Il derby del Nord che valeva i Mondiali di pallamano lo ha vinto la Danimarca, al suo primo e storico trionfo iridato.
Del resto, era la squadra predestinata e non solo perché giocava in casa. Lo era innanzitutto perché oggettivamente è quella di gran lunga più forte. Lo dimostra la facilità con cui è riuscita a surclassare nella finalissima i “cugini” norvegesi. 31-22 il punteggio di una partita equilibrata solo nei primi 10 minuti. Già all’intervallo, sul 18-11, il popolo biancorosso della Jyske Bank Boxen ha cominciato a preparare la festa che poi è esplosa al fischio finale, seppure con grande compostezza.
Nell’Arena di Herning erano in 15.000, quasi tutti di fede biancorossa. Sono stati loro, in un momento suggestivo prima del match, a intonare l’inno danese a musica spenta. Prima di questo trionfo la Danimarca della pallamano aveva conquistato tre medaglie d’argento e una di bronzo. Stavolta l’oro non poteva proprio farselo sfuggire, soprattutto adesso che ha tra le mani un fenomeno come Mikkel Hansen.
Peccato per i norvegesi, costretti ad arrendersi in finale per due Campionati del Mondo consecutivi alla squadra di casa.
Il terzo posto è andato alla Francia, che nella finale di consolazione, ha beffato per 26-25 la Germania all’ultimo secondo di gioco. I tedeschi, avanti per 13-9 al riposo, ci sono rimasti malissimo. Ci tenevano a salire sul podio. Ci teneva anche la Francia, campione uscente, e ci teneva il fuoriclasse Nikola Karabatic (autore del gol allo scadere) per arricchire il suo strabiliante palmares. Il francese di origini croate può ora sfoggiare 15 medaglie conquistate in 16 anni tra Mondiali, Europei ed Olimpiadi. Pazzesco.
La giornata conclusiva del Mondiale si è disputata, come detto, alla Jyske Bank Boxen, un palasport monumentale che sorge alla periferia di Herning ed è affiancato da un’interessante area naturale chiamata Knudmosen. All’andata l’ho attraversata volentieri, soffermandomi al punto di perdere le battute iniziali di Francia-Germania.
Al ritorno, verso mezzanotte, avrei preso un taxi, ma la cosa era complicata. Di navette non ce n’erano più. Tuttavia non faceva per nulla freddo e così sono rientrato a Herning a piedi. Quattro chilometri di buio e silenzio (a tratti quasi assoluti) percorsi in sicurezza lungo la pista ciclopedonale. Una sensazione strana dopo tanti giorni passati tra le luci e i rumori delle partite iridate. Dal 10 al 27 gennaio, per l’esattezza. Non avevo mai seguito un evento di tale portata dalla manifestazione inaugurale alla premiazione.
Rientro da questo Mondiale stanco come se lo avessi giocato e contento come se lo avessi vinto.
Sergio Luoni