Il vasto universo sportivo è in continua evoluzione. Tra continui cambi nei regolamenti e utilizzo sempre più massivo della tecnologia, lo sport vive di progressi giornalieri. Usufruendo di strumenti elettronici e informatici, risulta quindi necessario formare figure di riferimento che possano operare in un ambito così specifico. Nel caso particolare del calcio, una delle mansioni emerse maggiormente negli ultimi anni è quella del video analista tattico, o match analyst. Questo ruolo affonda le proprie radici nella seconda metà del Novecento, quando si iniziò a intuire l’importanza di effettuare studi mirati sul gioco, raccogliendo e classificando le informazioni all’interno di appositi database. Col passare degli anni, il movimento calcistico professionistico ha avvertito sempre più il bisogno di affiancarsi alla tecnologia, riconoscendo a pieno titolo la funzione del video analista. In Italia, la FIGC ha conferito l’abilitazione ufficiale a questa figura nel 2014. 
Ma di cosa si occupa concretamente un match analyst? Come e quando svolge il proprio lavoro? Perché la sua funzione è diventata indispensabile? A spiegarlo è Giuseppe Puleo, allenatore degli Allievi Provinciali Under 16 e video analista per la Varesina Calcio.

Quale definizione può spiegare questa mansione?
“È la stessa domanda che ci fecero durante il corso a Coverciano. La video analisi rappresenta lo studio oggettivo delle prestazioni di una squadra o di un singolo giocatore, effettuato mediante moderni strumenti tecnologici adibiti all’osservazione e alla rilevazione di dati. Le valutazioni fanno riferimento alle performance del proprio team o quelle di una società avversaria. Stesso discorso vale per calciatori, specifici reparti e altro ancora. A questa spiegazione tecnica, io però ne preferisco un’altra, che secondo me rende meglio l’idea”.

Quale sarebbe?
“Potremmo dire che la video analisi ha l’obiettivo di dimostrare in maniera significativa ciò che sfugge agli occhi del tifoso. Serve a svelare quei particolari frangenti che nel corso di una partita possono passare sotto traccia per vari motivi. Magari per via di un offuscamento generato dalle emozioni o da una partecipazione passiva al gioco. Attraverso un’attività come questa, si può intuire quanto i dettagli facciano la differenza, aldilà dei semplici risultati che compaiono sui tabellini. Il match analyst ha il dovere di essere distaccato, valutando l’andamento dei novanta minuti in maniera asettica e imparziale”.

Restiamo sui dettagli: un esempio dei dati che siete in grado di ricavare da una partita?
“È fondamentale saper leggere lo spartito del match, individuando le chiavi tattiche scelte dai tecnici. Altre osservazioni possono riguardare il numero totale di passaggi e tiri in porta effettuati, di dribbling tentati, di chiusure difensive messe a segno, di chilometri percorsi e molto altro. Da tutte queste statistiche è possibile ricavare dei risultati finali, che permettono ad un allenatore di capire pregi  e difetti della propria squadra e di quella avversaria”. 

Com’è nata questa figura? E quando?
“In Europa le prime analisi si facevano già nel secolo scorso, specie in Inghilterra. Il primo che introdusse l’uso dei computer applicati al calcio fu Valerij Lobanovskyj, storico allenatore della Dinamo Kiev e della nazionale sovietica a cavallo degli anni ’70 e ’80. Uno dei precursori in Italia fu Arrigo Sacchi. Durante il suo periodo milanista, infatti, seppe sfruttare le apparecchiature e le telecamere messe a disposizione dal presidente Silvio Berlusconi, attraverso Fininvest. Chi però ha saputo incarnare a pieno titolo il ruolo di match analyst è stato Adriano Bacconi, colui che ha creato questa posizione nel nostro paese”.

Di quali strumenti si avvale un video analista? 
“Gli strumenti principali sono sicuramente la telecamera e il computer. Con la prima si fanno le riprese della partita dalla tribuna, con il secondo poi si effettua tutta l’opera di analisi. È fondamentale avvalersi di una strumentazione professionale per ottenere risultati soddisfacenti. La videocamera deve possedere una risoluzione, uno zoom e una dinamica tali da offrire sempre un’immagine quanto più nitida e precisa possibile. Stesso discorso per il PC, che necessita di una grande memoria interna e di un processore ad alte prestazioni. Infine, mi servo di alcune applicazioni specifiche, studiate appositamente per questa mansione”.

Come svolgi questo lavoro?
“Una volta fatte le riprese durante il weekend, il lunedì inizio a lavorare nell’ufficio di casa mia. Innanzitutto, raccolgo tutte le informazioni di cui ho bisogno: dati tattici, tecnici e fisici, statistiche sulla squadra e sui giocatori, eventuali infortuni, squalifiche e molto altro. Una volta fatta questa ricerca certosina, può iniziare l’osservazione. Attraverso speciali software dedicati come VideoMatch, parte lo studio della partita, esaminando tutti quegli aspetti che ritengo essenziali. Ad esempio l’assetto tattico, il tipo di costruzione dell’azione, passaggi effettuati e passaggi chiave, tiri in porta e calcolo degli expected goals, ovvero la probabilità che ha un determinato tiro di tramutarsi in un gol realizzato. Potrei andare molto avanti, ma è meglio fermarsi qui. Una volta terminata questa operazione, passo poi alla fase di taglio e montaggio del video. L’obiettivo è quello di presentare a mister Spilli circa 20-30 minuti di filmato esplicativo. Per realizzare un prodotto del genere ci vogliono almeno otto ore, se non di più”.

Come ti sei avvicinato a questo ruolo?
“Come dissi tempo fa in un’altra intervista, durante il mio periodo come agente di polizia in Valle D’Aosta, ho avuto modo di approcciarmi al ruolo di allenatore, finché è diventato il mio lavoro. Perciò la base da cui partire c’era: sono sempre stato appassionato di tattica e di tutto il contorno annesso. Il mio avvicinamento alla video analisi, però, è avvenuto per caso”.

In che senso? 
“Un sabato pomeriggio di fine giugno del 2019, mentre ero al lavoro a Malpensa, mi sono collegato sul sito della FIGC per vedere se erano attivi i corsi per conseguire i patentini UEFA. Fortuitamente, mi accorgo che ad essere aperte erano invece le iscrizioni per partecipare al corso abilitante di match analyst. Incuriosito, decido di chiamare a Coverciano per chiedere informazioni. La signorina al telefono mi fa presente che il termine ultimo per presentare le domande era fissato per il lunedì successivo e che qualora avessi voluto spedire i documenti, non sarebbero arrivati in tempo. Inoltre, si erano già fatte avanti oltre mille persone, nonostante i posti in palio erano solo poche decine. Io però non mi sono lasciato abbattere da quelle parole. Così ho deciso di terminare il mio turno lavorativo e di partire immediatamente per consegnare il malloppo a mano. Andata e ritorno in giornata, non volevo perdere quell’occasione”.

Com’è andata a finire la vicenda? Se sei riuscito a diplomarti, immagino sia andato tutto per il verso giusto.
“È così. Mi sono presentato all’esame di selezione come un vero e proprio outsider, eppure sono riuscito a superare il test con il massimo dei voti. Mi ritrovai al corso con personaggi del calibro di Andrea BarzagliGiulio MigliaccioRenzo Ulivieri e molti altri. Ricordo nitidamente la prima lezione, che emozione! L’ospite d’onore era l’ex CT della Nazionale Cesare Prandelli, mentre il relatore era Antonio Gagliardi, video analista della Juventus. Proprio quest’ultimo chiese a tutti i partecipanti di alzarsi in piedi e presentarsi pubblicamente ai vari compagni. Quando arrivò il mio turno, scattai in piedi e dissi: “Giuseppe Puleo, agente di polizia”. La situazione si fece surreale, tra chi rimase incredulo e chi invece non smetteva di ridere. Apprezzarono il coraggio e di questo ne sono felice, anche perché poi sono rimasto in ottimi rapporti con ognuno di loro. Conseguire il diploma come match analyst è stato un grande orgoglio per me. Sono arrivato in maniera rocambolesca, senza l’appoggio di nessuno, ma nonostante questo ho ottenuto grandi risultati”.

E dopo la positiva esperienza all’Arsaghese, arriva l’attesa chiamata dalla Varesina, dove tuttora alleni e ti occupi di video analisi. Oltre a queste due squadre, hai avuto modo di collaborare con altre società?
“L’occasione per prestare servizio esterno ad altri club c’è stata, specie dalla Spagna, ma mi è sempre stato imposto l’anonimato. Non capisco il motivo di tale scelta, poiché a me piacerebbe poter mostrare il lavoro svolto. Sarebbe utile poter confrontare le diverse realtà, eppure non posso. È come se fossi un agente segreto”.

Quali obiettivi ti sei posto per il futuro?
“Il difficile periodo che stiamo vivendo non ci permette di fare voli pindarici. Io, nel mio piccolo, cerco di studiare e di migliorarmi giorno dopo giorno. Lo scopo è quello di riuscire a dare un contributo importante alla Varesina, sia in veste di allenatore degli Allievi che di match analyst. Ripongo speranza nel 2021, affinché possa essere un anno ricco di soddisfazioni per tutti”.

Dario Primerano

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