Gradevole, gratificante, grandiosa. Aggettivi perfetti per descrivere l’esperienza di avere a che fare con un personaggio “Numero uno”. Pochissime volte ho avuto questa opportunità, anzi, questa fortuna, nella mia trascurabilissima avventura come giornalista. Michael Jordan, Chicago, marzo 1995; Kobe Bryant, Los Angeles, maggio 2000; i migliori coach e giocatori italiani in varie occasioni. E sempre, sempre, si è trattato di un momento incredibile. Lo stesso che, qualche giorno fa, mi ha condotto sulle tracce di Daniele Tognaccini, Responsabile di Milan Lab, un uomo di grandissimo spessore che onora con la sua presenza la nostra provincia, e Gallarate, città in cui risiede. 

daniele  tognaccini  05Tognaccini, toscano di origine (Cavriglia, splendido borgo adagiato sulle colline nei dintorni di Arezzo) è gallaratese di adozione dall’ormai lontano 1998, da quando cioè…
“Da quando – racconta Daniele -, arrivai al Milan AC, via Udinese Calcio, a seguito dello staff di mister Alberto Zaccheroni nel quale svolgevo le funzioni di assistente del capo preparatore atletico. Con Zaccheroni, lo ricorderai, si vinse subito lo scudetto ed io mossi i primi passi in un ambiente di altissimo livello. Quando “Zac” terminò la sua esperienza in rossonero mi chiese di seguirlo alla Lazio, ma al momento della firma col club romano l’a.d. Adriano Galliani rilanciò chiedendomi di restare al Milan come assistente del professor Pincolini e soprattutto come responsabile di un progetto che prende spunto da un tarlo che rodeva dentro l’a.d. Adriano Galliani”.

Quale tarlo? “Il massimo dirigente operativo del Milan, persona di grande intelligenza e lungimiranza, mi disse: ‘Primo aspetto: in questi anni ho fatto un percorso importante con Arrigo Sacchi, Fabio Capello e altri allenatori che hanno vinto tutti i trofei possibili e immaginabili, ma in società nessuno di noi ha ben capito come e perché siamo stati capaci di vincere tanto. Secondo aspetto: non è giusto che ogni allenatore veda in Milanello un terreno di conquista sul quale piantare la propria bandiera ‘bruciando’ tutte le esperienze precedenti senza lasciare nulla in cambio al club. Quindi, argomentava Galliani, per non ripartire ogni volta dal punto zero occorre creare un ‘qualcosa’ che faccia da custode delle conoscenze. Vorrebbe occuparsi di questo ‘qualcosa’?”.

Ed è a questo punto, mi sembra di capire, che nasce MilanLab? “Esatto: Milan Lab diventa il custode di cui sopra, ossia la struttura che cerca di inquadrare e conservare con sistemi tecnologicamente avanzatissimi le conoscenze già acquisite. L’obiettivo è costruire una piattaforma in cui tutti giocatori in transito nel club dovessero lasciassero tracce del loro passaggio, ovvero dei dati dai quali ripartire anno dopo anno. Esempi classici sono quelli di Marco Van Basten o Ruud Gulli rispetti al quale, di tanti anni di permanenza al Milan, non è rimasto nulla: esami del sangue, misurazioni, test atletici, caratteristiche fisiche. Dei due campioni olandesi, come di tantissimi altri giocatori, possediamo giusto un paio di radiografie e di risonanze magnetiche. Punto. Così come non abbiamo nessun riscontro degli allenamenti svolti da mister Arrigo Sacchi. Nel merito si tramandano dei ricordi, quasi in forma leggendaria. Dal 2002 invece, avendo dato via libera a questo progetto, si può risalire con dati alla mano a tutta l’attività svolta a Milanello. Se, per esempio, vuoi conoscere tutto dell’allenamento del 14 aprile 2003 di mister Ancelotti, adesso puoi farlo. Insomma: l’idea chiave è stata quella di raccogliere e produrre dati, numeri, statistiche, rilevazioni e così via e mettere questa mole di risultati, che nel frattempo è diventata enorme, al fianco della quotidianità del lavoro di preparazione atletica e al servizio  prima di tutto degli allenatori”.

daniele  tognaccini  07Ed è proprio questa idea che proietta Tognaccini nella dimensione speciale che appartiene solo ai “Numeri 1”. A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi: puoi definire meglio il concetto di numero uno? Pronto e spiegato suona più o meno così. Tognaccini è un personaggio talmente famoso e apprezzato nel mondo dello sport che da diversi anni il Milan Lab è sede di un ininterrotto pellegrinaggio. A Carnago c’è un viavai costante di preparatori atletici, medici, fisiologi, dirigenti sportivi, ingegneri, fisici, informatici. Ma non solo. A Milanello in questi anni sono passati “in visita” pezzi da novanta: squadroni di altri sport – il meglio del calcio mondiale, gli All Blacks del rugby, una nutrita selezione dei San Antonio Spurs del basket NBA, alcuni dei migliori team ciclistici, Nazionali di sci alpino e tante altre discipline sportive. Un elenco di top-players e atleti che per citarli tutti servirebbero dieci pagine. Di fatto, se il professor Tognaccini, in via assolutamente ipotetica, non dovesse/volesse più dedicarsi al Milan, non resterebbe certo con le mani in mano tali e tanti sarebbero gli impegni e le richieste di aiuto/consulenza che gli arrivano da ogni angolo del globo.
“In questo senso è stata gratificante a livelli assoluti la consegna del “Libretto Nero” degli All Blacks, una sorta di lasciapassare che certifica l’ingresso nella loro famiglia, un club esclusivo nel quale entrano in pochi e selezionatissimi. Farne parte, unico italiano credo, e tra i rarissimi membri non neozelandesi, è un onore persino difficile da descrivere”.

Come inizia la vostra raccolta dati? “Dopo la fase dedicata alla preparazione atletica estiva, la giornata tipo dei nostri calciatori si sviluppa in un modo molto semplice. I ragazzi, prima di iniziare l’allenamento sui campi, hanno l’obbligo di sottoporsi quotidianamente ad una batteria di test, sei in totale, della durata di un minuto: attività cardiaca, analisi della pupilla, misurazione del muscolo massetere, percentuale di acqua nel corpo, quantità di ossigeno presente nei flessori della coscia. Poi, ancora, test sensoriali e indice di benessere. Questi test forniscono risposte che in tempo zero vengono trasmesse agli Ipad in dotazione agli allenatori che lavorano sul campo, i quali hanno immediatamente un quadro esaustivo sulla situazione di salute della squadra che stanno per allenare”.

Figura mitologica quella del ‘mister’…  “Dopo tantissimo tempo nel mondo del pallone posso affermare che i “mister” hanno compiuto un’evoluzione importante perché fino a pochi anni fa si limitavano ad allenare la partitella senza curare troppo l’intensità dell’allenamento. Quindi noi preparatore atletici eravamo chiamati a lavorare al loro fianco perché altrimenti le squadre dal punto di vista metabolico non erano in grado di reggere l’esame rappresentato dalla partita vera e propria. Oggi questa cosa succede molto meno perché nel 99% dei casi i “mister” hanno imparato ad allenare ad alta intensità e si avvalgono delle competenze dei preparatori per migliorare anche tutti gli altri aspetti del gioco”.

Tuttavia, ne sei esperienza diretta, il binomio allenatore-preparatore atletico è fortissimo e, ormai, ad alto livello prendere un allenatore significa assumere tutto il suo staff.
Non c’è un pizzico di disagio, o addirittura di contrapposizione nel vedere altri fare il tuo lavoro? “E’ vero: il preparatore atletico oggi è parte di uno staff spesso  composto da una dozzina di persone tra l’allenatore in seconda, quello dei portieri, i tattici di attacco e difesa, fisioterapisti, osteopati e talvolta perfino il medico. Una squadra che ha solidi rapporti in termini di fiducia e relazionali. Poi, altrettanto vero, qualche volta mi è capitato che il livello di competenza di qualche staff non fosse così elevato rispetto a quello che è possibile trovare in Milan Lab ma, tant’è, questo è il “catalogo” in uso. Per spiegarmi meglio uso la similitudine dell’orchestra. In questi anni al Milan A.C. sono passati tanti allenatori-direttori d’orchestra, ognuno con la sua idea di “musica” in testa. L’unica preoccupazione del club dev’essere quella di mettere a disposizione del tecnico “musicisti” pronti, preparati, attenti, ricettivi. Noi di Milan Lab in questi anni abbiamo cercato di offrire ai vari allenatori strumenti-giocatori sempre accordati a puntino oppure, spiegata in altri termini, Milan Lab grazie al suo enorme bagaglio di conoscenze è in grado di essere una sorta di “navigatore” al fianco di chi prenderà le decisioni. Nello specifico quando a Milanello approda un nuovo allenatore che, come detto, di solito porta il suo staff, la società vuole che noi gli si faccia una presentazione di ciò che possiamo offrire, poi davanti alla nostra tavola imbandita toccherà al nuovo mister scegliere cosa “mangiare”: se abbuffarsi oppure prendere solo una ciliegia”.

Qual è la reazione degli allenatori ai metodi di lavoro di Milan Lab? “Negli anni le reazioni sono state diverse e quasi sempre legate al livello di controllo che il “mister” vuole esercitare sulla squadra. Per farla breve dico che abbiamo trovato qualche ritrosia in tecnici con mentalità vetusta, ma in generale la risposta è sempre stata buona e molto partecipata perché gli allenatori sono i primi a comprendere che la tecnologia può essere un supporto vantaggioso nella gestione del lavoro sul campo. Noi, invece, indipendentemente da cosa abbia intenzione di fare il nuovo allenatore, abbiamo l’obbligo, e tutto l’interesse professionale, di accrescere la nostra raccolta dati. Dati che pure sotto il profilo economico rappresentano un vero tesoro poiché, come noto, un “database” fornito e aggiornato oggi vale molto di più della proprietà intellettuale e, sia detto con orgoglio, al Milan A.C. abbiamo una mole di dati – quasi tre milioni di rilevazioni -, che sotto il profilo sportivo non ha eguali in tutta Europa. Numeri che attirano l’attenzione dei più prestigiosi consessi scientifici del mondo. Non a caso Stanford University, uno degli atenei “top” negli USA e nel mondo, vuole collaborare con noi e c’è già un progetto studiato insieme che dovrebbe partire nelle prossime settimane”.

Com’è composto la staff di Milan Lab 2.0? “Oltre ad un paio di preparatori atletici i miei collaboratori sono sostanzialmente persone che vantano una solidissima formazione scientifico-tecnologica. Mi riferisco ad esperti di statistica, ingegneri elettronici, esperti informatici, sviluppatori di software, analisti di dati. Una dozzina di elementi che, ben affiatati, danno un contributo incredibilmente positivo al nostro lavoro che è già entrato in una fase nuova, quella del MilanLab 2.0., un nuovo progetto con caratteristiche che provengono dall’analisi dei test raccolti nella vita precedente di. Il nome, MilanLab 2.0, non è casuale e sottende una nuova era, un nuovo stile di lavoro grazie al quale mettiamo a disposizione di chiunque arrivi una gigantesca mole di dati, indicazioni e strumenti ideati per lavorare al meglio sul campo con la squadra e con i singoli giocatori. Così stiamo lavorando tanto sui giovani – i vari Locatelli, Donnarumma e compagnia sono figli di questi nuovi sistemi di allenamento – facendo partire il Progetto Gold indirizzato specificamente ai migliori 16 giocatori (nati dal 1997 al 2002) del settore giovanile”.

Milan Lab in posizione dominante, è così? “L’essere stati i primi nel mondo del calcio ci pone sicuramente in una posizione di privilegio e di grande rispetto. Rispetto che, per farti capire, in termini pratici si è manifestato in ringraziamenti corali da parte di tutti gli addetti ai lavori dei maggiori club durante un “Simposio sull’utilizzo della tecnologia nel calcio”. Tuttavia, è vero che altri grandi club europei – per tutti il Barcellona che nel “Barça Lab” ha investito tantissimi soldi e ha già 30 dipendenti -, si stanno avvicinando a grandi passi ai nostri standard”.

Tu, però, da quello che leggevo sui quotidiani sei sempre ai ‘vertici di gamma’. “Da più di un anno su incarico della FIFA faccio parte di una commissione composta da cinque esperti – il responsabile del Barcellona, il capo della Bundes Liga, il responsabile della Major League Soccer USA, il capo della Premier League inglese e il sottoscritto -, cui è stato demandato il compito di studiare e valutare l’impatto dell’innovazione tecnologica. Il lavoro che sto facendo io in questo gruppo si chiama EPTS (Electronic Position Tracking System) che si occupa di analizzare e valutare la raccolta dati dei movimenti dei giocatori durante la partita con telecamere, sistemi GPS e così via”.

Chiudiamo con le tue personali classifiche: qual è il calciatore che, al di là del valore strettamente tecnico, ti ha lasciato a bocca aperta per le sue performance atletiche? “Maldini è stato largamente il numero uno. Paolo possedeva il mix perfetto con tutti gli ingredienti – velocità, resistenza, potenza, esplosività, reattività, agilità – per giocare al calcio e imporsi come il migliore difensore di tutti i tempi. Però ho avuto la fortuna di allenarne tanti di altissima qualità: Kaka, Shevcenko, Serginho, Gattuso, Seedorf. Tutti giocatori accomunati da una caratteristica di base: fortissima risposta alle entrate sensoriali”.

Già, le entrate sensoriali, ne parli spesso. Perchè? “Perchè questo capitolo rappresenta il futuro della metodologia dell’allenamento. Dai dati che stiamo raccogliendo sappiamo che la nuova frontiera del lavoro non sarà più rappresentata solo dalla reazione motoria, ma dal miglioramento delle entrate sensoriali. Un lavoro che noi di Milan Lab, dati migliorativi e progressi alla mano, stiamo sviluppando sempre di più grazie ad una serie di macchine e attrezzature (incredibili!!, ndr) di grandissima tecnologia. Il domani – conclude Daniele -, sarà questo: pallone e scienza, preparazione e talento, numeri e cuore, pronti a correre, sempre insieme, mano nella mano…”.

Massimo  Turconi