Magari il problema è febbraio. E magari (invece), il calendario è solo una coincidenza. Sia come sia, anche in questo campionato (come in quello passato), il secondo mese dell’anno fa da spartiacque tra la stagione delle speranze e quella dei rimpianti (o delle recriminazioni). Su quello che poteva essere e (una volta di più), non è stato. Quattro partite l’anno scorso, due vittorie, due sconfitte (Ciliverghe e Pontisola) e ulteriore meno 4 accumulato sulla capolista Monza. Cinque gare quest’anno, due successi, due pareggi, una sconfitta (Pontisola) e 7 lunghezze perse sul percorso netto del Rezzato. Nel 2016/2017 il Monza era già a più 14. Oggi la vetta è distante “solo” 8 punti (5 virtuali). E di mezzo c’è pure il Pontisola. Ma se cambiato nella sostanza, lo scenario è comunque profondamente sovrapponibile nella forma. A maggior ragione se si pensa che dopo 27 gare giocate, la Pro Patria aveva 12 mesi fa 52 punti, oggi 56. Non certo una differenza clamorosa. Semmai, lo scarto è sul valore della testa del campionato. Almeno in riferimento a tutto l’arco della stagione, quel Monza era superiore a questo Rezzato.

La Pro Patria non segna più di un gol da 6 partite (Romanese), e nelle ultime 10 l’ha fatto solo 2 volte (Romanese e Lecco). Nella striscia di 11 successi consecutivi il Rezzato ha realizzato 28 reti con 7 gare a segnatura multipla. Manca il solito bomberone? Forse sì. O forse l’uomo della provvidenza c’entra il giusto visto che sempre l’attuale capolista ha mandato in gol 16 giocatori (i biancoblu 10) e che il miglior marcatore bresciano è Bertazzoli a quota 12 (tanti quanti Santana). In più, il Rezzato ha registrato la difesa incassando 6 reti nella serie vincente di cui sopra mentre la Pro Patria ne ha subite 8 nelle 9 gare del ritorno con soli 3 clean sheet (dopo i 10 in 18 partite dell’andata).

Numeri a parte, il dejà-vu diventa sinistro se parametrato a prestazioni, perdita di autostima e senso generale di smarrimento. Poche storie, il secondo tempo di ieri a Caravaggio (con un gol e un uomo di vantaggio), è quello di una squadra che non ci crede più. Dopo l’1-0 con la Grumellese Ivan Javorcic era stato sibillino: “Non creiamo problemi dove non ci sono”. Qualche problemuccio invece c’era e chiedeva di essere colto. Perché la psicanalitica angoscia di castrazione (Freud ci sarebbe andato a nozze), generata dalla sgasata del Rezzato andava gestita diversamente. Dallo spalatino ma anche da qualche veterano dello spogliatoio chiamato in causa ieri proprio dal tecnico croato: “Ci è mancata leadership in campo”. Insomma, capire il momento e capire la piazza. Quest’ultima logorata da anni di insuccessi e non certo meritevole (se non altro per la passione e il freddo becco patito nella Gera d’Adda), di quei gesti naif (eufemismo), cui si è assistito ieri dopo il 90’.

Solo 4 giorni fa Giacomo Pettarin aveva provato a caricare l’ambiente: “Non voglio sentire mugugni. Sono convinto che la nostra sia ancora la squadra migliore”. Purtroppo era anche la nostra stessa opinione. Ora però le chiacchiere stanno veramente a zero. Contano solo i fatti. Sempre che ci sia ancora tempo.

Giovanni Castiglioni