Tiziano Frattini, un “Ragno Nero” a Varese. Dalla possibilità di aprire una carriera tra i professionisti alla laurea in medicina, la storia di uno dei più forti portieri degli anni ’90.
Mumble mumble… chi si ricorda chi era il “Ragno nero”? Erano i tempi del Milan che parlava il triestino del “Paron” Nereo Rocco e di uno dei portieri più forti della storia del calcio nostrano (e non solo): Fabio Cudicini, dal ’67 al ’72 saracinesca dei diavoli rossoneri. Maglia e calzamaglia nera, 191 centimetri, un fisico asciutto e dinoccolato… divideva il soprannome di “Ragno nero” con quello che molti indicano ancora oggi come il più forte “portinaio” di tutti i tempi, il mitico russo Lev Yascin. 

Ma in una viuzza di Casbeno (rione di Varese) negli anni ’70, muoveva i suoi primi passi un piccolo “Ragno nero” che più avanti sarebbe diventato uno dei portieri più forti che abbia calcato i campi della nostra provincia e che mooolto probabilmente avrebbe avuto l’occasione di provare ad occupare ben altri e più importanti palcoscenici… come più avanti scopriremo.

Tiziano, è vero che da piccolo ti chiamavano “Cudicini”?
“Sono del ’62 e avevo più o meno 10 anni, ero il più piccolo della compagnia (difficile crederlo ora con quel fisico imponente che si ritrova) e come succedeva a quei tempi, ma spesso anche oggi, il più piccolo finiva sempre in porta, magari controvoglia… Così, con un padre milanista (Renzo Frattini, per anni stimato e indimenticato Giudice Sportivo della Delegazione di Varese), la divisa rossonera era la naturale conseguenza”.

Carriera lunga la tua?
“In effetti è così, non è da molto che ho sfilato per l’ultima volta i guantoni, dopo un paio d’anni giocati nel Torneo UISP a 7 giocatori. Tutto è cominciato nel CSI dell’Oratorio di Casbeno. Poi a 17 anni in Terza Categoria nel Varese ’80, più tardi divenuto Nazionale ’80. Nel frattempo il fisico era cresciuto, così come le chiamate nella Rappresentativa della FGCI di Varese, una sorta di “Nazionale” della provincia, il cui selezionatore era quel gran Signore e conoscitore di calcio che risponde al nome di Antonio Rossaro. Lì sono stato notato dalla Ternatese; subito la vittoria in Prima che mi ha catapultato in Promozione, la più alta categoria del dilettantismo, l’Eccellenza non era stata ancora inventata e la serie superiore era già un “ibrido” professionismo.  Sei anni con compagni fortissimi, da Maurizio Macchi, a Mauro Marcaletti, Pippo Esposito, Zanzi, i fratelli Peraldini, Vizza, Zaniboni… e tanti altri. In panchina allenatori molto capaci, a cominciare da Carlino Tresoldi. Con quella squadra, allenata allora da Ambrogio Baj, ho avuto la grande soddisfazione di giocare la famosa amichevole del “Franco Ossola” contro l’Inter, quella di Trapattoni per intenderci, con la coppia d’attacco formata da Altobelli e Rummenigge. Dodicimila persone… abbiamo fatto una bella figura e credo di aver giocato una buona partita, forse molto buona, visto che il Varese si è interessato a me”.

Quindi ti si sono aperte le porte del professionismo?
“Sì in effetti… ma è una porta che ho chiuso quasi subito. A quel tempo studiavo a Pavia e il mio primo interesse era conseguire la laurea in medicina. Dopo la preparazione estiva e qualche amichevole, ho capito che l’incombenza dei tanti allenamenti e i sacrifici ad essi connessi, mi avrebbe creato problemi nel gestire il mio impegno sui libri, così ho fatto quella che si dice una “scelta di vita”, decidendo di continuare a giocare nei dilettanti (Tiziano oggi è uno stimatissimo radiologo, ndr). Così, finita l’avventura con la Ternatese sono approdato alla Gallaratese, quella del periodo di Presidenza della famiglia Pastorelli. Tre anni nella città dei due galli, impreziositi da una promozione in Interregionale. Poi un altro fantastico campionato vinto con l’Union a Cairate, dalla Prima alla Promozione”.

Quindi il definitivo trasferimento in Valceresio…
“Proprio così, sono stato tre anni a Viggiù, passando dalla Promozione all’Eccellenza. Tra i pali di quella squadra sono riuscito a parare cinque rigori consecutivi, non so se sia un record ma se non lo è certamente ci si avvicina. Era il Viggiù di Salvatore Marotta, con la panchina affidata a Sandro Baron e in campo giocatori del calibro di Sergio Ferretti, Luca Daverio, i fratelli Barassi, Marangon, Garzonio e Roberto Nassi, con il quale avevo già giocato a Gallarate e che mi ha accompagnato anche nella successiva ed ultima esperienza ad Arcisate. Ci lega una forte amicizia, sono anche suo testimone di nozze. Con noi in quella squadra, presieduta da Berlusconi e Michele Miani come direttore, tanti altri amici, da Pepi a Bavo, da Soragna a Casaroli e tutti gli altri componenti di quello stupendo gruppo. Anche lì tante soddisfazioni con in panchina, tra gli altri, Maurizio Maroni e Giovanni Cortazzi. Sette anni vissuti in un ambiente fantastico, dove ho chiuso come meglio non avrei potuto la mia carriera. Su tutti, il ricordo della salvezza conquistata ai danni del Vanzaghello ai play-out del campionato di Promozione. Memorabile, nella partita di ritorno ad Arcisate, la doppietta di Boldetti”.

Ora per Tiziano il calcio è solo tifo (moderato) per il Milan. Noi ci permettiamo però di dire che per il NOSTRO mondo questa è una grave perdita… chissà quanti buoni consigli potrebbe dare il dottor Frattini ai giovani portieri di oggi, e non solo su come parare un rigore o dirigere una difesa (cosa che gli riusciva benissimo) ma soprattutto per come vivere ma soprattutto come interpretare il calcio… così come ha fatto lui.

Roberto Destro

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui