Nel nostro viaggio tra gli uomini di calcio, incontriamo Mirko Barban, il cui nome e percorso, oggi come ieri, si lega indissolubilmente all’Union Villa Cassano. La stagione 2016-2017 è quella che ha segnato un cambio di prospettiva per Mirko Barban che, dopo dieci stagioni consecutive alla guida della prima squadra rossoblù, è passato dietro la scrivania nel ruolo di Direttore Generale.

Come e quando è maturata la decisione di passare dal campo alla scrivania?
“Dopo dieci anni come allenatore nei quali ho centrato tutti gli obiettivi che mi ero posto, ho accettato la proposta di poter vedere il calcio anche da un’altra angolatura, quella del dirigente”.

In cosa consiste la sua attuale attività?
“È un impegno prevalentemente di coordinamento dell’intera attività calcistica che svolgo insieme agli altri dirigenti. Finora la trovo un’esperienza molto interessante, che mi sta piacendo”.

Dopo tanti anni come allenatore, le manca un po’ il campo?
“Sì, ogni tanto il campo mi manca, anche se, ripeto, sono contento della scelta fatta e dell’esperienza che sto vivendo”.

Il suo percorso di allenatore, come quello di molti altri, inizia nel settore giovanile, cosa ricorda di quelle stagione?
“Ho smesso di giocare nel Morazzone all’età di 26 anni per un infortunio e per impegni lavorativi e, sempre nella stessa società, ho cominciato nella stagione 1992-1993 ad allenare. Nel settore giovanile ho allenato quasi tutte le categorie, prima nel Morazzone e poi nell’Union Cassano. Tanti bei ricordi, quelli più piacevoli sono senza dubbio legati alle vittorie nel campionato Giovanissimi provinciali nella stagione 2000-2001 e il successivo secondo posto nel torneo regionale, quando nessuno se lo aspettava. Tra i ricordi piacevoli anche la conquista della fascia A con la Juniores dell’Union Cassano”.

Cosa si sente di dire a chi è impegnato come allenatore o come dirigente nel settore giovanile?
“Sicuramente di non inseguire il risultato, di non fare selezione con i bambini dell’attività di base e, soprattutto, qui mi rivolgo in particolare agli allenatori, di tornare all’insegnamento della tecnica individuale, perché poi, arrivano giocatori in Prima squadra con vistose lacune tecniche”.

Nella stagione 2006-2007 iniziata da allenatore della Juniores dell’Union Villa Cassano subentra a campionato in corso sulla panchina della Prima squadra al posto di Fiorito. Come ha vissuto il salto?
“Inizialmente con alcuni timori perché ti domandi se sei pronto, se sei all’altezza. È  un grande cambiamento, nel settore giovanile devi insegnare calcio e accompagnare i ragazzi nel loro percorso di crescita, mentre come allenatore di Prima squadra sei soprattutto un manager, che deve curare la gestione del gruppo dal punto di vista psicologico e motivazionale”.

Quale la difficoltà più grande nell’allenare una prima squadra?
“Senz’altro quella di riuscire a coinvolgere tutti i giocatori e conciliare le differenze tra le varie personalità ed età presenti in squadra. All’interno di una squadra hai il giocatore maturo, con impegni lavorativi e, magari familiari importanti e il giovane che sta ancora studiando entrambi con le loro esigenze. L’allenatore deve essere bravo ad amalgamare le personalità e le differenti gradi di maturazione e far si che tutti si mettano a disposizione della squadra. Questo è senz’altro l’aspetto più importante e più impegnativo per un allenatore”.

Nel suo percorso di allenatore di Prima squadra quali momenti ricorda con piacere?
La vittoria del campionato Promozione nella stagione 2011-2012 e anche il ritorno  in Eccellenza dopo aver vinto i play-off nella stagione 2014-2015. Queste due stagioni sono senz’altro quelle che ricordo con più piacere, anche se, altri campionati disputati al vertice o con salvezze ottenute lottando mi hanno dato molta soddisfazione”.

La delusione più forte?
“Senza ombra di dubbio quella provata nell’ultima stagione, dove non riuscivo a far rendere la squadra per il suo potenziale. Tante cause, ma l’amarezza provata nella scorsa stagione è uno dei motivi per i quali ho deciso di lasciare la panchina”.

Nel suo percorso di allenatore ci sono dirigenti e giocatori ai quali è rimasto più legato?
“Tra i dirigenti, sicuramente il Presidente dell’Union Cassano, Luigi Ielmini, per la fiducia che mi ha sempre dato e per avermi accolto e fatto sentire uno della famiglia Cassano sempre. Con l’allora responsabile del settore giovanile, Sandro Toniola, ho un forte legame umano che ci unisce dopo tante stagioni vissute insieme, così come con il Segretario, Matteo Guardia, sempre presente, e Livio Mazzola, il mio secondo, con il quale ho condiviso larga parte del mio percorso di allenatore. Tra i giocatori ce ne sono moltissimi che ricordo. A ogni modo, con giocatori come Davide Palamini, Giovanni Armentano e Francesco Stucchi si è creato un rapporto umano di profonda stima.  Voglio citare Stucchi, in particolare, come esempio di professionalità e serietà”.

È un momento di riflessione generale per il calcio italiano, anche per i dilettanti. Cosa si sente di dire agli attori protagonisti?
“Ai giocatori voglio dire di ricordarsi che il calcio è un gioco e va vissuto innanzitutto come un divertimento, senza pensare troppo ai rimborsi. Agli allenatori consiglio di ascoltare anche gli altri, di accettare il confronto con chi vede la partita e l’attività da un’altra angolatura, senza arroccarsi sulle proprie posizioni. Per le società e in generale a tutto il movimento calcistico spero presto si riescano a rinnovare le strutture, frutto di un’altra epoca sportiva e ora  obsolete e non più adeguate allo svolgimento dell’attività calcistica”.

 Marco Gasparotto