Giornata speciale in casa Openjobmetis Varese per il compleanno dello storico fisioterapista, ora addetto all’accompagnamento degli arbitri, Sandro Galleani, che oggi compie 77 anni.
Galleani è una vera e propria istituzione del basket varesino e non solo. Quasi 40 anni (1971-2009) legato in maniera indelebile ai biancorossi con i quali ha conquistato 5 Scudetti, 4 Coppe dei Campioni, 2 Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Coppa Intercontinentale e una Super Coppa. Tutte vittorie a cui sommano i trionfi con la Nazionale dal 1975 al 2009: l’Argento alle Olimpiadi 1980 e 2004, l’Oro agli Europei 1983 e 1999 e l’Argento Europeo 1991, oltre al Bronzo agli Europei 1985 e 2003 e l’Oro Giochi del Mediterraneo 1993 e 2005.
Nel 2003, inoltre, è stato premiato con l’Oscar del basket e successivamente è entrato a fare parte della Italia Basket Hall Of Fame, che lo consegna alla storia di questo sport.

Oggi Galleani festeggia il suo compleanno circondato dall’affetto dei familiari, in attesa di tornare al palazzetto che gli manca come non mai dopo un anno di lontananza.
Buon compleanno innanzitutto. Come sta festeggiando questo giorno speciale in un momento così particolare?
“Grazie mille per gli auguri. Purtroppo tra varie mie vicessitudini, covid e compagnia bella oggi dovrò stare in casa. E’ un anno che ormai non vado al palazzetto nonostante sia accompagnatore degli arbitri, a causa delle mie condizioni di salute. Adesso spero che i medici mi diano il via libera per tornare a quella che è la mia seconda casa. Mi manca molto respirare l’aria del palazzetto, vivere la squadra e tutto il contesto che questo anno mi ha portato via”.

Qual è la sua valutazione su una stagione piena di problematiche per la Openjobmetis Varese?
“Dal mio punto di vista, per quello che posso seguire, siamo partiti con il piede un po’ sbagliato perché l’esonero di Caja ha minato tutti quelli che erano gli equilibri. La decisione ci stava, anche se ritengo Attilio un amico. Quando si ha un ruolo di comando il rispetto delle persone è una cosa essenziale. Purtroppo il suo atteggiamento verbale o in gesti plateali durante partite e allenamenti evidenziava la sua carenza nei rapporti umani. E’ giusto mostrare autorità, però questo non deve esulare dal rispetto per le persone. Immagino sia stato questo il motivo per cui la società, ed in particolare Toto Bulgheroni, siano arrivati a scegliere di separarsi da lui. Questa decisione ha minato moltissimo le certezze della squadra. Mi spiace sentire la gente criticare aspramente Bulleri; lui non ha colpe, so le qualità che ha e meriterebbe molto di più sia lui che la squadra. Magari avrà bisogno di un po’ di tempo ancora per crescere come allenatore ma so che temperamento ha e conosco la sue qualità e doti. Guardando ad un discorso generale sul mondo del basket, ritengo che ci sia troppo squilibrio tra le società e spero che l’amico Umberto Gandini possa sistemare certe regole. Non è possibile gareggiare nello stesso contesto con squadre che hanno capacità 6-7-10 volte superiori”.

Tornando sul tecnico, che impatto ha avuto secondo lei il covid sulla condizione fisica della Pallacanestro Varese?
“Ha avuto molto peso. Il disagio c’è, lo viviamo tutti, in maniera diversa sia a livello psicologico che fisico. Il covid non è un semplice raffreddore e ha un impatto gravoso sui giocatori, dirigenti o anche le singole persone che girano per strada. A me, che sono una persona che ha sempre affrontato di petto le difficoltà, sinceramente questo covid sta dando disagio per la globalità che ha assunto”.

Sabato Pozzecco torna al palazzetto con la sua Sassari. Quanto secondo lei l’avventura in panchina con Varese lo ha aiutato a crescere come allenatore?
“Il Poz non poteva che migliorare nel tempo come il vino buono. Nel senso che, facendo un paragone con il vino, è di vigna importante, come quei vini che durano nel tempo, mantenendo la qualità acquisita. Aveva bisogno di crescere e di fare il salto di qualità come allenatore. Da persona intelligentissima qual è, lo ha fatto dopo la debacle di Varese andando in Croazia con Mrsic che già ai tempi di Varese sapeva come prenderlo, parlargli e fargli capire dove sbagliava. E’ cresciuto sempre di più nel tempo a livello tecnico ed emozionale ed è stato capace di limare quegli spigoli che gli facevano male. Saperlo qui sabato mi emoziona moltissimo, come mi emoziona sempre incontrare uno dei miei figli, com’è lui”.

Alessandro Burin

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