Ci è venuto a trovare in redazione meno di 48 ore dopo il suo esordio con la maglia della prima squadra del Varese. Un esordio, quello di Gianluca Piccoli, arrivato con 7 anni e 3 mesi di ritardo.

“Hai proprio ragione – attacca Gianluca – 7 anni perché il 22 maggio 2015, nell’ultima partita del Varese 1910 in Serie B, ero in panchina a Terni con la maglia numero 34, quella bianca con la croce rossa davanti, che ancora oggi custodisco gelosamente. Finì 2-0 per la Ternana con la squadra che già da tempo era matematicamente retrocessa e, ancora oggi, quando incontro mister Bettinelli gli dico che cinque minuti me li poteva far fare, mi poteva far esordire in B. I 3 mesi, invece, sono quelli che ho perso fino a domenica scorsa alle prese con diversi infortuni che non mi hanno permesso di scendere in campo”.

13 novembre 2022: Varese-Sona, 12’ del secondo tempo, entri in campo al posto di Disabato. Un’emozione particolare?
“Assolutamente sì, un sogno che avevo fin da ragazzo e che ha preso forma. Una grande emozione che mi sono potuto godere solo a metà, perché è chiaro che la sconfitta e la situazione difficile che stiamo vivendo ha condizionato tutto”.

Piccoli ha iniziato a giocare a pallone al Bosto dove è rimasto fino ai 10 anni. Poi tutta la trafila nel settore giovanile del Varese 1910 fino alla Primavera e alla convocazione in prima squadra in quella sciagurata stagione che si concluse sportivamente con la retrocessione e materialmente con la mancata iscrizione al campionato successivo.
Svincolato ti sei trasferito al Torino: che stagione è stata con i granata?
“Una tappa fondamentale della mia carriera. Mister Longo (oggi allenatore del Como ndr) mi ha insegnato tantissimo e mi ha fatto capire cosa servisse per poter diventare calciatore, per poterlo fare di lavoro. Fino ad allora non avevo mai pensato al futuro, a cosa avrei fatto da grande, giocavo e basta e tutto andava anche per il meglio. A Torino c’è stato il bivio e gran parte di tutto quello che sono riuscito a fare dopo lo devo a quella stagione. Sportivamente è stata una bella annata: appena arrivato abbiamo vinto la Supercoppa contro la Lazio allenata da Simone Inzaghi e ho anche avuto la fortuna di giocare la Youth League (la Champions della Primavera ndr) perché il Toro era il campione d’Italia in carica”.

Hai detto “gran parte di tutto quello che sono riuscito a fare dopo”: 152 presenze in Serie C in sei stagioni con le maglie di Forlì, Ravenna, Giana, Livorno e Grosseto.
“Il Torino mi aveva messo sotto contratto per tre anni e, come si dice, mi prestava a società di Serie C per farmi le ossa. Devo ammettere che la prima stagione (Forlì ndr) fu molto dura perché giocare nel campionato Primavera è una cosa, giocare con i grandi e tutt’altra. Bisogna sgomitare per gli spazi e per essere preso in considerazione. Io ho sempre cercato di rubare dai vecchi, imparare da loro e da questo punto di vista sono stato molto fortunato perché in quei primi anni ho imparato molto”.

Stagioni di sofferenza anche a livello sportivo culminate però con delle salvezze prima dell’esperienza in una piazza importante come Livorno.
“La squadra era molto forte, era la stagione 2020-21 dove tutto era un po’ condizionato anche dal Covid, una situazione strana. La società era piena di problemi e ogni giorno si susseguivano voci su una possibile cessione o addirittura un fallimento a stagione in corso e sono arrivati anche dei punti di penalizzazione. Chiaro che tutto questo ci condizionava e, di conseguenza, la parte di stagione giocata col Livorno, pur avendo i miei spazi, non sono riuscito a godermela”.  
A gennaio il passaggio al Grosseto dove invece le cose sono andate molto diversamente
“La squadra andava bene, sono riuscito a giocare e abbiamo disputato anche i playoff tanto che mi sono fermato anche la stagione successiva dove però le cose, a livello societario, hanno iniziato a scricchiolare. Alla fine, nonostante il passaggio di proprietà, siamo retrocessi e questo è un grande rammarico”.

Cosa ti ha spinto, nella scorsa estate, ad accettare la chiamata del Varese?
“Forse quella maglia numero 34 che ho indossato solo in panchina e che volevo a tutti i costi indossare anche giocando. Sono cresciuto e ho giocato nelle giovanili nel Varese durante la storica scalata dalla C2 alla Serie B e ad inizio stagione il progetto mi è sembrato molto simile. Poter far parte di un gruppo che ha un obiettivo così sfidante e importante è stato determinate. Dico ad inizio stagione perché è chiaro che parlare oggi di ritorno al professionismo in questa annata è anacronistico. Ma sono assolutamente ancora convinto della bontà del progetto che andrà avanti al di la del risultato sportivo di quest’anno”.

Come è avvenuto il tuo passaggio in biancorosso?
“Questa estate ero svincolato, sapevo di dover trovare squadra e mi tenevo in forma lavorando da solo. Un giorno ero allo stadio a correre e ho incontrato casualmente la dirigenza del Varese. Abbiamo fatto due chiacchiere e poi, nei giorni successivi, Merlin mi ha fatto una proposta che io ho accettato immediatamente”.

Una famiglia di sportivi… i Piccoli.
“Mamma Gabriella ha giocato a pallavolo arrivando in Serie A e anche in Nazionale. Mio fratello Matteo gioca a basket a livello professionistico, oggi è alla Vanoli Cremona in Serie A2. Per un periodo di tempo si è allenato anche con Varese (sotto la gestione Caja-Bulleri ndr) per tenersi in forma. Papà Claudio mi ha trasmesso la passione per il calcio, lui ha giocato a livello dilettantistico qui in zona e mi ha sempre seguito. Ecco, una cosa molto bella è che i nostri genitori ci sono sempre stati vicini. In questi anni hanno girato molto per poter essere presenti alle nostre partite anche se ultimamente si stanno appassionando un po’ di più al basket”.

Preparato, con i modi di fare da bravo ragazzo e molto curioso: Gianluca Piccoli, classe 1997, non vive solo di calcio ma porta avanti tante passioni.
“Ho il diploma di Liceo Socio Economico e ho iniziato all’Università la facoltà di Discipline Psicosociali che per ragioni di tempo ho dovuto per ora accantonare. Le lingue mi affascinano molto, studio Inglese e Giapponese e mi piace la musica. Suono la chitarra e compongo canzoni: testi e suoni. Per ora però le tengo per me quindi non chiedermi di farti ascoltare nulla. Quando ho la chitarra in mano riesco ad aprirmi, soprattutto con me stesso”.

Extra calcio, hai un sogno nel cassetto?
“Il mio sogno è quello di portare nei paesi del terzo mondo una Accademy di calcio per poter regalare dei momenti di serenità e di crescita a dei ragazzi che sono meno fortunati di noi. Un sogno che penso possa diventare realtà e sto cercando di mettere già le basi perché avvenga”.

Un momento molto difficile quello che sta vivendo il Città di Varese, cosa ti senti di dire ai tifosi?
“Che impegno e dedizione al lavoro non sono mai mancati in nessuno di noi. Faremo di tutto per svoltare il prima possibile e per rialzare la testa. Ci impegniamo giorno dopo giorno e siamo noi i primi che non riusciamo a capire come mai i risultati non arrivano e incontriamo tutte queste difficoltà. Sono però certo che il lavoro ci porterà a uscire dalle zone basse perché Varese si merita molto di più. Ai tifosi chiedo di starci sempre vicino, come del resto hanno sempre fatto fino ad oggi”.

Gianluca Piccoli è venuto a Varese per scrivere nuovamente pagine di storia che agli inizi del 2010 per oltre un quinquennio ha fatto sognare il popolo biancorossi. Buona fortuna!

Michele Marocco

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