Una grande preoccupazione accomuna le società sportive in questi tempi difficili: come affrontare il futuro dopo un’emergenza che sta letteralmente mettendo in ginocchio piccole e grandi realtà? La speranza è che lo sport possa presto tornare nelle nostre vite, per la gioia di giocatori, tifosi e della fitta rete di dirigenti e collaboratori che lavorano instancabilmente e con passione al servizio della propria squadra. Marco Dallo, direttore sportivo del Morazzone, espone il suo punto di vista in questa attenta analisi economica dell’attuale situazione del settore giovanile.

In casa Morazzone sarebbe fattibile l’opzione dei voucher come rimborso per le quote della prossima stagione?
“Ci interesserebbe relativamente perché l’ultima rata del trimestre marzo-aprile-maggio era stata pagata solo dal 35% dei genitori, quindi un eventuale pacchetto voucher riguarderebbe solo una minima parte degli iscritti. Ci troviamo in una situazione drammatica perché le nostre rette sono davvero esigue e fare sport con noi ha un costo di appena due euro all’ora, con cui la società deve far fronte a utenze, manutenzioni, tesseramenti, materiale per gli allenamenti, più le spese amministrative chieste dallo Stato, come la PEC, l’iter per la privacy, la parcella del commercialista. Oltretutto quest’anno abbiamo investito nella ristrutturazione dell’impianto e questa emergenza ci ha privato delle entrate dei mesi primaverili, che normalmente ci consentono di affrontare serenamente il successivo periodo invernale. Se non abbiamo potuto offrire un servizio per il quale abbiamo incassato è naturale e logico che verremo incontro ai genitori, senza dimenticare, però, che oggi una società di calcio non è nelle condizioni di vivere solo delle rette, soprattutto se sono così basse come nel nostro caso. Quello che mi aspetto è che ci sia solidarietà da entrambi i lati e che società e famiglie possano darsi una mano a vicenda. A mio avviso il governo, invece di pensare ai voucher, dovrebbe trovare un altro modo per compensare le situazioni createsi, ad esempio permettendo ai genitori di scaricare quanto pagato con un iper ammortamento. Penso, però, che le nostre piccole realtà saranno l’ultima preoccupazione dello Stato e se il sostegno non arriverà dall’alto potremo forse chiederlo a chi ci è più vicino, ad esempio al comune, ma non so in che modo potrebbe venirci incontro dal punto di vista gestionale”.

Economicamente come vi state regolando con allenatori e staff?
“Siamo in contatto con i nostri collaboratori, ma al momento non abbiamo particolari accordi perché non avendo ricevuto il pagamento delle rette non siamo nelle condizioni di avere altre uscite, quindi ci siamo presi del tempo per capire come si ripartirà. Se si potrà organizzare il camp estivo avremo i margini per aiutare il nostro staff, altrimenti sarà la società stessa ad aver bisogno di aiuto”.

Infatti Morazzello è ben noto per ospitare il Milan Camp in estate.
“Sicuramente le date di giugno non potremo rispettarle. La situazione è molto seria perché i tornei sono un aiuto economico importante grazie alla maggiore affluenza dei genitori e anche il camp estivo è un’ottima opportunità, oltre ad avere un ruolo socialmente utile. Ad oggi, invece, non sappiamo se riusciremo a organizzarlo. A ogni modo, se ad agosto potremo lavorare non ci tireremo indietro, non solo per riprenderci dal dissesto economico ma anche e soprattutto per i ragazzi, che hanno bisogno di svagarsi in sicurezza e di rimettersi in attività per la prossima stagione”.

Pensando a una ripresa a settembre, quali sono le prospettive per il futuro?
“La cosa più strana è che non si hanno ancora certezze per la stagione passata, quindi finché non verrà messo il punto finale al campionato 2019-2020 non si potrà parlare del 2020-2021. Al momento non sappiamo con quali budget vivremo l’anno prossimo e sfido chiunque ad avere idee chiare per il futuro. La volontà di far bene è intatta, ma a quali condizioni potremo lavorare? Il governo dovrebbe dire in che modo potremo riaprire gli impianti sportivi. Se sarà necessario sanificare gli ambienti dopo ogni allenamento, cosa impensabile già in Lega Pro, non riusciremo a sopravvivere. Ora ragionare a lungo termine è prematuro e probabilmente per la prossima stagione dovremo valutarel’opzione di un finanziamento per coprire eventuali iscrizioni. Viviamo questo momento con particolare disagio perché per anni abbiamo lavorato di programmazione e ora non si può fare altro che vivere di settimana in settimana, se non alla giornata”.

Il problema è anche la troppa confusione di questo periodo. Cosa pensa al riguardo?
“Penso che a furia di procrastinare rischiamo di non poterci nemmeno preparare per la ripresa. Quando arriveremo agiugno l’ipotetico inizio della prossima stagione sarà alle porte e come si potrebbe ripartire dopo quattro mesi di inattività totale? Stiamo sfiorando il ridicolo, quando con un protocollo dall’alto si potrebbe fare sport in sicurezza. Tornare a giocare a calcio come prima sarebbe sicuramente impossibile, ma quanto meno ci potremmo adattare per dare ai ragazzi e alle loro famiglie una valvola di sfogo e un messaggio di speranza per il futuro. Io sono a favore di piccole sessioni di allenamento gestite, con le dovute cautele, in modo da farsi trovare pronti. Il calcio dopotutto non è esclusivamente uno sport di contatto, ma include anche un lavoro tecnico e motorio. Ad esempio, ci si potrebbe allenare senza partitelle né uno contro uno, con gruppi di al massimo cinque ragazzi. Non mi sembra una prospettiva senza senso, ma il governo probabilmente non si fida e non ha capito che al di sotto della serie B c’è un enorme tessuto di società che stanno rischiando tantissimo. Un altro problema è che oggi lo sport in generale, anche alla distanza di sicurezza di due metri, è vissuto come un’attività fuori legge e qualsiasi forma di aggregazione è bandita. Trovo assurdo che non ci si possa allenare all’interno di strutture a porte chiuse, controllate dall’amministrazione comunale, ma che individualmente si possa andare a correre al parco, dove si potrebbe comunque venire a contatto con unapersona infetta e asintomatica. Si dovrebbe riprendere a piccoli passi per dare un segnale minimo di distensione e fiducia, invece continuando con questo immobilismo diventerà davvero complicato ripartire, e non parlo solo del calcio”.

Silvia Alabardi

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