Si chiamano eroi silenziosi: sono quelli che ogni mattina si alzano, indossano il camice e vanno in ambulatorio. Sono i medici di base che in questa emergenza sanitaria sono a stretto contatto con il Coronavirus, che l’hanno studiato, l’hanno odiato e temono tutti i giorni di portarlo a casa dalla loro famiglia. Abbiamo intervistato uno di loro, che vuole restare anonimo, e rispettiamo questa sua scelta.

E’ giusto dire che siete voi la prima linea contro il Covid?
“Sì, possiamo dire di sì. Noi medici di base spesso siamo i primi a diagnosticare o sospettare un’infezione di Covid, perché i pazienti si rivolgono a noi, all’insorgere dei primi sintomi, siano essi gravi oppure no”.

L’alta incidenza della malattia tra i medici di base si spiega con lo stretto contatto che avete con i pazienti?
“Sì. Questo perché inizialmente abbiamo visitato i pazienti a domicilio e in ambulatorio i sintomatici senza adeguati dispositivi di protezione. Il contagio è stato alto per questo motivo”.

Lei come ha fatto a procurarsi il materiale protettivo?
“All’inizio, quando era ancora una pandemia, ho comprato direttamente i guanti, disinfettanti e mascherini FPP3 e solo successivamente c’è stata la distribuzione dei dispositivi protettivi da parte delle ATS di appartenenza”.

Quali sono le più grandi paure dei pazienti?
“Sicuramente quella di contrarre il COVID-19 nella sua forma più aggressiva, con il rischio di essere intubati e di morire. Contagiarsi magari anche venendo a contatto con persone asintomatiche. Per quanto riguarda invece il personale sanitario, la paura maggiore è di contagiare i propri familiari e le persone già malate”.

Immaginiamo che il pensiero ogni mattina, ogni sera, ogni attimo sia verso la sua famiglia, la paura del contagio.
“Decisamente, in qualità di sanitario si pensa prima di tutto di salvaguardare la salute dei propri familiari, specialmente se anziani, bimbi o persone immunodepresse”.

Secondo lei, quando si tornerà alla normalità?
“Normalità completa non prima di due anni, anche se l’impiego di un vaccino e terapie farmacologiche progressivamente ci concederanno una “riapertura” progressiva e a zone”.

Cosa cambierà in futuro?
“Scienziati, operatori sanitari e cittadini impareranno a non sottovalutare o tacere, l’insorgenza e la diffusione di una malattia, sia essa conosciuta o a maggior ragione sconosciuta”.

Silvia Galli