Barattereste con due stagioni anonime in Serie C questo struggente biennio in Serie D coronato dallo Scudetto? La domanda può sembrare oziosa ma non lo è per nulla perché l’argomento è da bar solo in apparenza. In realtà, in filigrana è nascosta la valutazione su cosa fosse la Pro Patria due anni fa e su cosa sia invece adesso. Sul piano societario, su quello sportivo e dal punto di vista delle prospettive. Il purgatorio (in senso letterale) del dilettantismo è servito a mondare pensieri, parole, opere ed omissioni dell’annus horribilis della retrocessione. Regalandoci un finale hollywoodiano che resterà nella storia (e nella bacheca) di club e tifoseria.

Sabato sera Patrizia Testa ha lasciato San Giovanni Valdarno con la coppa sotto il braccio. Nel senso che uscendo dal “Fedini” il trofeo appena alzato faceva bella mostra nel bagagliaio dell’auto presidenziale. Giusto così. Il tricolore è in larghissima parte suo. Cioè della sua passione, del suo portafogli e della caparbietà con cui ha difeso scelte che paiono scontate solo a posteriori. Prima, non lo erano per nulla. Una titolarità comunque condivisa con il popolo biancoblu. Coinvolto in una festa che più social non si può. Perché come ha sottolineato Javorcic a vittoria ancora calda: “Questo è lo Scudetto di tutti”. Ecco, magari di tutti tutti proprio no. A partire da chi aveva consigliato una badante per Sandro Turotti. Sassolino levato immantinente dal biellese nel post finale. Già perché un conto è esprimere un doveroso diritto di critica (l’abbiamo fatto anche noi l’anno passato, in particolare sulla scelta di Bonazzi), un altro mettere in dubbio la caratura di un professionista che a Busto (senza fare paragoni), non si vedeva da parecchi anni.

Competenza testimoniata dalla qualità di una squadra che (forse) già in questo formato (e con pochi aggiustamenti), potrebbe affrontare la C con legittima fiducia. Incapace di fare proprio un confronto diretto, la formazione tigrotta ne ha vinti 4 nelle ultime 5 gare (dal Darfo alla Vibonese). Segnando (Gozzano a parte), 3 gol a partita quando prima doveva creare 10 occasioni a match per poi vincere (magari) con uno striminzito 1-0. Senza dimenticare che i calabri messi sotto nella finalissima non perdevano dal 6 ottobre (non l’avevano mai fatto con Orlandi in panca) e avevano vinto le ultime 9. Qualcosa da aggiungere? Sì, per la Pro Patria 10 vittorie e 3 pareggi nelle ultime 13. “Una cosa devastante”, come ha chiosato Ivan Drago qualche tempo fa.

E adesso? Esaurita la fregola da promozione va programmato il futuro. Che potrebbe prevedere l’attuale assetto o altri ad incastro. Gli scenari sono piuttosto chiari ormai da qualche mese. Non resta che scegliere quale fa più al caso del futuro del club. Perché 2 anni in D posson bastare e il piano di sopra va ora difeso con le unghie e con le idee. Partendo dal dolcissimo sapore della vittoria appena assaporata. Barattereste con due stagioni anonime in Serie C questo struggente biennio in Serie D coronato dallo Scudetto? Oggi la risposta non può che essere un no secco.                                   

Giovanni Castiglioni