Riforma del calcio. Chiaro (o quasi), il punto di arrivo. Non altrettanto può dirsi per percorsi e modalità di approdo a regime. Facciamola brevissima. Gli ultimi due Consigli Federali hanno prodotto un protocollo di intesa che prevede nel 2023/24 (o la stagione successiva) il passaggio ad una Serie A a 18 squadre con playoff per assegnare lo Scudetto (con coinvolgimento delle prime 4 o delle prime 6) e playout (tra terz’ultima e quart’ultima) per decretare la terza retrocessa. Sottoposto all’assemblea della Lega Serie A, il progetto ha riscosso consensi prossimi allo zero. Con gradimento espresso solo da pochissimi club di prima fascia (quelli che si suppone possano accedere ai playoff e che potrebbero trarre benefici dall’aumento delle più remunerative gare delle competizioni UEFA).

Attenti al taglio. Nelle drammatiche ristrettezze del calcio post Covid, ridurre da 380 a 308 (-19%) il numero delle partite giocate significherebbe tagliare le entrate da diritti televisivi e gli incassi da stadio (già zavorrati dalle plausibili riduzioni di capienza causa pandemia). Scenario solo in parte compensato dagli spareggi post stagionali. Come andrà a finire? Gravina potrebbe voler forzare la mano. Ma serve il voto favorevole di 14 società su 20 affinché passi il format rinnovato. Circostanza che non esclude il rinvio a tempi migliori. Oggi in FIGC un ulteriore capitolo della vicenda.

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C risiamo. Ma andiamo oltre. Nelle intenzione (retoriche) sbandierate in nuce, la riforma avrebbe dovuto partire dal basso. Invece (come è ovvio), partirà dall’alto e da chi muove le leve economiche del nostro calcio. Determinando i destini della base a sostegno. Cioè, Serie B e (soprattutto) Lega Pro. La serie cadetta non dovrebbe subire particolari mutazioni essendosi già da tempo strutturata con congruo formato a 20, playoff e playout. Tutt’altra storia per la Serie C. Il nuovo che avanza sarebbe infatti rappresentato da una C1 (o C Elite) Nazionale a 20 squadre e da una C2 (o C tout court) a 40 partecipanti suddivise in 2 gironi da 20. Non verrebbe variato il numero complessivo in vigore (60), ma la peculiarità sportiva. Professionismo pieno in C1 (in termini fiscali e matricolari) e semiprofessionismo in C2. Di fatto, un parziale ritorno al passato. Per una rivoluzione che presupporrebbe un intervento normativo per andare oltre lo status vigente. Al riguardo, quali sarebbero le tempistiche è però difficile dire.

Se non ora, quando? Resta il punto di una stagione precedente alla grande riforma che potrebbe mettere sul piatto degli attuali 3 gironi di Lega Pro 6/7 “promozioni” a raggruppamento. Utili a comporre quella C1 professionistica che diventerebbe il ragionevole target di ogni club di terza serie. Pro Patria compresa. Ne abbiamo scritto spesso. Ora potremmo essere vicini alla realizzazione del quadro. Perché il tema può sembrare ozioso ma rappresenta per molte società il discrimine tra vivere, sopravvivere o addirittura sparire. La domanda è però sempre e solo quella: quando andremo a regime? 2023/24 o la stagione successiva? La tempistica farà tutta la differenza per potersi allineare dalla parte giusta. Salendo su un treno che potrebbe non ripassare più.                                                    

Giovanni Castiglioni

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