Per conoscere e meglio gli Alpini e il loro cuore grande, abbiamo fatto due chiacchiere col capogruppo Antonio Verdelli che ci ha descritto la situazione attuale. “Al momento, come associazione d’arma, siamo completamente fermi con le nostre attività che avevamo in programma. Tutto ciò che era preventivato in calendario è stato sospeso, vale anche per lo storico raduno che ha come primario obiettivo quello di socializzare. L’ultimo evento che siamo riusciti a fare è stato quello dello scorso 23 febbraio: l’intitolazione della via nei pressi dell’ospedale del Circolo di Varese all’alpino Nelson Cenci”. Scrittore, combattente nella Seconda Guerra Mondiale e poi docente universitario e primario all’ospedale di Varese. “Come associazione non ci troviamo da allora, purtroppo – dice Verdelli -. Ci sono delle regole e noi, da buoni soldati diciamo, dobbiamo essere i primi a rispettarle”.

Il Coronavirus ha dunque cambiato i piani: “Abbiamo messo in piedi altre cose, siamo entrati in contatto col sindaco Galimberti e l’amministrazione comunale per i Centri di Coordinamento dell’emergenza dando la nostra disponibilità. Abbiamo collaborato al servizio della spesa a domicilio per gli anziani coordinato dalla protezione civile. Le richieste sono state soddisfatte anche grazie al risveglio dei sentimenti, parenti o anche solo vicini degli anziani, o comunque di chi aveva bisogno, si sono messi a disposizione. Diciamo che questo virus ha ripristinato un po’ di buonsenso interiore. Noi continuiamo ad essere a disposizione. C’è un gruppo di giovani che si dà da fare nel Nucleo Mobile di Pronto Intervento sotto la responsabilità di Paolo Cazzola”.

Non finisce qui: “Siamo vicini anche alla Croce rossa e qui l’aiuto è più ad ampio raggio perché è allargata anche fuori dai confini comunali. Collaboriamo con loro, col servizio che parte dalla struttura di Gazzada e riguarda la distribuzione della spesa ma anche dei farmaci a domicilio”.

C’è anche chi si è dovuto fermare: “Tanti di noi superano i 65 anni e rientrano tra i soggetti più a rischio, quindi, a malincuore, nonostante la volontà, hanno dovuto rinunciare a dare una mano. Per fortuna ci sono i giovani che, a casa dal lavoro, hanno più tempo da dedicare agli altri. Credo che questa sia anche un’occasione per aprire la porta, per creare energie, insomma un investimento sul futuro dell’associazione considerando che la leva militare non è più obbligatoria”.

Cosa significa essere un alpino? “Significa far parte di un ambiente famigliare dove non conta chi sei e cosa fai nella vita, dove non ci sono ruoli sociali. Ci rapportiamo in base alle nostre esperienze durante la leva: dove abbiamo fatto servizio, in che periodo, chi era il nostro comandante e i nostri racconti. Ma non vogliamo vivere di passato, come dicevo prima, serve pensare anche al futuro di questa associazione”.

Elisa Cascioli