Nel mercato invernale all’Olimpia è arrivato un giocatore niente male: si tratta di Alessio Papasodaro, centrocampista classe 1997 cresciuto nel settore giovanile del Milan (ma juventino) e al quale solo qualche infortunio di troppo ha impedito di spiccare il volo verso il calcio professionistico. Almeno per ora, perchè Alessio, innamorato di questo sport e dotato di grande talento, coltiva il sogno di arrivare un giorno nel calcio che conta e che tanti suoi ex compagni della Primavera del Milan stanno vivendo in prima persona.

Come è iniziato il tuo percorso nel Milan?
“Avevo 9 o 10 anni quando Milan e Inter mi hanno convocato per un provino. Ricordo che con l’Inter ho disputato una partita, mentre in rossonero sono andato al Vismara a Milano più volte e ho giocato almeno tre o quattro gare. Mai mi sarei aspettato che quei campi diventassero un po’ la mia seconda casa. E, invece, superati entrambi i provini, tra Milan e Inter ho scelto il Milan perché l’ambiente mi è sembrato fin da subito migliore. E’ cominciata così la mia avventura con il club meneghino durata 8 bellissimi anni”.

Quali sono i tuoi ricordi più belli?
alessio papasodaro milan 2“E’ stato tutto meraviglioso, dal primo all’ultimo giorno. Ho avuto la fortuna di girare per il mondo: siamo andati a giocare in Austria, in Germania, in Ungheria, abbiamo vinto un torneo a Dubai e abbiamo fatto anche un ritiro a Durban, in Sud Africa. Grazie al calcio ho vissuto esperienze indimenticabili e che probabilmente non avrei potuto fare se non fossi entrato nel settore giovanile del Milan. A tal proposito, ricordo che al mio primo anno in rossonero era mia mamma ad accompagnarmi al Vismara due o tre volte alla settimana per gli allenamenti, un impegno non indifferente per lei e per tutta la mia famiglia che ringrazierò sempre”.

Chi erano i tuoi compagni di squadra?
“Cutrone e Locatelli hanno fatto tutta la trafila con me così come Vido che ora è al Perugia. Si vedeva già allora che Cutrone era una punta fisicata e con un senso del gol non comune. Locatelli è sempre stato una spanna sopra tutti noi, faceva la differenza e tra lui e Cutrone avrei detto scommesso di più su Locatelli. Calabria e anche Donnarumma non erano con me in squadra ma li ho conosciuti bene. Non è facile per me vedere che loro ce l’hanno fatta e che sarei potuto essere lì con loro. Ad un certo punto ho anche pensato di smettere, ma amo troppo il calcio e proverò fino alla fine ad entrare tra i professionisti. Lo devo a me stesso, al Dio del calcio che è in debito con me e anche alla mia famiglia che mi ha sempre supportato, in primis i miei fratelli Luca e Domenico”.

A quali mister sei rimasto legato e sei in qualche modo riconoscente?
“Stefano Nava, mio allenatore nella Berretti rossonera, è forse quello che stimo di più. Puntava a farci giocare bene, a costruire azioni, a muovere la palla, ad avere noi in mano il pallino e per me quell’anno è stato il più bello in assoluto. Nella stagione successiva ho avuto Cristian Brocchi come mister della Berretti e ricordo le due convocazioni con la Primavera e anche il gol al Cagliari sempre con la Primavera, un’emozione incredibile. Brocchi mi ha riconfermato l’anno seguente nella sua Primavera, ma il giorno prima della prima di campionato mi sono infortunato e lì sono cambiate di colpo le mie prospettive”.

Che cosa è successo?
“Durante un esercizio sulle palle inattive, ho preso una testata, ho perso conoscenza per una forte commozione cerebrale e mi sono risvegliato in ospedale. Sono stati mesi difficili e ho impiegato parecchio a riprendermi dal punto di vista fisico e a superare la paura. E’ finita praticamente in questo modo la mia esperienza al Milan”.

Sfortuna e un pizzico di rammarico. 
alessio papasodaro bustese“Molto, purtroppo. Anche perchè dopo l’infortunio mi sono rimesso in gioco a Bellinzago in Serie D, ma, a causa di un problema con il tesseramento, non mi è stato consentito di scendere in campo per altri sei mesi. In pratica, dunque, sono rimasto fermo per un anno e questo ha pesato parecchio sulla mia carriera. Ho fatto provini con società professionistiche come Ascoli, Pro Vercelli e Brescia e quando il Bellinzago non si è più iscritto in Serie D mi sono ritrovato di nuovo senza squadra. Sono andato in ritiro con il Varese in Serie D e poi ho scelto la Bustese dove ho collezionato qualche presenza prima di lussarmi la spalla. Un nuovo infortunio mi ha impedito di mettermi in mostra come avrei voluto così come un problema alla spalla ha, di fatto, interrotto il mio contratto con il Legnano. Dopo l’Eccellenza con il Piedimulera, infatti, ho detto sì al Legnano e ho iniziato l’attuale stagione in lilla. Il nostro rapporto però non si è chiuso benissimo e, per altro, si è concluso mentre ero in pronto soccorso per far visitare la spalla dolorante e via telefono”.

E’ arrivata in quel momento la chiamata dell’Olimpia?
“Sì, Rinaldi mi ha telefonato, mi è piaciuto il suo progetto e anche lui come persona. Non è stato semplice decidere di scendere ancora di categoria e di accettare una Promozione e infatti mi sono preso due settimane per pensarci. Ora ne sono contento e spero di conquistare l’Eccellenza sul campo con l’Olimpia. Abbiamo ottime potenzialità e credo nella rincorsa ai playoff”.

Domenica scorsa avete violato il campo della capolista Rhodense, cosa mai successa prima in stagione. 
“Ci serviva una scintilla, qualcosa che facesse scattare in noi la consapevolezza di essere forti e di poter credere più in noi stessi. E spero che la vittoria di Rho sia stata la prima di una serie. Dobbiamo essere continui e le prossime gare contro Muggiò, Morazzone, Base 96 Seveso e Gavirate saranno quelle della verità”.

Com’è la Promozione per te che hai calcato campi e categorie più importanti?
“Il gioco è molto più fisico rispetto alla Serie D e tante squadre puntano solo sui lanci lunghi. Noi, invece, proviamo a fare diversamente e cerchiamo di mettere più intensità e qualità nelle nostre azioni. Sono una mezzala alla quale piace inserirsi, ma faccio anche il trequartista o il perno basso all’occorrenza. Sono piuttosto duttile e do sempre il massimo”.

IL CAMMINO DELL’OLIMPIA

Laura Paganini