In un mondo del basket che resta attendista visto il perdurare dell’incertezza legata alla pandemia del coronavirus, le mosse di Gallarate sono una delle poche certezze del movimento, se non, forse, l’unica in questo immobilismo imperante.
La firma di Baroggi come allenatore a capo di un progetto che vuol fare da polo trainante per la zona di Gallarate e non solo merita tutti gli approfondimenti del caso. “Tutto è nato nella scorsa stagione quando a dicembre sono stati avviati dei contatti per andare ad allenare a Casorate e io accettai quella che era una sfida impossibile – l’incipit di coach Baroggi – La squadra era ultima con due punti frutto di una unica vittoria, poi nel ritorno abbiamo centrato sette successi su otto uscite ed eravamo a ridosso dei playoff. Poi sappiamo tutti cosa sia successo con l’arrivo di questa malattia che ha cambiato le nostre vite. Siccome Casorate collabora con Gallarate, quando la società ha deciso di cercare un allenatore che sapesse far bene coi giovani, diciamo che lo sbocco naturale di tutto è stato il mio approdo alla casa madre come allenatore anche in un’ottica di supervisione del gruppo under 18. Ringrazio Casorate per l’opportunità che mi ha dato e sono contento che Remonti potrà continuare il lavoro che ho iniziato”.

Tra l’altro, in questo momento Gallarate è, molto probabilmente, la realtà di punta del movimento provinciale per ambizioni e piani futuri.
“Tutto comincia dal nostro Presidente. Valentino è persona tanto vulcanica quanto seria. Ha preso una società che aveva solo 70 ragazzi nel settore giovanile e l’ha fatta diventare la prima società in provincia di Varese con allenatori del calibro di Besio, Remonti, Chicco Riva, Robeto Salvi e Mosti. Penso sia uno staff tecnico di assoluto livello con dei dirigenti super da Francesco Fogato al gm Cucco. Per parte mia, ho le idee molto chiare su quello che sarà il progetto tecnico del prossimo anno”.

Tra l’altro, prima di andare a Casorate, sembrava tu fossi stato in procinto di firmare per la Coelsanus. Cosa successe?
“Prima di firmare per Casorate, sono stato molto vicino a tornare in Robur dove il presidente uscente Corti mi aveva cercato. Avevo dato ampia disponibilità, anzi, a dirla tutta in Robur sarei tornato di corsa anche solo per allenare una squadra di settore giovanile dato che quella società è stata la mia casa per tanti anni. Probabilmente non sono stato reputato all’altezza della situazione, ma penso sia stato meglio così visto dove mi ha portato il destino. Probabilmente ora la società sta attraversando uno di quei periodi in cui le lotte di potere all’interno generano un immobilismo all’esterno che, alla fine, è deleterio in ogni situazione. Ciò che vedo è una società che lavora bene sulle fasce basse, ma che, mano a mano che si cresce perde di qualità nella crescita dei giocatori”.

Qui tocchi un tasto dolente. La nostra provincia esprime un movimento ricco di squadre e di giocatori, ma ormai sono tantissimi anni che non produciamo più giocatori da serie A. Hai una tua idea in merito?
“L’ultimo giocatore prodotto ai piani è Matteo Piccoli, classe ’95, che gioca in A2. Poi direi che c’è un buco decennale dietro di lui. Purtroppo non ci sono progetti tecnici e senza di quelli i giovani giocatori si sviluppano in maniera marginale. Con l’autoallenamento non si diventa giocatori da serie A e A2”.

Sui giornali si è tanto parlato di una possibile fusione a livello giovanile tra Pallacanestro Varese e Robur. Questa unione farebbe bene al movimento e alla produzione di giocatori di qualità?
“Storicamente sono sempre stato scettico riguardo a qualsiasi fusione. Poi, i vari tentativi fatti in passato sono sempre naufragati per un motivo o per un altro. La Academy ha un progetto molto ambizioso e in Bizzozi ha un allenatore molto competente. Ritengo, però, che una sana rivalità fra le due faccia bene al nostro movimento, l’importante è avere sul tavolo sia da una parte che dall’altra le giuste competenze”.

Matteo Gallo

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