«Hei, ma quello è Gianmarco Pozzecco… che ci fa a Varese?».
L’estate è quella del 1994, la scena si svolge sui campi all’aperto del Campus dove è in svolgimento quel torneo che nel mese di giugno, in quegli anni, riempiva il vuoto che, ai piedi del Sacro Monte, prende gli appassionati della palla a spicchi alla fine del campionato e in attesa che inizi la kermesse del basket mercato.

Invece in quella stagione, subito dopo il ritorno in serie A1 della Cagiva di coach Rusconi guidata dallo zar Komazec, il mercato era già iniziato.

Certo, perché con una mossa da “volpone dei canestri” quel era Tony Cappellari, Varese aveva colto l’occasione del ko societario di Livorno per strappare a costo zero proprio lui: quel Gianmarco Pozzecco che, in quella afosa serata bosina, stava seguendo le partite del torneo con Tony Bulgheroni, già suo compagno nella nazionale militare e artefice di una “dritta” che avrebbe cambiato la storia della squadra biancorossa.

Sì, al nostro fianco, c’era il Poz, colui che, a breve, avrebbe assunto la nomea di “mosca atomica” e che, nell’arco di pochi mesi, col suo basket scanzonato e spettacolare, terribilmente affascinante, sarebbe diventato l’idolo di un’intera generazione di cestofili.

Arrogante affermare «L’avevo detto!». Di certo, però, Pozzecco era uno di quei giocatori di cui, nel campionato precedente, ero avido di informazioni: andavo sempre a spulciare il tabellino, per scoprire come evolvesse la sua crescita cestistica.

Quel ragazzo nemmeno ventidue anni m’incuriosiva nella sua storia di atleta che, senza aver avuto gloria nelle giovanili (credo non abbia mai vestito l’azzurro delle nazionali di categoria), all’ombra di “Sugar” Richardson a Livorno stava diventando un giocatore vero… Mai avrei immaginato, però, di vederlo con la maglia della Pallacanestro Varese: quella sera perciò ero contento di scoprire che fosse nel mirino della società.

Il resto della storia lo conoscono tutti: a Varese come a Capo d’Orlando, dove ha tolto i panni da giocatore per debuttare da allenatore, e un po’ in ogni angolo d’Europa.

Grazie Gianmarco!

Antonio Franzi