Il Maestro di Karate Michele Ferrieri, Cintura Nera al sesto dan presso la società sportiva Wave a Sesto Calende e l’associazione sportiva Henko Do di Cadrezzate, focalizza gli aspetti psicologici, sportivi, educativi ed atletici della nota arte marziale nipponica, spiegando più in dettaglio il suo metodo di insegnamento.

Maestro Ferrieri, qual è l’origine della sua passione verso il Karate?
“Ho iniziato a praticarlo a diciotto anni, per esigenze di difesa personale, ma in seguito ne ho colto anche il valore sportivo e soprattutto cognitivo in merito alla disciplina e al rispetto delle regole. Sono originario di Verbania, ma vivo a Sesto Calende ormai da molti anni e il Karate fa parte a tutti gli effetti della mia vita”.

Cosa significa il termine giapponese Henko Do?
Henko Do fa riferimento alla retta via per l’evoluzione interiore, in senso educativo, e al ricorso al karate solo in reali situazioni di emergenza. Insegniamo i tre celebri stili: Shotokan, ShitoRyu e GojoRyu. Ritengo che le differenze stilistiche si notino solo ed esclusivamente nell’esecuzione dei katà, le dimostrazioni delle tecniche difensive, mentre dal kumitè o combattimento, emerge l’universalità del karate. Lavoriamo tanto proprio sul kumitè, che in generale prevede un duello, nel quale sono riconoscibili i fondamentali; a volte sono previste anche delle gare a squadre con più atleti, che si sfidano però sempre a due”.

Quali sono i valori sportivi del Karate?
“Il concetto di sportività nel Karate si diffuse solo nel Dopoguerra: per il combattimento si elaborarono delle tecniche diverse rispetto a quelle previste nei katà originari, nati a scopo difensivo, e si diede inizio al kumitè sportivo: un combattimento libero, ma entro dei limiti previsti dal regolamento. Nel Karate agonistico, l’atleta svolge una fase di preparazione precisa in vista delle gare, e nel combattimento dovrebbe dimostrare molta più rapidità e resistenza rispetto al karateka amatoriale. Nello stile ShitoRyu prevalgono gli aspetti coordinativi, più consoni all’agonismo, rispetto allo Shotokan fondato dal Sensei Gichin Funakoshi, nel quale emergono quelli atletici e la fisicità”.

Quali principi del Karate insegnate ai bambini, adolescenti e adulti?
“Per i bambini tra i cinque e gli otto anni è prevista una parte di ginnastica finalizzata a sviluppare i riflessi e la velocità di reazione, e a far capire loro la differenza tra il movimento degli arti superiori e quello degli arti inferiori. Dal punto di vista educativo è previsto il rispetto fra loro e anche verso gli istruttori, la pazienza e l’attesa prima di eseguire gli esercizi indicati e anche l’accettazione di qualsiasi esito delle sfide. Tra le tecniche di base privilegiamo i calci frontali allo scopo di abituarli all’equilibrio: l’essenza del Karate. Negli adolescenti affiniamo i fondamentali, consolidiamo gli aspetti del combattimento e richiediamo maggior precisione nello svolgimento dei katà o dimostrazioni di tecniche. Per gli adulti invece, inizia una preparazione atletica con esercizi impegnativi di forza rapida, resistenza e mobilità articolare allo scopo di rendere più fluida l’esecuzione delle tecniche affinate durante il kumitè“.

Secondo lei, quale stile del Karate è più comprensibile e assimilabile per gli allievi?
“Penso che un maestro o un istruttore multilaterale dovrebbero garantire loro il corretto approccio a tutti e tre gli stili del Karate. Un allievo abituato ad un determinato stile lo dimostrerà in particolare durante lo svolgimento dei katà: esercizi individuali, senza alcun avversario, nei quali sono previste delle simulazioni di tecniche da eseguire correttamente”.

Nabil Morcos

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