena ogni volta ad intepreti diversi, pronti ad ergersi baluardi di un nuovo trionfo.

Tutto troppo bello? Forse sì, ma la realtà è che di troppo non c’è mai nulla quando alla base ci sono idee, progettualità, unione, coesione, voglia, fame, cuore. Insomma, quando si respira quell’aria lì che rende tutto magnificamente realizzabile.

Alessandro Burin

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