Con le Strade Bianche di ieri e il trionfo del belga Wout van Aert sul traguardo di Piazza del Campo a Siena è ufficialmente ripartita la stagione ciclistica dell’UCI. A livello professionistico si cerca dunque di tornare alla normalità, ma il discorso si complica nel momento in cui si parla di dilettanti. A fare il punto della situazione è Massimo Rossetti, presidente del Comitato Provinciale di Varese della Federazione Ciclistica Italiana: “Dopo lo stop forzato a causa del Coronavirus, da circa tre settimane si è ricominciato a fare qualcosa: le categorie giovanili sono ripartite con qualche cronometro e gare in centri chiusi, ad esempio negli autodromi. Purtroppo per Varese i mesi di agosto e settembre non sono mai stati ricchi di gare in situazioni normali, per cui attualmente ricominciare è davvero difficile. Fino a un mese fa pensavo che Giovanissimi, Esordienti, Allievi e Juniores non ripartissero più; già il fatto che in altre regioni si sono tenute delle gare è positivo”.

Che effetti ha avuto il Covid-19 su questo sport dal punto di vista economico?
“Ha avuto effetti devastanti perché la chiusura di tutte le attività ha influito negativamente sulle casse di chi dava contributi alle società ciclistiche. Queste aziende si trovano attualmente in difficoltà in quanto devono affrontare le difficili conseguenze della ripartenza, e quindi le sponsorizzazioni vengono a mancare sia nel ciclismo sia in altri sport”.

Come cambia d’ora in avanti il modo di fare ciclismo?
“Sono contento che lo sport sia ripartito, ma ora è tutto molto più complicato. Basti pensare che con i nuovi protocolli i luoghi della gara vengono divisi in tre zone, la cui gestione implica un consistente dispiego di personale ed energie. La zona bianca è quella più esterna rispetto al punto di partenza e/o arrivo e permette l’accesso, da un unico punto, alla zona gialla: per entrarvi è necessario avere un’autocertificazione e farsi provare la febbre, per poi ricevere un braccialetto che certifichi tali controlli. Solo a questo punto si può raggiungere la zona verde, dove si trovano giudici, atleti e addetti ai lavori. Per questo motivo le prime gare si sono svolte in autodromi che, da questo punto di vista, sono più gestibili. Ne è un esempio la competizione avuta una quindicina di gironi fa in un autodromo di Imola, e lo sarà quella di martedì a Monza, cui parteciperanno praticamente tutte le categorie”.

A fine dicembre il Comitato Provinciale di Varese contava 53 società affiliate per un totale di 1827 tesserati, di cui 1178 atleti; per la fine del 2020 dobbiamo aspettarci un calo di questi numeri?
“Premetto che le società sono aumentate a 56, mentre attualmente abbiamo 1636 tesserati. Un leggero calo è preventivabile perché non facendo attività è difficile raggiungere il numero della scorsa stagione. Bisogna considerare che le adesioni riguardano principalmente i mesi da marzo a ottobre, e inevitabilmente quest’anno, per cause di forza maggiore, non si è potuta avere la classica regolarità”.

Lei ricopre l’incarico di presidente dal 2012; un commento sulla sua gestione?
“Non lo dico per vantarmi, ma direi che è stata positiva. Nel 2012 c’erano 51 società affiliate e 1400 tesserati, per cui c’è stata una buona crescita. In più abbiamo riscontrato ottimi risultati anche dal punto di vista organizzativo e gestionale, perché grazie al lavoro delle nostre società siamo riusciti a  portare a Varese tanti campionati italiani, cosa che mancava dal 1998, come quelli delle Donne Élite, delle Donne Juniores e degli Under23. Abbiamo anche avuto tante gare importanti, oltre alle classiche, come ad esempio la Tre Valli Varesine”.

A livello professionistico cosa dobbiamo aspettarci da questa (strana) stagione, alla luce anche di un calendario decisamente affollato?
“L’importante era ripartire, poi per quanto riguarda le aspettative è difficile parlare, anche perché ci saranno tante gare ad agosto, con un caldo torrido. Ogni corridore, soprattutto i big, dovrà decidere insieme al suo team quali gare disputare e inevitabilmente bisognerà fare dei tagli: non vedremo al Giro d’Italia atleti che avremmo visto in una stagione regolare, dato che la Corsa Rosa si accavalla a tre classiche monumento e ad altre corse storiche. Giro d’Italia snobbato? Il margine di manovra non era ampio, ma sicuramente la collocazione a ottobre non è delle più felici dato che, ad esempio, ci sarà l’altissimo rischio di trovare la neve sulle montagne. In ogni caso l’UCI ha deciso così e, consapevoli di tutto quanto avvenuto, è giusto accettare la scelta”.

In questa ripartenza Varese sarà protagonista con il Gran Trittico Lombardo, al quale parteciperanno grandi campioni; cosa significa questa gara per la Città-Giardino?
“Significa molto perché Varese e il ciclismo sono strettamente connessi. È una gara nuova solo sulla carta, dato che il percorso ricalca di fatto le strade classiche della Agostoni, della Bernocchi e della Tre Valli. Solitamente le tre corse si tenevano dopo ferragosto, per cui a livello di temperature cambia poco; in ogni caso mi aspetto una bella gara combattuta che darà lustro sia ai partecipanti sia alla città. Non sono strettamente in contatto con la Società Binda, ma immagino che l’impegno profuso nell’organizzazione sia triplicato”.

Invece per quanto riguarda le altre gare del varesotto cosa dobbiamo aspettarci?
“Attualmente non abbiamo corse confermate a livello giovanile. Come ho detto prima, tradizionalmente questi mesi non sono affollati a livello giovanile, a settembre credo ci fossero sette o otto gare, e alcune società non sono in grado di gestire tutti i protocolli di sicurezza necessari. Forse la Binda e la Cycling Sport Promotion sono le più accreditate per organizzare qualcosa, ma non è semplice. Sarebbe bello, anche se sono molto dubbioso; riuscire ad avere almeno un paio di corse sarebbe già un successo”.

Per concludere una riflessione sul futuro. Il ciclismo è uno sport storico per l’Italia, e Varese ha una splendida tradizione ciclistica; quanto è importante far sì che sempre più giovani si appassionino a questo sport? E quante possibilità ci sono di far emergere, sul panorama nazionale e internazionale, nuovi talenti varesini?
“Bisognerebbe essere un mago per rispondere con certezza. Sicuramente qualche ragazzo valido c’è, basti pensare a Covi che è passato tra i professionisti e promette molto bene, anche se da qui a diventare campioni ce ne vuole. Nel momento in cui si diventa professionista cambia tutto, ma due o tre ragazzi che possono fare tanta strada ci sono. Legandomi alla prima domanda, è fondamentale fare in modo che Varese continui con la sua buona tradizione ciclistica, perché più atleti ci sono più è probabile che qualcuno emerga. Poi non posso sapere se qualche varesino diventerà il nuovo Nibali o il nuovo Sagan, ma nella nostra provincia il ciclismo è uno sport in crescita e ci auguriamo tutti di far emergere nuovi campioni”.

Matteo Carraro

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