Al diavolo la retorica. Contro il logorio della vita moderna (e della contingenza pandemica), meglio avere le idee chiare. Dotazione certamente in uso a Sandro Turotti. A scanso di equivoci, il DS biancoblu lascia sfogliare la margherita ad altri privilegiando invece il nocciolo della questione: “Siamo parte di un sistema. Per come è strutturato, se riparte la A, deve farlo anche la C”.

Nell’ultima assemblea di Lega Pro, la maggioranza dei club sembrava però orientata in direzione opposta…
“Intanto l’assemblea non ha competenza su quel tipo di scelta. Può proporre. Ma le decisioni vengono prese a livello federale. Poi sa cosa le dico? Che dobbiamo andare oltre il solito discorso su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. E’ fuorviante. Chiaro che la logica suggerirebbe di fermarsi qui. Ma il sistema calcio deve adottare risposte comuni. Il nostro status è quello di professionisti. Come la Serie A. Quindi è inutile fare i perbenisti o appellarsi a questioni di principio. Sono perfettamente d’accordo con quanto ha detto Galliani. Il calcio produce tanto. In termini commerciali, televisivi ecc. Chi ha acquisito i diritti per questa stagione paga solo se ci sono le partite. Senza le ultime rate delle TV il sistema non regge. Soprattutto perché molti club hanno già speso quei soldi prima ancora che arrivino. E anche se il discorso riguarda Serie A e B, a cascata pure la Serie C ne pagherebbe le conseguenze. Quindi…”.

…quindi chiudere ad ogni costo i campionati andando anche oltre l’estate, magari fino ad ottobre?
“Se necessario certamente. Molte società sono state perentorie. In caso di mancata promozione o di retrocessione a stagione monca, scatterebbero ricorsi che bloccherebbero l’esito dei campionati per mesi. Un rischio che non possiamo correre. Poi sento della possibilità di allargare le serie per congelare le retrocessioni. Ma, mi chiedo, nei prossimi anni la torta dei ricavi si ridurrà e noi aumentiamo le squadre che se la devono dividere? Mi sembra paradossale”.

Uno dei temi sul tavolo è la proposta fatta da Gravina di una C èlite a 20 squadre e di una sorta di amarcord della C2 con 40 club semiprofessionistici. Uno scenario plausibile?
“Credo che sia prematuro parlarne. Oggi vanno date altre risposte. Ripartiamo dalle ragioni dello sciopero fatto a dicembre. In prima battuta defiscalizzazione, contratti di apprendistato e altro ancora. Queste sono le priorità. Tra l’altro, il format che prevede uno spacchettamento tra professionisti e semiprofessionisti necessiterebbe di una nuova legge. Non mi sembra un tema di stretta attualità”.

Serie C a rischio default?
“C’è il nodo dei costi, quello della sostenibilità del sistema. Nell’ultimo decreto governativo non ci sono fondi specifici per il calcio. Significa che bisogna reagire da sistema. Se si riprende a porte chiuse, verranno a mancare anche i piccoli introiti del botteghino. Restano i contributi federali. Ma con questa crisi bisognerà capire se e come verranno confermati. Per questo sostengo che il mondo del calcio non può andare in ordine sparso. Se la A prosegue la stagione, non possiamo che fare altrettanto”.      

Parlando con il capitano Riccardo Colombo è emerso che sul fronte stipendi vi siete aggiornati più là. Corretto?
“Con lo slittamento a giugno delle mensilità maturate durante il blocco è inutile parlarne adesso. Dico solo che nella nostra rosa praticamente tutti i giocatori sono sotto la soglia proposta per la Cassa Integrazione Guadagni. L’obiettivo è quello di integrarla con il potenziale fondo di solidarietà e arrivare vicino all’80% della Cassa Integrazione in Deroga”.

Capitolo allenamenti. Possibile riprenderli in sicurezza dopo il 4 maggio come preannunciato dal ministro Spadafora?
“Ho letto il vademecum dei medici. Credo che sia economicamente improponibile per la Serie C. Possiamo allenarci a porte chiuse allo stadio. Ma poi i ragazzi vanno a casa ogni sera. Impossibile o troppo oneroso fare certi controlli come il tampone a tutti ogni 4 giorni. Magazzinieri e staff compresi, s’intende. In questo momento comanda il virus. Non abbiamo il dominio della situazione. Ma se le condizioni saranno ancora queste tra un mese, allora sarà davvero difficile riprendere”.

Pro Patria significa Patrizia Testa. Sempre più punto di riferimento in questo momento di crisi?
“E’ una donna caparbia. E non è certo una che molla. Ma è anche molto preoccupata per il futuro. Sente la responsabilità di gestire un club come la Pro Patria. Stiamo vivendo una fase delicatissima. In C i presidenti sono una risorsa da difendere”.          

Giovanni Castiglioni