In una ideale hall of fame del calcio biancorosso, ci sarebbe spazio per leggende e campioni del pallone che all’ombra del Sacro Monte hanno trovato un palcoscenico per guadagnare la ribalta (Pietro Anastasi) o un’oasi tranquilla per disputare gli ultimi anni di carriera (Armando Picchi). Ebbene, all’interno di un esercizio di questo tipo non potrebbe mancare il nome di Pietro Carmignani, estremo difensore biancorosso tra il 1967 e il 1971 e poi passato alla Juventus per circa 100 milioni di lire. Erano gli anni della Serie A: Carmignani, con il Varese, fu titolare per due annate in Serie A e fu protagonista della risalita dalla B nella stagione 1969/1970.

Al termine della sua carriera da giocatore, durante la quale difese i pali di Como, Varese, Juventus, Fiorentina e Napoli, Carmignani ebbe successo anche da allenatore: prima come vice e preparatore dei portieri di Arrigo Sacchi durante gli anni del Parma, del Milan e della nazionale, poi come capo allenatore del Parma con cui vinse una Coppa Italia nel 2006. Dopo l’esperienza emiliana ci fu per Carmignani la sfortunata parentesi biancorossa, che durò appena cinque partite: al suo posto arrivò Beppe Sannino. Ora Carmignani è tornato al Varese e allena i portieri della scuola calcio.

Non è raro che chi passa dal Varese rimanga qui. Cosa resta dentro di questa città?
«A Varese mi sono trovato subito benissimo: è una città a misura d’uomo e sono queste le dimensioni cittadine con cui mi trovo bene. Io sono arrivato qui da Como nel 1967, ero un ragazzo di 21 anni. A Varese trovai un gruppo di ragazzi affiatati che comprendeva Anastasi, Morini, Cresci, Borghi e Villa. Poi arrivò anche Bettega. Siamo cresciuti all’ombra dei Borghi, ma sarebbe più corretto dire al sole dei Borghi. Ho avuto tanti presidenti, tutti molto bravi, ma Giovanni Borghi e suo figlio Guido sono quelli che ricordo con più affetto. La città, poi, la trovo stupenda e adatta alle mie esigenze. Per cui con mia moglie abbiamo scelto di stabilirci qui».

Cosa pensa della società che è ripartita due estati fa dopo il fallimento?
«Penso che la strada intrapresa dal Varese Calcio sia degna di essere seguita con grande interesse da sportivi e tifosi. Si tratta di gente del territorio, che ha passione per la squadra, che ha fatto dei sacrifici e sta ottenendo dei buoni risultati. Bisogna fare i complimenti al gruppo dirigenziale e allo staff tecnico per come hanno lavorato fino ad ora».

Qual è il suo rapporto attuale con il Varese?
«Sono impegnato quasi tutti i giorni: lavoro tre volte alla settimana con i giovani portieri. Mi fa piacere portare avanti questa attività perché è per me un’esperienza nuova: avevo sempre lavorato con le prime squadre o con le primavere, mi mancava la scuola calcio nel mio bagaglio. Lavoro con i portierini dal 2006 al 2009 ed è molto bello per me insegnare le tecniche di porta, di uscita e di presa. I ragazzi sono come delle spugne, assorbono tutto, e perciò è piacevole ed appagante lavorare con giocatori che ogni giorno cercano di migliorarsi».

Come procedono le attività della scuola calcio?
«Abbiamo squadre per le fasce d’età comprese tra i 2004 e i 2011, più il Progetto Bimbo che riguarda bambini nati tra il 2011 e il 2013. Non si può non lodare la bravura di organizzatori e allenatori che reputo bravissimi per ogni fascia d’età, ma mi preme sottolineare un altro aspetto: la bravura dei genitori dei nostri ragazzi. Accompagnano sempre i figli all’allenamento e li aspettano; molti di loro sono anche collaboratori e dirigenti che aiutano persino per le cose più semplici. La collaborazione è fondamentale, se non ci aiutassero in questo modo non potrebbe funzionare nulla. Io sono nonno di due bambini della scuola calcio e li accompagno agli allenamenti, per cui mi accorgo di quanto sia importante questo aspetto».

Ha avuto modo di vedere la prima squadra?
«Non più di tanto. La domenica sono con i ragazzi e non riesco neanche a vedere gli allenamenti della prima squadra perché noi ci alleniamo a Varesello. Sono riuscito a vedere una partita sola, quella terminata 1-1 con la Pro Sesto, in cui il Varese secondo me aveva giocato meglio di quanto dice il risultato. Leggo sempre le cronache al lunedì, comunque, e la sensazione è che la squadra ci sia e sia competitiva. Ho incontrato Baiano due volte ed è stato molto bello per me rivederlo».

Filippo Antonelli