La Eolo-Kometa di Ivan Basso è pronta a vivere il suo sogno chiamato Giro d’Italia. Oggi scatterà da Torino la corsa per vestirsi di rosa: tanti big in gara e 21 giornate da vivere tutte d’un fiato. La formazione bustocca non s’illude certo di poter competere per la generale, anche se il besnatese Edward Ravasi non nasconde le sue ambizioni, ma l’obiettivo degli azzurri è quello di far bene, lasciare il segno e dimostrare di aver meritato la wild card.

Il Giro d’Italia rappresenta quindi una rampa di lancio per trasformare la Eolo-Kometa in una grande realtà del ciclismo italiano, e a farne orgogliosamente parte è Dario Andriotto, campione del mondo nella cronometro a squadre dilettanti del ’94, che ha creduto in questo progetto fin da prima che decollasse. “Sono alla Fondazione Alberto Contador da tre anni – ci racconta l’ex professionista bustocco – e da questa stagione è entrata Eolo come sponsorizzazione, il che ci proietta diversi step più avanti. Luca Spada e Giacomo Pedranzini, rispettivamente CEO di Eolo e Kometa, insieme ad Ivan Basso costituiscono un’ossatura invidiabile che dimostra la solidità e le potenzialità di questo team”.

Il tuo ruolo è quello di talent scout, come funziona di preciso?
“Io mi occupo dei giovani, per cui vado a vedere le corse degli U23 e degli Juniores cercando i profili migliori da portare nel team. Eolo-Kometa è praticamente appena nata ma ha già fatto tanta strada e di sicuro ci saranno in programma investimenti su corridori importanti, ma la nostra politica è orientata alla crescita dei giovani”.

Relativamente a questo discorso, ci sono talenti pronti a sbocciare nel panorama ciclistico varesino?
“Purtroppo devo dire che al momento la situazione ciclistica di Varese non è delle migliori. Sicuramente ci sono prospetti interessanti, ma sono davvero giovani per cui bisogna farli crescere e seguirli nel modo migliore. Mi hanno riferito un numero ufficioso, da prendere con le pinze, che comunque fa riflettere: attualmente ci sono 23 Allievi provenienti da Varese, una volta erano circa 200. È ovvio che in questo modo si fa ancora più fatica a trovare “il fenomeno” e, in generale, è sempre più difficile portare i ragazzi al professionismo: io ho corso il Giro d’Italia con una quindicina di varesini, mentre quest’anno ci saranno solo Covi e Ravasi con Oldani che è di Busto Garolfo”.

Tornando alla Eolo-Kometa, che gruppo avete costruito in generale?
“Abbiamo cercato di mettere in piedi una squadra esperta andando sul sicuro con Gavazzi e Belletti, affiancandoli però con giovani come Bais e Fancellu; l’obiettivo è che i “vecchi” trasmettano la loro esperienza ai più piccoli. Direi che è questo il segreto della nostra squadra e abbiamo seguito lo stesso ragionamento nel comporre il gruppo di otto ragazzi da mandare al Giro: Belletti e Gavazzi, per l’appunto, hanno tanti Giri alle spalle e sono una sicurezza in gruppo, ma gli altri sono ancora tutti giovani, incluso Ravasi”.

A proposito di Ravasi, fin dove può arrivare nella classifica generale?
“Onestamente non te lo so dire. Fossi in lui e nel ds Stefano Zanatta non cercherei di puntare alla classifica generale ma proverei a vincere una tappa. In ogni caso sono certo che loro tattiche porteranno a qualche risultato”.

Tra i convocati c’è anche l’ungherese Márton Dina che al Tuor of the Alps ha sfiorato il primo posto nella classifica scalatori; potrebbe tentare il colpaccio della Maglia Azzurra?
“Dina ha fatto molto bene all’ex Giro del Trentino e ha perso la maglia degli scalatori proprio all’ultima giornata. È molto talentuoso, ma non ha esperienza perché pur essendo un classe ’96 è arrivato tardi nel professionismo. Inoltre è la prima volta che compete in un giro di tre settimane e sarà quindi da scoprire giorno dopo giorno: secondo me nemmeno lui conosce i suoi limiti. Può, e glielo auguro, fare molto bene”.

Ci sono delle tappe che la Eolo ha cerchiato in rosso? Giornate in cui si possono ottenere grandi risultati?
“Assolutamente sì e so che hanno individuato quattro o cinque tappe in cui la fuga di giornata ha altissime possibilità di arrivare: sarà compito della Eolo essere presente ad ogni attacco. Per la cronometro inaugurale? Christian viene dalla pista e può quindi fare bene, considerando anche che la distanza è davvero breve, ma dubito che potremo competere per la vittoria”.

Quale sarà invece la tappa decisiva per la vittoria finale? E quindi ti chiedo anche un pronostico secco: chi vincerà il Giro d’Italia?
“Così su due piedi è difficile dire chi vincerà perché ci sono tanti corridori davvero forti che però, come Bernal, Nibali o Evenepoel, arrivano da infortuni seri e ci saranno delle inevitabili incognite relative alla tenuta fisica lungo le tre settimane. Almeida ha fatto tanta esperienza e ha tutte le carte in regola per far bene, così come Yates e molti altri; però ti dico che secondo me chi avrà la Maglia Rosa in cima allo Zoncolan, salvo sorprese, vincerà il Giro”.

Non solo ciclismo perché so che sei anche un tifosissimo del Varese…
“Ahi, tocchiamo un tasto dolente (ride, ndr). Io sono rimasto con il cuore ad una decina d’anni fa e mi dispiace che nelle ultime stagioni i biancorossi abbiano sofferto così tanto. Poi vedere il Como in B… fa male per un tifoso del Varese come me. Comunque mi pare di capire che ora c’è una bella società, anche se purtroppo i risultati non sono dei migliori; di persona non conosco nessuno della dirigenza, ma bisogna far loro i complimenti per aver salvato il Varese. Certo, ora bisogna salvarsi e costruire le basi per puntare alla Serie C l’anno prossimo”.

Calcio e ciclismo, due sport completamente diversi ma che hanno segnato la storia sportiva dell’Italia: a parte la passione dei tifosi ci sono altri elementi in comune?
“Parliamo di due sport storici, popolarissimi in Italia, bellissimi ma che richiedono cuore, sacrificio, impegno e passione. Bisogna essere intransigenti perché se non si segue la vita da atleti non si va da nessuna parte; il calcio ha dalla sua un maggior blasone, ma anche il ciclismo non scherza”.

Riflessione conclusiva: dagli inizi del 2000 ad oggi qual è il livello del ciclismo italiano?
“Negli ultimi anni purtroppo non abbiamo vissuto un trend positivo anche se qualche exploit c’è stato, come ad esempio la vittoria di Bettiol al Giro delle Fiandre. Il problema è che in Italia manca una squadra World Tour e questo fa riflettere: non c’è un vivaio, non ci sono sbocchi e i ragazzi sanno già che per crescere dovranno andare in un team straniero. Io credo che Eolo-Kometa abbia tutte le carte in regola per acquisire questo status: in poco tempo sono già stati fatti passi da gigante e sfrutteremo la vetrina del Giro per dimostrare il nostro valore”.

Matteo Carraro

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