E’ il giocatore manifesto di quella ventata di novità, tattica e di concetto, che Johan Roijakkers ha portato a Varese dal giorno del suo arrivo e che lo sta mettendo in luce in tutta Italia.

Matteo Librizzi è l’emblema della rivoluzione invernale biancorossa che ha cambiato il destino in questa stagione e magari anche nelle prossime, della Pallacanestro Varese. Una squadra oggi senza un leader definito, un gruppo dove tutti si sentono importanti, anche i più giovani come Matteo, divenuti in men che non si dica da comprimari a titolari imprescindibile del nuovo dictat tattico del coach olandese.

Un nuovo modo di gestire la squadra votato alla meritocrazia e non alle sole qualità fisiche o tenciche. Un contesto in cui Librizzi, con la sua abnegazione, fame e voglia di emergere si trova a meraviglia, come dimostra puntualmente ogni domenica scendendo in campo.

Mi racconta cos’ha pensato la prima volta che ha saputo di dover partire in quintetto contro Trento?
“Ho scoperto di dover partire in quintetto il giorno prima, durante la rifinitura. Per me è stata una sorpresa enorme, non ci credevo e pensavo ci fosse stato un errore di stampa nella lista che ci avevano consegnato. Dopo questo primo momento però ho cercato fin da subito di nascondere le emozioni e di essere concentrato al massimo per dare il meglio, cercando di fare quello che il coach voleva da me”.

Per lei è cambiata la vita nel giro di due mesi, passando da comprimario negli allenamenti a punto fisso in quintetto. Come sta vivendo tutto questo?
“Per me è un sogno che si realizza, ancora più bello perché inaspettato. Ad inizio anno i piani non erano sicuramente questi e se mi fossi posto la domanda se mai sarei partito in quintetto, sarebbe stato come prendermi in giro da solo. Cerco di rispondere in modo positivo alla fiducia che il coach mi dà, facendo magari le piccole cose, dando una mano in difesa, buttandomi su tutti i palloni e dando sempre il 100% ed anche di più”.

Com’é doversi raffrontare spesso e volentieri con i giocatori più tecnici delle squadre avversarie, che cercano di sfruttare la superiorità fisica?
“Cerco sempre di basare il lavoro sui miei punti di forza. Sicuramente la rapidità è uno di questi, ma non solo, anche cercare di mettere in campo molta intensità, aggressività, pressando a tutto campo, oppure cercare di non dare tempi di pensiero al mio diretto avversario nell’1vs1, difendendo forte”.

Le chiedo una cosa che può sembrare un po’ una contraddizione. Lei è uno dei più giovani ma anche uno di quelli che è da più tempo in prima squadra, cosa vede di diverso in questo gruppo rispetto a quello di inizio stagione o dell’anno scorso?
“Penso che il nostro punto di forza oggi sia il gruppo. Sia in campo, come si può vedere dalle partite e dai risultati, sia fuori dove siamo tutti molto affiati e questo porta a vivere bene ogni momento della quotidianità”.

Varese oggi è una squadra che, a detta di tutti, gioca molto bene. Lei che ha vissuto e sta vivendo tante esperienze diverse, quale pensa sia quella novità vera che ha portato Roijakkers nel modo di giocare?
“Secondo me molto sta nella versatilità di squadra che abbiamo oggi. Il fatto di non dare punti di riferimento agli avversari, di non avere ruoli fissi in campo ci avvantaggia. Cerchiamo di girare a nostro favore il fatto di essere la squadra più piccola, giocando con Sorokas da 5 o Vene da 4, oppure di poter cambiare spesso il portatore di palla. Questo penso che crei una sorta di destabilizzazione in chi ci affronta, che non sa mai come scenderemo in campo o chi farà cosa e questo ci rende imprevedibili. A questo poi stiamo aggiungendo la capacità di trovare diversi punti di riferimento in attacco, come Woldetensae nelle ultime settimane o come Keene prima”.

Robur, prima squadra, under 19, come si conciliano tutti questi impegni?
“Alle volte può essere difficile o sembrare strano ma per me è molto semplice. Giocare a basket è la cosa che amo fare di più al mondo e quindi non mi pesa dover fare una partita o un allenamento in più”.

Fuori dal campo invece cosa fa Matteo Librizzi?
“Ho iniziato quest’anno l’Università Insubria di Economia e Management e quando ho un po’ di tempo libero cerco di uscire con i miei amici”.

Obiettivo di fine stagione?
“Vediamo, per scaramanzia non voglio dire nulla, lo vedremo andando avanti”.

Alessandro Burin

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