Dopo una prima parte di stagione in ombra, chiaramente non per demeriti suoi, Emanuele Della Bosca si è riconquistato le luci della ribalta in casa Skorpions proprio nel momento più importante, disputando una partita strepitosa nel quarto di finale di sabato scorso contro i Red Jackets Sarzana.

Il Running Back classe ’96, infatti, si è ri-accasato alla squadra circa un paio di mesi fa, ovvero quando è tornato dal suo Erasmus a Siviglia. In poco tempo si è dovuto adattare alle nuove metodologie di allenamento imposte dai coniugi Holt e, con entusiasmo, si è messo a disposizione della squadra. Sabato scorso la consacrazione: match da incorniciare con tanto di corsa che è valsa il TD del momentaneo 35-14.

Nonostante la giovane età, Della Bosca si può già considerare un veterano grigiorosso dato che è nella squadra dal 2013. “Quando avevo 17 anni – racconta – mi sono approcciato al mondo Skorpions: arrivavo da una serie di infortuni negli altri sport che praticavo, e volevo provare qualcosa di nuovo. Tramite alcuni miei amici sono arrivato al primo allenamento e ho iniziato a giocare sia nell’U19 sia nella Prima Squadra. Gli Skorpions sono per me una seconda casa perché mi hanno fatto crescere tanto in questi anni, sia a livello personale che sportivo”.  

Hai parlato di altri sport; hai quindi anche altre passioni?
“Alle elementari ho fatto un periodo a giocare a baseball, per poi passare al basket anche se non era di certo un fenomeno. Nel frattempo ho sempre praticato sci a livello agonistico anche se, a lungo andare, ho dovuto fare una scelta e ovviamente ho preferito il football: è lo sport che amo e riesco a conciliarlo alla perfezione con l’Università. Cosa studio? Ingegneria a Milano, mi mancano un paio di esami e la tesi per laurearmi”.

Qual è il compito più difficile per un giocatore di football?
“Sapere esattamente quelle che sono le sue responsabilità in ogni azione e in qualsiasi momento della partita. Il football non premia le individualità, ma è un gioco in cui una squadra è forte se ogni suo giocatore rispetta le proprie responsabilità sia in attacco sia in difesa. In poche parole bisogna fare ciò che dice il coach: se ognuno fa il suo compito allora tutto va per il meglio”.

Qual è, a livello mentale, il momento più difficile di una partita?
“Credo che sia la ripresa del match dopo l’intervallo perché l’approccio al secondo tempo ti può sempre fregare: se sei sopra nel punteggio rischi di perdere la concentrazione e farti rimontare, mentre se sei sotto devi riuscire a tirar fuori gli attributi e farti valere”.

A livello personale, invece, come ti approcci a una gara?
“I giorni prima di un match, generalmente, sono abbastanza nervoso perché non penso ad altro e non vedo l’ora di essere in campo. Credo che però sia così un po’ per tutti”.

Tu nasci Running Back, ma ti stai reinventando anche in altri ruoli; dico bene?
“Esatto. Io ho sempre giocato da RB ma questo è stato un anno particolare in virtù della mia esperienza in Spagna. Mi sono comunque sempre allenato e tenuto in forma per conto mio, però appena tornato ho dovuto imparare in fretta e furia i nuovi schemi di Holt e, di conseguenza, non ho giocato moltissimo all’inizio. C’è da dire, comunque, che adoro il nuovo sistema di allenamento: è organizzato alla perfezione, non ci sono tempi morti ed è orientato a migliorarci sempre più. Io ho lavorato sodo e ora faccio parte anche della formazione Special Team sui kickoff. Contro i Red Jackets è stata proprio la partita in cui ho trovato più spazio”.

Parlando di Red Jackets, immagino che quella sia anche stata la tua miglior partita stagionale: è così?
“Assolutamente sì: di sicuro mi aspettavo di giocare di più rispetto alle scorse partite, ma non era così scontato perché Holt non lascia mai nulla al caso e in una partita così delicata era lecito aspettarsi che avrebbe fatto giocare molto di più i titolari. Va anche detto, comunque, che ci sono state determinate coincidenze che mi hanno fatto entrare in campo, anche solo per far rifiatare Dylan e Sergio (Auriemma e Montalbetti, ndr).

A proposito di questo, dopo il tuo touchdown si è distintamente sentito il grido: “Adesso offri da bere a Dylan” dato che lo avevi appena sostituito per quell’azione; lo hai fatto?
“Certo che sì (ride, ndr): l’altra sera ho portato un po’ di birre al campo e ce le siamo bevuti tutti insieme perché, oltre a Dylan, il merito del mio touchdown è di tutta la squadra: se i compagni mettono in attO blocchi del genere è più facile arrivare in endzone”.

Sabato sera cosa ti ha reso più orgoglioso?
“Dopo la partita i coach e i miei compagni sono venuti a farmi i complimenti non solo per le azioni fatte ma soprattutto per l’impegno, per la voglia e per la grinta che ho messo in campo. Effettivamente ero davvero carico e credo che il merito vada anche al discorso che ha fatto Holt nel pre-partita perché mi ha dato un’ispirazione e una motivazione incredibile”.

Che effetto ti ha fatto giocare in un Ossola (seppur con le limitazioni del caso) pieno di gente? Era la partita che ti aspettavi?
“Giocare con il pubblico è stato totalmente diverso perché i tifosi ci hanno dato una carica pazzesca; il pubblico è sempre importante ed è stato bello poter tornare a riassaporare questa semi-normalità. Sulla partita posso dire che ci siamo imposti fin da subito dimostrando di avere le carte in regola per poter puntare alla vittoria finale. Abbiamo fatto degli errori, in settimana abbiamo lavorato per correggerli, ma in linea di massima era la partita che mi aspettavo”.

Sabato di nuovo in campo, questa volta contro i Vipers Modena; cosa puoi dirci su di loro?
“I Vipers usano più Running Back rispetto a noi, ma il loro attacco è simile al nostro per cui la nostra difesa farà sicuramente bene. In questa settimana stiamo studiando i loro giochi più frequenti, quelli che riteniamo possano usare in partita, e stiamo ovviamente provando nuove soluzioni in attacco. Restano una grandissima squadra e fanno un bel gioco: noi li abbiamo incontrati in trasferta un paio d’anni fa e già allora sfruttavano molto bene le corse. Sarà un bel test per la nostra difesa”.

Che partita vedremo sabato sera?
“Io credo che gli Skorpions abbiano tutte le carte in regola per arrivare in finale: entreremo in campo con la mentalità giusta con l’idea di dominare il campo, forti della meravigliosa cornice del nostro stadio, per far capire che il nostro obiettivo è la finale. Dai Vipers non so di preciso cosa aspettarmi, ma senz’altro verranno a Varese portando rispetto evitando di prendere la partita sottogamba com’era avvenuto, nonostante poi abbiano vinto, in passato”.

Qual è la più grande qualità degli Skorpions?
“Il fatto di non darsi mai per vinti. È il mantra di Holt: lui ha tutta una serie di frasi che continua a farci ripetere e “I will never give up” riflette la nostra filosofia”.

C’è un sogno che vuoi realizzare da giocatore di football?
“Vincere un campionato di Prima Divisione con gli Skorpions: per me sarebbe il massimo, un traguardo fenomenale”.

Per concludere, torniamo ai playoff. Le prime quattro squadre del ranking hanno vinto i rispettivi incontri: detto di voi e dei Vipers, un pronostico secco su Giaguari Torino e Mastini Modena?
“Non le conosco così bene ma so che hanno due giochi diversi: i Mastini puntano tanto sulle corse, mentre i Giaguari si affidano ai lanci. Credo che dipenderà tantissimo da come giocheranno le difese, ma vedo i Giaguari leggermente sopra”.

Non ti chiedo il pronostico su di voi, ma chiudiamo con un invito: cosa diresti a chi non conosce il football per convincerlo a venire allo stadio sabato sera?
“Posso garantire che se verrete all’Ossola non resterete delusi. Il football può sembrare uno sport complicato, ma è uno spettacolo da giocare e da vedere. Mi auguro di vedere la tribuna piena come sabato scorso: noi Skorpions non vediamo l’ora di scendere in campo”.

Matteo Carraro

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