Nemmeno il miglior sceneggiatore di Hollywood. Nemmeno il miglior regista di Cinecittà. Nemmeno loro avrebbero potuto mettere in scena, con tempi e nei modi assolutamente perfetti, la promozione in A2 della Pallacanestro Femminile Varese. Un successo giunto battendo Mantova, avversaria degna per tutta la stagione, al termine di una gara tirata e, fino al 35°, ricca di pathos. Ma, e qui sta il bello del “copione”, il successo è arrivato proprio nella settimana della sosta pasquale cosicché tutto l’ambiente varesino potesse avere tutto il tempo, una dozzina di giorni, per gustarsi un salto di categoria fantastico, strepitoso nella forma e nella sostanza dei numeri e soprattutto atteso. Tanto atteso.
“Sono totalmente d’accordo con te: il tema dell’attesa – dice Lilli Ferri, coach di Varese -, è stato certamente quello che ha fortemente caratterizzato la nostra annata. Un’attesa divisa in due parti. La prima parte è quella dedicata ad un sogno, salire in A2, che sembrava non realizzarsi mai. Ad un certo punto sembrava avesse addirittura assunto i contorni dell’incubo, vedi i setti anni trascorsi arrivando vicino al grande colpo e sfiorandolo in alcune occasioni. Poi, la seconda parte dell’attesa è riferita al cammino compiuto in questa stagione in cui, passo dopo passo, vittoria dopo vittoria, abbiamo sentito crescere dentro e intorno a noi la pressione. Non dico che siamo arrivate a contare persino i minuti che ci separavano dal momento fatidico ma, insomma, quasi…”.

Poi, finalmente, domenica scorsa è saltato il tappo: sensazioni?
“Se devo essere sincera non ho ancora realizzato del tutto la portata della nostra impresa, ma di una cosa sono sicura: di impresa si tratta perché – spiega l’allenatrice di Varese -, il dominio esercitato sulla stagione è nei numeri – 25 vinte e 1 sola perse finora -, e nei fatti di un gruppo che, se si eccettua la sbandata di Trescore (unica sconfitta 63-56, ndr) ha dimostrato forza tecnica e durezza mentale straordinarie”.

Quando hai avuto la sensazione che, per così dire, le cose si stessero mettendo bene?
“Il momento cruciale è stato quando, uno dopo l’altro, abbiamo vinto tutti gli scontri diretti. Nello specifico il trittico Milano Stars-Mantova-Lodi, con di mezzo la trasferta mai agevole a Usmate, ci ha regalato qualche certezza in più. Tuttavia, per questa supremazia abbiamo pagato un prezzo salato perché solo io e le mie giocatrici sappiamo a quanti sacrifici e a quante rinunce ci siamo sottoposte. In questo senso devo ringraziare l’intera squadra e tutti i miei collaboratori per l’alto livello di disponibilità dimostrato. Nei mesi di novembre e dicembre abbiamo alzato tantissimo l’asticella dell’intensità in allenamento e tutte le ragazze hanno fatto i salti mortali per far combaciare gli impegni famigliari, di lavoro, di università, di scuola con quelli richiesti dalla pallacanestro. Così, mentre le altre squadre hanno probabilmente tirato il freno, noi siamo riuscite ad aumentare il carico e, alla fine, questa è stata la mossa vincente perché, è indubbio, Varese ha sempre avuto qualcosa in più delle formazioni avversarie. Insomma: noi ci siamo ritrovate nella fatica e il sudore versato insieme e la dedizione mostrati per raggiungere il traguardo sono stati i collanti che ci hanno tenuto unite dal 25 agosto 2017 ad oggi”.

Questa vittoria rappresenta anche il tuo capolavoro nella costruzione della squadra. Per dirla chiara: te la sei scritta, suona e cantata…
“Le cose stanno esattamente così e dopo la mezza delusione provata nella finalissima persa lo scorso anno ho sentito il bisogno di cambiare registro al mio gruppo scegliendo giocatrici adatte alla pallacanestro che preferisco: a 300 all’ora in attacco e 400 all’ora in difesa. Aggiungo che sono stata anche abbastanza fortunata perché, stilata una lista ideale, sono arrivate a Varese tutte le prime scelte e, dal mio punto di vista, il meglio che potessi mai pretendere dal mercato. Tutto ciò ha contribuito a creare la piccola grande “magia” che ci ha garantito la marcia in più. Una magia che partendo dal clima di grande amicizia e rispetto creato in spogliatoio – elementi che, per esempio, erano mancati nel 2017 -, ha prodotto amalgama, coesione e forte tensione emotiva intorno ad un’idea: vincere finalmente qualcosa insieme. Esserci riuscite creando grandissimo coinvolgimento tra tutte è stato, credo, il mio lavoro più importante. Un aspetto del quale vado orgogliosamente fiera”.

Hai già lo sguardo proiettato verso il futuro?
“No, è decisamente troppo presto. Poi, dopo sette anni di attesa, vorrei, vorremmo, assaporare il più a lungo possibile il dolce sapore della vittoria. Dopo tante delusioni, amarissime per definizione, ci meritiamo questo meraviglioso momento. Sì – conclude in tono entusiasta Ferri -, lo meritiamo proprio”.

 Massimo Turconi