Da giocatore ad allenatore. Simone Tamborini, ex difensore classe ’84, è un mister in rampa di lancio che conosce la Terza Categoria come le sue tasche e sa come salire per fare il passo di qualità. Negli anni da giocatore nel Gazzada, con i suoi compagni, è stato protagonista di promozioni, e ora vuole riprovare lo stesso da allenatore.

Il giovane tecnico dell’Orasport Gazzada ci parla di questa prima parte di campionato che vede la sua squadra a metà classifica, risultato ottimo per un gruppo che, di fatto, ha alle sue spalle neanche un campionato intero; non manca però la voglia di vincere.

Prima di essere stato allenatore dell’Orasport Gazzada sei stato un giocatore: raccontaci il tuo percorso…
“Sono nato con la Schiannese, poi diventata Gazzada Schianno ed infine Insubria. Con le varie fusioni che ci sono state, l’identità del paese s’era un po’ persa e questo mi è dispiaciuto: ai tempi eravamo tutti ragazzi di Gazzada, avevamo la nostra squadra e ottenevamo buoni risultati salendo anche di categoria. Poi è arriva l’Insubria, col settore giovanile e quant’altro… la squadra originale si è spaccata, molti hanno fatto scelte diverse e se ne sono andati, me compreso. Dopo l’esperienza dell’Insubria ho fatto cinque anni a Casbeno, nei quali siamo saliti di categoria, poi gli ultimi due, dal 2017, al Don Bosco”.

Come mai hai iniziato ad allenare? Era una cosa che già volevi fare o è stato il caso?
“Nel 2019 mi è stato proposto questo progetto e non ho saputo dire di no. Per quanto mi dispiaccia non giocare, perché in Terza Categoria potevo andare avanti ancora un po’, allenare la squadra del paese dove sono nato è stata un’opportunità da prendere al balzo. Sono stato estremamente felice anche perché avevo intenzione, prima o poi, di incamminarmi su questo percorso”.

Come pensi che stia andando?
“Il primo anno, per quanto mutilato, non stava andando male per essere una squadra nuova; il secondo non lo si può neanche considerare perché interrotto subito, mentre questa stagione sta andando molto bene. Abbiamo iniziato un po’ a rilento lasciando dei punti su campi di squadre che avremmo potuto battere; ora siamo dietro le prime che combattono per la testa del girone. Poi, per essere una squadra di Terza Categoria con pochi fondi, stiamo ampliando lo staff: ora insieme a me in panchina c’è il mio vice, abbiamo dei preparatori… insomma, siamo molto felici e orgogliosi per come sta crescendo questa nuova società”.

Come definiresti i tuoi ragazzi? Tengono alti i colori del Gazzada?
“È una squadra giovane, con quasi tutti ragazzi del paese che mi ricordano il gruppo del passato. Cerchiamo di mostrare il nostro miglior calcio e di avere un approccio tecnico alle partite: per quanto si possa pensare che in Terza Categoria conti più la grinta che la tecnica, e il più delle volte è vero, è fondamentale avere un’idea di come giocare una partita e i risultati lo dimostrano. Squadre più tecniche come il Varano Borghi e Ardor sono davanti a noi e vogliamo, nel nostro piccolo, dimostrare che possiamo e dobbiamo fare meglio. Poi ogni partita è a sé e per quanto si voglia vincere dall’altra parte del campo ci sono undici giocatori che faranno di tutto affinché non accada. Difetti? Una nostra debolezza, se proprio dobbiamo averne una, è la mentalità: quando prendiamo gol o veniamo da un brutto risultato lo sentiamo veramente tanto. Col tempo saremo più maturi e avremo sempre la testa sulle spalle per poter evitare perdite di punti inutili”.

Senti più le partite da allenatore o da calciatore?
“Senza dubbio da allenatore: la tensione della domenica non se ne va, anzi persiste fino al martedì. Sono sempre teso nel prepartita e lo resto qualsiasi risultato faccia: se perdi o pareggi pensi sempre a cosa hai sbagliato, cosa avresti potuto fare di diverso, mentre se vinci c’è sempre qualcosa da sistemare, non va mai come vuoi tu. La cosa peggiore, e mi pesa ancora tanto, è scegliere i convocati per domenica: noi siamo 25 e per me possono essere tutti titolari ma sono costretto a lasciare alcuni in panchina e altri sugli spalti… mi dispiace veramente tanto perché siamo un bel gruppo e così facendo mi sembra di fare un torto a qualcuno”.

Avrai anche le tue soddisfazioni però…
“Certamente, vedere gli allenamenti dar frutto. Quando ero giocatore e si passava del tempo a pensare alla tattica lo trovavo sempre molto noioso, ma ora da allenatore capisco quanto sia importate e quanta soddisfazione dia ritrovare in partita gli schemi e le tattiche provati in allenamento. Questo è sicuramente un aspetto che mi riempie di gioia”.

Immagino che anche la partita contro il Varano Borghi sia stata una bella soddisfazione…
“È stata una partita dove avevamo la testa sulle spalle, avevamo fatto bene i compiti e, di conseguenza, i risultati si sono visti in campo. La partita precedente avevamo perso contro la Cedratese (0-2. ndr) eravamo convinti di vincere e invece li avevamo presi sottogamba e la loro vittoria è stata assolutamente meritata. Durante la settimana, in allenamento e post, eravamo molto scontenti della nostra prestazione e abbiamo preparato la partita contro il Varano Borghi con molta attenzione: una volta sul campo ci siamo fatti vedere per chi siamo veramente. C’è da dire che loro giocavano con delle assenze, ma noi abbiamo dominato in lungo e in largo: a vedere la partita da fuori non sembravano i primi in classifica”.

Si stanno ripresentando i fantasmi del passato in questo periodo: la situazione contagi Covid sta salendo. Come impatta la vostra preparazione?
“A oggi la prima partita è il 13 febbraio, spostata dal 30 gennaio, e speriamo rimanga quella. Ci siamo allenati fino al 27 dicembre, poi pausa di fine anno siamo stati fermi fino a poco fa, causa contagi. Stiamo iniziando ad allenarci senza usare gli spogliatoi, ci muoviamo insieme ma si cerca di rispettare al massimo le regole. Sarebbe un peccato ammalarci perché abbiamo fatto un allenamento in più, poi i ragazzi perdono, oltre le partite, giornate di lavoro o di studio…non ne vale la pena”.

Sei allenatore da poco ma avrai delle mire…
“Siamo in Terza Categoria perché siamo una squadra nuova ma speriamo nel giro di un paio d’anni, con un po’ più di testa ed esperienza, di riuscire a fare il salto di qualità. Guardiamo sempre alle squadre più brave di noi, che stanno in altre categorie, perché è loro che dobbiamo imitare. Mi piace allenare e voglio fare bene dove sono, soprattutto perché voglio crescere qui”.

Simone Canil

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