Dopo cinque ko consecutivi, la Openjobmetis è tornata finalmente alla vittoria. Due punti conquistati con tanta fatica contro una squadra, la Virtus Roma, piena di problemi sia societari che di campo e che testimonia come la squadra biancorossa non sia affatto uscita da una crisi identitaria che la perseguita ormai dal secondo quarto del derby con Cantù. Una situazione difficile da decifrare, che crea anche interrogativi ed i primi mugugni in una tifoseria che si aspettava un’annata decisamente diversa rispetto a quanto fatto dalla squadra fin ora.
Umberto Argieri, presidente del trust dei tifosi “Il Basket Siamo Noi”, descrive il momento, fiducioso sul prosieguo stagionale della squadra e con la speranza che presto la banda di coach Bulleri possa uscire da questo tunnel buio di risultati e gioco.

Cos’hai pensato quando domenica hai visto uscire Jones dal campo dopo 30 secondi per un infortunio?
“Non ci volevo credere, mi è sembrata una situazione surreale. A dire la verità questo è un sentimento che ho provato fin dall’ingresso al palazzetto domenica. Una Enerxenia Arena completamente vuota, una partita condita da tantissimi infortuni a ruota: Jones, Ruzzier, il lungo di Roma che perde i sensi, mi sembrava di vivere una partita surreale. A questo si è aggiunto che le due squadre non hanno certo fornito una prestazione da stropicciarsi gli occhi, anzi, tutt’altro direi, dando vita ad una gara confusionaria, con fasi di gioco strane, una brutta pallacanestro. L’infortunio a Jones rientra in questo scenario surreale”.

Secondo te cos’è successo da quel secondo quarto del derby con Cantù?
“Non lo so. Questa è una maledettissima domanda che ci facciamo ogni giorno tutti i quanti, con la speranza di trovare una risposta che però non è ancora arrivata. Io la risposta l’avrei voluta ritrovare già da Cremona, invece niente, è addirittura peggiorata la situazione. Poi c’è stata una replica dello stesso copione tutte le partite. Non abbiamo mai l’impressione di aver trovato finalmente il bandolo della matassa, un’identità di squadra e di gioco, equilibrio, forma fisica, niente. O forse tutte queste cose messe insieme. Di base resta una squadra molto fragile, con le due vittorie con Brescia e la Fortitudo che, alla luce del corso del campionato, vanno un attimo ridimensionate facendo un’analisi molto lucida. In quelle due sfide, comunque, si erano viste un’intensità e un’energia che si sono perse e che hanno portato molta fragilità. Nelle ultime due partite però ho iniziato ad intravedere uno spirito diverso e questo è sicuramente un segnale positivo per tutto l’ambiente”.

Pensi che il vero problema sia proprio legato a questa perdita di intensità, aggressività e cattiveria che negli scorsi anni hanno fatto la differenza?
“Sì, sicuramente. E’ chiaro che non si può pretendere di avere una squadra piena di fenomeni pescati tutti dal cilindro, ma quella famosa mentalità difensiva, basata sull’intensità, la fame, la grinta, la voglia di lottare su ogni pallone ci deve essere, soprattutto in un gruppo di italiani che sanno quanto pesa ogni gara del campionato. La solita squadra di combattenti ad oggi non si vede, ma sono convinto che con il lavoro quotidiano di coach Bulleri e il rientro degli infortunati riusciremo ad invertire la rotta. A questo proposito, infatti, è vero che sono venuti a mancare quasi contemporaneamente le due massime espressioni in squadra di tutto questo concetto di intensità, di leadership, di grinta che sono Ferrero e De Vico e questo non ha sicuramente aiutato. A tutto ciò penso vada aggiunto un discorso tattico difensivo che va assimilato, ma penso che questo arrivi dopo in un normale processo di apprendimento delle idee del nuovo allenatore. Vedo ancora una condizione fisica approssimativa, troppi uno contro uno che ci lasciano sulle gambe e questo non va bene. Non so se sia colpa delle gambe che non vanno oppure sia un problema di testa, sta di fatto che dobbiamo ritrovare lo spirito battagliero che ci ha sempre contraddistinto”.

Tu che vivi quotidianamente la tifoseria, senti che ci sono delle prime lamentele, dei primi dubbi su Bulleri e sulle scelte fatte dalla società, sul progetto, oppure c’è un fronte compatto ed unico che sostiene a spada tratta la squadra?
“La tifoseria, come è sempre stato, è divisa ovviamente su questo tema. A me piacerebbe che ci fosse maggiore unità in un momento particolarmente delicato come questo. C’è bisogno di fare quadrato intorno alla squadra e sostenerla fino alla fine. Poi, certo, rispetto il lato critico dei tifosi ed è giusto che possano esprimere liberamente il loro giudizio, qualsiasi esso sia, soprattutto quando le cose non vanno come ti aspetti. Quest’anno le aspettative erano e sono tutt’ora molto alte, le mie in primis che avevo giudicato il nostro un mercato al top, viste le condizioni nelle quali si era sviluppato, e sono ancora convinto della bontà di quanto fatto in sede di mercato. C’erano e ci sono tutte le condizioni per fare un campionato bello e divertendosi, soprattutto e centrando qualche risultato importante. In più finalmente questa squadra ha un progetto ben chiaro e definito che io difenderò fino alla fine e che sono certo che darà i suoi frutti strada facendo. Oltre a ciò, bisogna plasmare una squadra competitiva fatta di americani, di incastri e in equilibrio tattico e fisico. Forse l’aver costruito il roster velocemente, con scelte come il cambio Rich-Douglas o Tambone-Jakovics, fatti in brevissimo tempo soprattutto perchè si aveva già in mente il profilo di giocatore e per avere la squadra con un mese di allenamento nelle gambe per la Supercoppa come voleva Caja, che ha influito molto nelle scelte di mercato fatte, può aver inciso a posteriori sulle difficoltà di adesso. Ma ho fiducia in questo gruppo e sono convinto che riusciremo a trovare il nodo giusto per ripartire alla grande”.

Alcuni tifosi iniziano a pensare che l’acquisto di Scola sia risultato un passo più lungo della gamba. Tu di che parere sei?
“Sono assolutamente d’accordo con la scelta di Scola. Con lui in campo io mi sento più sicuro e sta dimostrando, giornata dopo giornata, il campione che è. Fa la differenza ogni volta che tocca la palla. Chiaramente deve essere inserito in un contesto di gioco che possa esaltarlo, con una spalla, che doveva essere Jones, in grado di alleviarlo di tutta la mole difensiva e dargli un riferimento in più in attacco che ad oggi ci manca. Purtroppo la sfortuna si è messa di mezzo. Penso che ad oggi a questa squadra manchi ancora un’amalgama di gioco che solo l’allenatore può trovare e che sono convinto possa fare uscire. In più nessuno mi leva l’idea che con un palazzetto pieno la squadra saprebbe esaltarsi di più e tirare fuori tutto ciò che ha dentro e che spesso resta sopito date le difficoltà di giocare in un contesto ambientale che appare veramente surreale”.

Alessandro Burin

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