Originario di Vareseda giugno dello scorso anno Nicolò Corcione vive in Svizzera francesePartito dopo la laurea in fisioterapia, lavora in uno studio Bulle e frequenta anche un master in Terapia manuale e fisioterapia muscoloscheletrica presso un’università milanese. Leggermente più tardi rispetto all’Italia, il Coronavirus si è diffuso anche nella vicina Svizzera, dove da qualche settimana sono state adottate diverse misure di contenimento, sebbene la quarantena non possa ancora considerarsi totaleLavoratore, studente e calciatore, Nicolò racconta come questa emergenza ha cambiato la sua quotidianità.

Com’è la situazione in Svizzera?
Siamo arrivati ad oltre 26.000 casi poco più di 1.200 decessi. I cantoni più colpiti sono quelli al confine con la Francia, come il Canton Vaud, il Canton Vallese il Canton Ginevra, ma anche il Canton Ticino, il Canton Berna e il Canton Zurigo. Qui dove mi trovo io, ovvero nel CantoFriburgo, ci sono stati quasi 900 casi, di cui 3 nella mia cittàNelle prime due settimane di quarantena le persone erano p spaventate e uscivano poco di casa, ma già a partire dalla terza settimana si vive questa situazione con più tranquillità. Ad esempio, per girare in città non si usano le mascherinema solo nei luoghi più affollati come i supermercati. Direi che non si percepisce unatmosfera di emergenza perché non ci sono troppe restrizioni e non è stato imposto un vero e proprio confinamento. Infatti si può ancora uscire per una passeggiata o per un po’ di attività fisica e anche andare a fare un’escursione in montagna. L’unica condizione, però, è di evitare gli assembramenti con più di cinque persone. Da questo punto di vista la regola è piuttosto rigida infatti ho sentito al telegiornale che soprattutto nel Canton Vaula polizia ha dato tante multe chi non la rispettava. Per lo scorso weekend di Pasqua le autorità hanno anche cercato di limitare gli spostamenti verso i laghi, visto il bel tempo di questi giorni che invoglia ancor di più la gente a uscire”.

Chtempistiche sono state previste per la quarantenaIl governo ha promosso forme di sostegno alla popolazione?
La Confederazione svizzera ha dichiarato lo stato di emergenza il 16 marzo. Inizialmente la quarantena doveva durare fino al 19 aprile, poi però è stata prolungata di una settimana, fino al 26. ristoranti, i bar i negozi che non vendono beni di prima necessità sono chiusi; per quanto riguarda le scuole, al momento è stata fissata al 30 aprile l’eventuale ripresa delle lezioniSono rimasti aperti solo i supermercati, le farmacie e alcuni negozi di formagge panetterie. Igoverno spera di riuscire a riaprirle attività commerciali il prima possibile, idealmente entro maggio. L’intento è di procedere in modo graduale tenendo sempre monitorate le statistiche su contagi e decessi. Quanto alle misure di sostegno, sono stati messi a disposizione dei sussidi per aiutare i lavoratori indipendenti”.

Com’è cambiata la tua vita a causa di questa emergenza?
Le prime due settimane non sono state facili perché un mio paziente era stato contagiato da un collega tornato da Lodi. Ero abbastanza preoccupato perché questa persona non aveva rifatto il tampone dopo i 14 giorni di quarantena, quindi non sapevo se era guarita o meno. Mentalmente, vivere con questa incertezza mi ha condizionato molto, soprattutto per il fatto di essere qui da solo. È vero che il lavoro e lo studio mi tengono impegnato, però pensieri tornavano sempre al timore di aver contratto il virus. La mia fortuna è di poter sempre contare sull’appoggio della mia famiglia, che in quei momenti mi è stata molto vicina nonostante la distanza. Passati 7-10 giorni senza avvertire sintomi, né febbre né pesantezza al torace, mi sono finalmente tranquillizzato. Dal punto di vista lavorativo, sto risentendo in parte di questa situazione. Allo studio abbiamo ridotto gli orari rimandato tutti gli appuntamenti dei pazienti con casi non acutiIo ora ho solo il turno del pomeriggio in caso di emergenze e capitano giorni in cui lavoro per mezzora o un’ora e torno subito a casaA livello di prevenzione ci stiamo attenendo a una serie di raccomandazioni stilate da unassociazione di fisioterapisticome mantenere la distanza di più di un metro tra una sedia e l’altra in sala d’attesa, disinfettare spesso maniglie, porte e lettini, indossare guanti e mascherine. Quanto all’aspetto economico, da inizio aprile non percepiamo più lo stipendio intero, ma la Confederazione sta cercando di venire incontro alle professioni come la nostra”.

Avevi in programma di tornare in Italia?
Sì, volevo tornare qualche giorno per Pasqua. Avrei potuto farlo ma ho preferito non rischiare, sia per me che per la mia famiglia, visto che per lavoro vengo a contatto con tanti pazienti di cui non conosco la situazione. In realtà, però, sarei dovuto rientrare anche prima, sia a marzo che a aprile, per seguire le lezioni del master, annullate come in tutte le università”.

Quali le ripercussioni del Covid sul mondo del calcioQuando si è fermato il tuo campionato?
Noi dilettanti avremmo dovuto ricominciare il girone di ritorno il 15 marzo. Con la mia squadra, Fc La Tour/Le Pâquier, avevamo in programma l’allenamento di rifinitura sabato 14, ma proprio quel giorno è stato annunciato lo stop. Per quanto riguarda i professionisti, la Super League era già stata fermata a fine febbraio e sembra che presidenti delle squadre vogliano riprendere la stagione e portarla a termine, anche a porte chiuse se necessario. Tutto, però, dipenderà dall’evolversi della situazione nelle prossime settimane, quindi non è stato ancora stabilito un limite di tempo entro il quale ricominciare, e vale altrettanto per i campionati amatorialiProbabilmente a fine aprile sapremo se potremo effettivamente riprendere e in quel caso il campionato potrebbe protrarsi fino a inizio luglio, ma non c’è ancora nullo di sicuroSecondo me sarebbe più opportuno sospendere tutto, senza promozioni né retrocessioni, e aspettare direttamente la prossima stagione. Per ripartire dopo una pausa così lunga servirebbe una preparazione intensa, ma a livello fisico non saremmo veramente pronti e non varrebbe molto la pena giocare 12 partite ravvicinate in 2 mesi. A me ovviamente dispiacerebbe non concludere il campionato, anche perché la mia squadra aveva finito il girone di andata in terza posizione a un punto dalla seconda e sei dalla capolista, quindi potevamo giocarcela per salire di categoria. Ma in questo momento la salute è più importante ed è meglio pensare a rispettare le norme”.

Dopo i tuoi trascorsi con la Besnatese, quanto ti manca la tua vecchia squadra e in generale il calcio italiano?
Ho ricordi molto belli della BesnateseSi era creato un gruppo molto affiatato e mi trovavo benissimo con i miei compagni. Mi manca l’ambiente di festa e familiarità che c’era a Besnate, ad esempio ridere e scherzare a fine allenamento con gli addetti ai lavori e gli accompagnatori. Riguardo al tipo di calcio, non ho trovato particolari differenze tra il campionato svizzero e quello italiano. Forse qui il gioco è più fisico e meno tattico-tecnico e i ritmi sono un po’ più intensi. In Italia, però, il livello è leggermente più alto e ci sono giocatori più esperti che magari hanno alle spalle una carriera in categorie superiori”.

 Silvia Alabardi