Negli ultimi giorni la Danimarca è balzata agli onori delle cronache perchè sono stati abbattuti milioni di visoni per bloccare la diffusione di una mutazione del Covid-19 che si trasmette da questi animali da pelliccia agli uomini e che potrebbe potenzialmente mettere a rischio anche l’efficacia del futuro vaccino. Il governo ha inoltre imposto il lockdown ad alcune regioni del nord del Paese in cui sono più numerosi gli allevamenti e in cui si sono registrati alcuni casi di persone contagiate da questa nuova variazione del Covid.
Chi si trova in Danimarca, ma a Copenaghen, ben lontano quindi da queste zone considerate più a rischio, è Matteo Marocco, 27enne figlio del nostro direttore Michele. Da più di un anno si trova nella capitale danese insieme alla moglie Claire, conosciuta a Parigi e originaria di una cittadina vicina a Boston, negli USA.

A distanza di qualche mese dall’ultima intervista, l’Italia si trova di nuovo alle prese con il Coronavirus e si paventa all’orizzonte un nuovo lockdown nazionale. In Danimarca com’è la situazione?
“Fortunatamente facciamo ancora parte di quella porzione d’Europa molto fortunata e colpita solo in piccola parte da questa epidemia mondiale. Rispetto alla scorsa primavera, si registra qualche caso in più, ma nulla a che vedere con quello che si vive in Italia, ad esempio. Il numero totale di casi, di decessi e di persone ospedalizzate è di gran lunga più basso e la situazione è decisamente più tranquilla. Ultimamente le regioni del nord del Paese sono state chiuse per precauzione a causa della vicenda dei visoni, ma non si respira aria di paura”.

Perché, secondo te, la Danimarca è meno “presa di mira” dal virus?
“La Danimarca ha una densità abitativa molto bassa. Le città sono grandi, gli spazi ampi e non c’è mai caos né assembramento, due fattori di rischio per la diffusione del virus. Lo Stato ha chiuso le frontiere e i turisti in questo momento non possono entrare nel Paese. Inoltre, devo dire che i cittadini sono piuttosto rispettosi delle regole e nello stesso tempo anche meno spaventati. I danesi per mentalità non sono ansiosi e non sono nemmeno abituati a dover affrontare qualcosa di grave e di pericoloso”.

La situazione sanitaria è dunque sotto controllo. Che provvedimenti ha imposto però lo Stato per evitare il peggio?
“E’ obbligatorio indossare la mascherina nei luoghi pubblici al chiuso e non si possono ospitare in casa più di 10 persone insieme. Tutti i negozi, le attività e le scuole, tuttavia, sono aperte regolarmente e non è in vigore il coprifuoco. L’unica vera restrizione riguarda i bar, i ristoranti e i locali che devono chiudere alle ore 22, ma non è un grandissimo problema anche perchè qui non esiste l’aperitivo si cena davvero presto rispetto all’Italia: attorno alle ore 17 o alle 18 si mangia già”.

Tu lavori in una caffetteria/bakery/ristorante. Che cosa è cambiato per te in questi mesi?
“Sono stato messo in cassa integrazione per un mese durante la scorsa primavera, ma lo Stato mi ha pagato l’80% del mio stipendio e non è stato un problema. Terminata la fase più acuta, i proprietari mi hanno richiamato e ho ripreso il lavoro. Anzi, l’ho fatto con un ruolo diverso e migliore: da un paio di mesi, infatti, sono assistant manager, ovvero ho più responsabilità e coordino uno staff di 5-6 persone. Alla Mirabelle Bakery facciamo colazioni, pause-pranzo, cene, siamo una caffetteria e panetteria e siamo aperti dalle 7 alle 22 tutti i giorni tranne il lunedì e il martedì. In questo periodo la direzione ha deciso così. Tutti abbiamo le mascherine e devo dire che lavoriamo bene, non ci possiamo lamentare. Di ulteriori chiusure o nuove limitazioni qui non se ne parla”.

Tua moglie Claire studia e lavora. La sua vita come si è modificata?
“Sta frequentando un master in Architettura e Business e va regolarmente in università dove l’unico obbligo è quello di indossare la mascherina. Nel frattempo, lavora per un’agenzia che studia progetti sperimentali per Ikea e continua la sua attività in smart working. Durante l’estate ha ripreso ad andare in ufficio di persona, ma ora da più di un mese lavora solo da casa”.

Natale si avvicina. Avete in programma di venire in Italia o andare negli USA? Potreste?
“Abbiamo comprato i biglietti per trascorrere il Natale dai miei parenti in Italia, ma non so se verremo davvero. Al mio ritorno, per ricominciare a lavorare dovrei fare un tampone, aspettare il risultato e poi ripetere il tampone dopo 4 giorni; se risultassi sempre negativo potrei tornare alla Mirabelle Bakery, altrimenti no e sarebbe un problema. I test in Danimarca sono gratuiti, su prenotazione e vengono fatti all’aria aperta, tipo nei parcheggi dei supermercati. Il risultato arriva puntualmente entro 48 ore”.

Ormai è più di un anno che vivete a Copenaghen. Come vi trovate?
“E’ una bella città e, anche grazie al mio lavoro e ai compagni di università di Claire, negli ultimi tempi abbiamo iniziato nuove amicizie e nuovi rapporti. Usciamo spesso a cena, ci troviamo bene e ci piace vivere qui. Io ho iniziato nuovamente anche a giocare a calcio con alcuni amici, lo facciamo in un campetto all’aperto. Stiamo bene, siamo felici”.

Laura Paganini

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