Parlando con Guido Saibene si rimane piacevolmente stupiti dalla carica e dalla voglia di fare del nuovo coach gialloblu. Un fiume di parole che vorrebbero quasi che la stagione iniziasse già domani per mettere a terra i tanti progetti della sua nuova avventura in maglia Robur. “Già qualche anno fa ci fu un abboccamento con Tessarolo, ma poi non se ne fece nulla. C’era ancora mio cugino e per me sarebbe stato un onere nonchè un onore molto gravoso allenare la Robur – l’incipit di Saibene -. Quest’anno è tornato in auge il mio nome e penso mi abbiano scelto per il lavoro che ho svolto coi ragazzi nell’ambito del settore giovanile che, in fondo, penso sia la base per ogni attività. Ritengo che la cura del settore giovanile sia la base per un club e lo dimostrano anche le scelte fatte da Pallacanestro Varese e la direzione che vuole intraprendere nuovamente la Robur”.

Hai già parlato di Gianni Asti. E’ una sottile linea rossa quella che ti collega a lui e a un nuovo corso che vuole riscoprire l’essere e l’identità roburina.
“Ho avuto la fortuna di impararlo da ragazzino quando seguivo Gianni a San Vittore: si parlava tanto di basket, ma ho anche appreso il suo spirito e il suo modo di lavorare. Penso, senza voler essere irrispettoso, di conoscere il famoso spirito Robur di più di tanti che abitano a Varese. Ho avuto la fortuna di vedere la società dell’oratorio che ha vinto tre titoli juniores ed è arrivata fino alla serie A dove ha avuto una stagione sfortunata con l’infortunio dell’americano che, a quei tempi, non poteva essere sostituito. Però, da quella squadra nacque quel magnifico complesso che è il centro Robur. Ovviamente io non sono Gianni Asti, ma ho imparato che non bisogna cercare di essere le brutte copie di qualcun altro. Quella che abbiamo in mano è una eredità non da poco all’interno di una società nata nel 1902 che tutt’ora esiste e non è fallita come accaduto ad altre realtà. La Robur ha forgiato giocatori che hanno fatto la storia del nostro sport e ha un allenatore nella hall of fame: la storia non va dimenticata”.

Nei tuoi progetti, che Robur sarà?
“Abbiamo scelto una filosofia semplice nella sua costruzione. Innanzitutto, i ritorni qui a Varese di giocatori che erano fuori città penso siano una cosa positiva, poi ci sono i ragazzi del nostro vivaio. Abbiamo cercato di dare un forte senso di appartenenza alla città senza volerci rapportare ad altre società di serie B. Anzi, onestamente non so dirti che tipo di campionato sarà, ma noi cercheremo di recuperare questa identità roburina e varesina”.

Negli ultimi tre anni sei stato a capo di un importante progetto in Regione.
“Penso che la cosa più bella sia stata che in Regione si sia pensato ad avere una figura dedicata a tempo pieno al settore giovanile. Merito del Presidente Mattioli in primis che è stato l’autore di questa scelta e di Bellondi poi che ha proseguito in questa direzione. In questi giorni ho avuto riscontri da tante società dopo che han saputo che lasciavo l’incarico per la Robur e questo è un segnale che abbiamo lavorato bene. Prendersi cura dei giovani non è mai un errore”.

Dopo questo periodo lontano dal ritmo settimanale, quali sono le tue aspettative nel tornare con una squadra senior?
“Diciamo che non sono certo preoccupato per tornare a ritmi più intensi. Sono teso perchè voglio cercare di contribuire, insieme alle altre persone dello staff, a dare il massimo per questa società, a creare una cultura dello stare in campo, dello stare insieme. Ci vorrà tempo e pazienza”.

Matteo Gallo

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