Lo sguardo è quello tenero di un bambino di poco di quattro anno: “Dai papà, non preoccuparti, da grande sarò io a vincere lo scudetto!”. Il nome del fanciullo è Brian, suo padre si chiama Meo.

Siamo alle finali playoff della stagione 1989/90 tra Varese e Pesaro: quando la Ranger di coach Giancarlo Sacco sta accarezzando il sogno del titolo della stella, ecco che accade l’imprevedibile. Un Sacchetti al culmine della carriera, – vero “uomo chiave” di quel quintetto biancorosso che pure contava su un asso come Corny Thompson, su altri italiani ormai affermati quali Vescovi, Caneva e Ferraiuolo e sul superbo talento fisico di Stefano Rusconi sotto le plance – sa che deve spingere sull’accelleratore per garantire alla sua Ranger il successo in garadue. Il capitano parte in penetrazione sul lato destro, supera un avversario, vede stagliarsi su di sé la stazza dei lunghi pesaresi Boni e Costa; non rinuncia, manca un solo passo per l’ennesimo canestro di una prova super… ma il suo ginocchio fa crac!

Sul parquet del palasport di Masnago, all’improvviso ammutolitosi, c’è Meo dolorante. Uscirà dal campo accompagnato dai dottori Carletti ed Ermolli, medici sociali della Pallacanestro Varese, e dal “sempre presente” Sandro Galleani. Proprio in quel momento avviene il passaggio del testimone con quel bambino che sa già come trasformare il suo sogno in realtà.

Brian Sacchetti, classe 1986, è cresciuto da giovane cestista ai piedi del Sacromonte prima di intraprendere la sua strada nel basket dei grandi. E ha mantenuto la promessa vincendo lo scudetto: il suo e quello di Meo. Anzi, si è guadagnato il titolo tricolore – il primo e finora unico nella storia di Sassari – avendo il papà quale allenatore!

Antonio Franzi