Dopo il prolungamento ufficiale dello stato di emergenza, parlare di calcio per la stagione 2019-2020 sembra a dir poco azzardato. Questo quanto sottolineato da Ivan Mastromarino, centrocampista del Fagnano, nella sua analisi del difficile momento attraversato dal nostro Paese. Oltre al tema coronavirus, non poteva mancare un riepilogo di questo campionato, ormai congelatosi dopo la ventunesima giornata, che sin dall’inizio si era rivelato particolarmente complesso per la sua squadra.

Come stai trascorrendo questo periodo?
“Riesco a fare qualche lavoretto di assistenza caldaie. Essendo servizi che si devono garantire per forza, stiamo facendo a turno per le urgenze. Per il resto, allenarsi diventa complicato. Quando il campionato è stato sospeso, il nostro DS ci aveva dato qualcosa da fare, ma dovendo stare nei paraggi della propria abitazione era difficile rimanere in forma. È vero, si può lavorare sulla forza, ma non è come allenarsi al campo. Quello che possiamo fare adesso non si può neanche paragonare al programma individuale che si segue prima della preparazione estiva, quando almeno si arriva in forma alla ripresa del lavoro con la squadra, ma comunque non ancora pronti per iniziare la stagione, che è proprio il motivo per cui è necessaria la preparazione. Fare esercizi a casa è troppo riduttivo; senza giocare con la palla né vedere i compagni, non si possono nemmeno considerare allenamenti. Adesso come adesso, però, l’unica cosa che conta è uscire da questa situazione e stare bene”.

Situazione che è ancora molto incerta. Con l’ulteriore estensione dello stop, secondo te come andrà a finire il campionato?
“È impensabile riprendere a giocare. La quarantena non sarà una questione di altri quindici giorni. Le restrizioni continueranno, magari ci sarà concesso qualcosa in più, ma la vita normale non riprenderà il 13 aprile. Molte persone non sanno ancora quando potranno tornare al lavoro, quindi il calcio in questo momento passa in secondo piano. In realtà mi sembra assurdo che non sia stato ancora deciso di annullare il campionato. Si dovrebbe fare un’altra preparazione e non si saprebbe quando programmare le partite, quando finirebbe la stagione, quando inizierebbe quella successiva. Capisco che possa dispiacere a chi stava lottando per le prime posizioni, però di fronte a un evento così straordinario e soprattutto per una categoria come la nostra, mi sembra inutile arrovellarsi tanto. Noi giocatori della Promozione non viviamo di calcio, ma lo facciamo come hobby o passione, quindi è sensato decidere di fermarsi per la nostra incolumità. Per i professionisti e anche per la serie D, dove non giocare vuol dire non lavorare, posso concedere il beneficio del dubbio, considerati gli interessi economici. Ma per le categorie inferiori si dovrebbe annullare tutto senza pensarci troppo, sperando che questa situazione si risolva nel più breve tempo possibile e che possiamo presto ricominciare le nostre vite in maniera normale”.

Quest’anno abbiamo visto un Fagnano in difficoltà. Cosa è andato storto?
“Noi veterani che abbiamo vissuto i momenti positivi e negativi di questo gruppo, sapevamo che quest’anno restare in Promozione sarebbe stata una sfida impossibile. A livello societario c’erano stati ridimensionamenti importanti e non potevamo permetterci di comprare giocatori per questa categoria. Le uniche eccezioni sono state Lepori e Paolillo, ma in generale ci sono mancati elementi di spessore. Io ho sempre detto che il Fagnano aveva già fatto un miracolo ad arrivare in Promozione due stagioni fa, perché la Società non aveva mai vissuto certi campionati. In questa stagione eravamo una squadra molto giovane. Ovviamente non è questo il motivo per cui abbiamo fatto solo 7 punti in classifica, e infatti io mi sono sempre assunto le mie responsabilità, però non è neanche pensabile disputare una categoria di questo livello con poca esperienza e organizzazione. Per ottenere risultati, oltre ad avere una buona squadra, serve anche una struttura consona, un gruppo alle spalle che garantisca quei piccoli lavoretti al campo che magari possono sembrare secondari ma che in realtà fanno la differenza. Non abbiamo avuto la giusta coesione fuori dal campo. Quanto all’aspetto tecnico, era sotto gli occhi di tutti. Facevamo fatica a fare gol e ne abbiamo subiti molti. La matematica non ci aveva ancora condannato, ma ormai saremmo sicuramente retrocessi”.

Dal punto di vista economico, questa emergenza non aiuta. Quali le prospettive per la prossima stagione, a livello personale e di squadra?
“A livello personale, se il Fagnano accetta nuovamente la sfida della Promozione e allo stesso tempo decide di cambiare le carte in tavola, io ci sarei volentieri per un altro anno. Potrebbe darsi che ci sia una fusione a livello giovanile, ma per la prima squadra non sappiamo ancora nulla. L’ambiente è sicuramente famigliare, però è anche importante rimanere uniti quando le cose vanno male. Per come sono andati questi mesi, devo ringraziare il nostro DS Gianni Riccio, sempre presente, il secondo allenatore Daniele Ganna, che per noi è una figura di riferimento, e il preparatore dei portieri Matteo Gadda, che ci è sempre stato accanto nei momenti di difficoltà. Doverosi anche i ringraziamenti a Mister Mattavelli, che era molto preparato, e a Mister Piana, anche lui molto competente, che si è ritrovato una squadra ridotta ai minimi termini per gli infortuni di Lepori e dei fratelli Manuzzato. Io oltretutto ho giocato da ottobre fino alla partita contro l’Union Villa con una lesione ai legamenti della caviglia: non si poteva fare altrimenti perché eravamo senza ricambi. Era quindi normale che facessimo fatica in quelle condizioni. Comunque il mio desidero per l’anno prossimo è che a Fagnano possa esserci un ambiente sereno dove fare il giocatore senza troppe arrabbiature e nervosismi. Io ho sempre dato tanto, anche se a volte nella maniera sbagliata, perché è la squadra del mio paese e ci tengo molto. Sono qui da cinque anni e posso dire che anche la scorsa stagione era stata positiva perché avevamo raggiunto l’obiettivo della salvezza e io personalmente avevo potuto conoscere giocatori importanti, come Ingribelli, e fare delle buone partite. Quest’anno, invece, sento di aver imparato poco, ma sarà una motivazione in più per tornare in campo carico quando finalmente sarà tutto finito”. 

Silvia Alabardi