Nicolas Sottocorna, classe ‘93, è un giocatore con molta esperienza. La sua carriera inizia nel 2006 nelle giovanili del Varese ed è stata caratterizzata da numerosi stop causa infortuni: nel 2009 a 16 anni si è rotto il crociato sinistro, nel 2011 il menisco sinistro che lo ha lasciato con una lesione del crociato presente ancora oggi e nel 2017 si è rotto del tutto il ginocchio destro.
Attaccante dal gol facile, è approdato al Brebbia nella stagione 2020/21 dove ha giocato poco poiché il campionato è stato presto interrotto causa covid. È diventato subito capitano e in questa annata fa girare la sua squadra con entusiasmo e maestria cercando di portarla più in alto possibile e farla risalire dall’attuale posizione di metà classifica (7 punti in 5 partite).

Hai giocato in molte categorie: qual è la tua stagione che ricordi con più affetto?
“Ho militato in tutte le categorie minori, dalla Promozione fino alla terza categoria, ma la stagione che più mi porto dietro come giocatore è la prima all’Ispra. Arrivavo da Gavirate in Promozione e grazie ai miei 17 gol ci siamo salvati ai playout. Come esperienza di squadra, dico la stagione 2018/19 sempre con l’Ispra: era un gruppo veramente affiatato, stavamo sempre insieme anche fuori dal campo. Gli anni delle giovanili del Varese sono stati importanti per me: girare l’Italia per giocare a calcio è stata una delle più belle esperienze che un ragazzo giovane come me potesse fare e ho potuto godermi al massimo questa esperienza nuova ed eccitante. Al Varese ho avuto la fortuna di incontrare una grande persona, Davide Golisciano, col quale è nata una bella amicizia continuata anche all’Ispra, dove abbiamo giocato insieme per 2 anni”.   

Come mai hai scelto il Brebbia come squadra?
“Sono al Brebbia da poco ma già vedo dei buoni progetti per far crescere i giovani. Mi hanno affidato la fascia da capitano così da poter essere una guida ai più inesperti che si affacciano su questo sport meraviglioso. Il gruppo è compatto ed è un bell’ambiente in cui giocare e crescere. Quello che più di tutto mi ha spinto a restare al Brebbia è la presenza di un mio caro amico, col quale non ho potuto mai giocare perché eravamo sempre in categorie diverse o ero infortunato: Mattia Rossano. Io e Mattia ci conosciamo da una vita, siamo cresciuti insieme e non potevo dire di no a giocare con lui”.

Hai un tuo idolo calcistico?
“Sicuramente Baggio. Lo ammiro tantissimo come calciatore e come persona. È il mio punto di riferimento ma, purtroppo, ci siamo anche trovati nelle stesse situazioni: ho le sue stesse ginocchia fragili. Appesa in camera, insieme all’ultima maglia di Baggio di Brescia-Milan, c’è quella di Totti di Roma-Genova. Le loro maglie e la loro energia mi trasmettono l’ispirazione e la voglia di giocare il mio calcio migliore. Sono un attaccante fan di attaccanti, insomma, e mi è sempre piaciuto fare gol ma negli ultimi anni mi sono riscoperto assist-man. Da piccolo ero più egoista e cercavo sempre la giocata particolare e tattica; crescendo ho capito che il calcio è uno sport in cui giocano undici persone e, se la squadra deve vincere, il giocatore deve fare di tutto affinché questo accada”.

Qual è il tuo capitano preferito?
“La mia ispirazione come capitano è, da buon interista, Zanetti, e da fan del Chelsea, Lampard. Queste due figure sono i miei idoli fin da piccolo e quello a cui miro come capitano è l’unione di questi talenti. Non attacco mai i più giovani perché so che possono fare errori ma cerco di dare dei riscontri positivi e se sbaglio io sono il primo a dirlo. Non urlo mai e cerco sempre di avere un sorriso per tutti per farli sentire a proprio agio. Quando c’è bisogno di caricare il gruppo salgo in cattedra e faccio il discorso, aiuto chi si sente magari demoralizzato dopo una prestazione non ottimale o quando arriviamo da una sconfitta, ma facevo le stesse cose anche prima quando non ero capitano. Cerco di essere il più Baggio possibile, ossia essere umile come lui e aiutare chi ne ha bisogno. Prima delle partite importanti, ad esempio, carico la squadra e ho i miei riti scaramantici ma la forza per fare il capitano mi arriva direttamente dai miei compagni: siamo tutti una famiglia unita, io porto la fascia da capitano ma nello spogliatoio ci sono molte figure influenti”.

Il Brebbia si trova a metà classifica e arriva da risultati altalenanti. Ora avete un doppio appuntamento, contro il Casbeno (domenica 14 alle 14.30) e il recupero contro la Virtus Bisuschio (giovedì 18 alle 20.30). Chi temete di più?
“Come gruppo non temiamo nessuno. La classifica dice che il Casbeno è la squadra più pericolosa, sono riuscito a giocarci contro l’anno scorso ma da allora è cambiata parecchio e non so cosa aspettarmi. Per noi è un grosso vantaggio giocare in casa, abbiamo vinto tutte le partite sul nostro campo (2-1 contro il Ponte Tresa, 2-1 contro la Francesport, ndr) e fuori invece abbiamo lasciato qualche punto (1-2 contro la Caesar e 2-2 contro la Caspost, ndr). Siamo una squadra molto tecnica e sono fiducioso. Giovedì sera contro la Virtus Bisuschio sarà un’incognita perché molti dei nostri giocatori lavorano e non sappiamo chi ci sarà, ma ho piena fiducia in noi: siamo forti e dobbiamo riscattare la brutta prestazione di domenica (0-3 contro il Don Bosco, ndr) dovuta anche ad un turnover forzato causa infortuni o problemi di lavoro”.

Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione?
“L’obiettivo minimo della squadra sono i playoff: abbiamo i giocatori per farlo e siamo sicuri di poter creare delle ottime prestazioni. Ti direi anche vincere ma non è mai facile: il campionato è corto e le sconfitte possono minare la vittoria finale. Ovviamente tutto può succedere ma sono realista e i playoff sono sicuramente alla nostra portata. Il mio traguardo personale come attaccante è la doppia cifra, ma soprattutto divertirmi dopo due anni senza calcio, tra Covid e infortuni”.

Simone Canil

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui