Il ritorno a Masnago come panacea per tutti i mali, ammesso che ce ne fossero. Le sconfitte di Pistoia e di Trento, infatti, avevano sì interrotto la striscia di vittorie, ma non avevano fornito indicazioni negative sul rendimento e sull’atteggiamento della squadra, che è sempre parsa combattiva, grintosa e piena di energia. Giocare al PALA2A, comunque, ha permesso ai biancorossi di ritrovare anche lo spunto vincente nella gestione dei finali, che nelle due precedenti uscite avevano invece premiato la squadra avversaria.

Quella con Avellino è stata una vittoria tutt’altro che scontata alla vigilia e il campo, infatti, ha mostrato la forza dell’avversaria, capace di rientrare perfettamente in gara anche dopo essersi ritrovata sul -18 nel corso del primo tempo. La Sidigas ha diversi elementi di valore, oltre che un gioco efficace e consolidato nel tempo in virtù della conferma di Pino Sacripanti sulla panchina e della permanenza in biancoverde di alcuni giocatori chiave delle passate stagioni.

Varese – come spesso succede – ha saputo negare l’area agli avversari, con il risultato di escludere dal gioco il gigante Kyrylo Fesenko. Un giocatore insospettabilmente emotivo e quindi incline ad uscire dalla partita quando le operazioni si fanno difficoltose sin dalle battute iniziali. Fesenko si è scontrato con Cain prima (limitato dai falli) e con Delas poi, senza mai riuscire ad imporsi sulla gara: per l’ucraino appena 4 punti, con solo tre tiri tentati, e 7 rimbalzi in 27 minuti (in stagione segna 10 punti di media con il 71.6% dal campo).

Fesenko è un giocatore chiave per il gioco irpino: da un lato è praticamente immarcabile quando riceve palla sotto canestro, dall’altro può essere un efficace giocatore di sponda quando attira il raddoppio della difesa a centro area. L’aver negato alla Sidigas queste due possibilità è stata una prima vittoria per la Openjobmetis, che ha così potuto eseguire il suo consueto spartito fatto di lucchetti all’area e di attenzione a rimbalzo sui tiri da tre dei rivali.

Con gli avversari costretti a ruotare sul perimetro, Varese ha potuto anche limitare i tiri liberi concessi (appena dodici) e il solo Cain è incappato in problemi di falli. C’è un altro lato positivo in questa vittoria: la percentuale da tre degli avversari, come spesso succede proprio in virtù dell’assetto tattico dei biancorossi, è stata ragguardevole (52% su 25 tentativi), ma la Openjobmetis è stata comunque capace di sopravvivere grazie al buonissimo fatturato offensivo.

Merito – nella metà campo offensiva – soprattutto del solito Stan Okoye (26 punti con 3/4 da due e 6/8 da tre), capace di segnare diversi canestri fuori dai giochi che hanno spezzato il morale della Sidigas durante la rincorsa. Anche Avramovic, però, nonostante le imprecisioni dall’arco, ha saputo garantire la sua solita vivacità (oltre ad essersi distinto per una straordinaria energia in difesa) e Siim-Sander Vene, e non è la prima volta, ha spiegato basket con consistenza e continuità: è sempre più il killer silenzioso della squadra.

Sarebbe colpevole non menzionare – tra i segnali positivi – un paio di giocate importanti fornite da Tyler Larson (sotto forma di una tripla in step-back dal palleggio) e di Mario Delas (palla recuperata e perfetto tempismo nel taglio sul pick and roll nel finale): gli ultimi due arrivati, nel complesso, non hanno comunque offerto una prova indimenticabile, ma hanno messo il loro mattoncino per l’ottenimento dei due punti.

Un successo, quello su Avellino, che testimonia che la Openjobmetis può e vuole dire la sua fino alla fine in questo campionato: la salvezza è praticamente ottenuta, i Playoff sono un sogno quasi impossibile, ma comunque Varese non ha alcuna intenzione di rallentare. E di smettere di mietere vittime illustri: considerando l’andamento varesino contro le prime della classe, è quasi un peccato che siano praticamente terminati gli scontri con le formazioni di altissima classifica.


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Filippo Antonelli