L’arrivo alla Pro Patria di Mario Alberto Santana porta con sé due inevitabili chiavi di lettura. Una strettamente tecnica. L’altra più ampiamente psicologica. Sulla prima non c’è molto da dire. O forse sì. Marìto è (principalmente) un interprete completo di un ruolo (purtroppo) in graduale via di estinzione. Quello di trequartista classico (enganche, secondo la dizione argentina), abile però più nell’inserirsi e nell’andare alla conclusione piuttosto che nella semplice assistenza. Nella Fiorentina di Prandelli, ad esempio, costituiva il vertice di un centrocampo che aveva in Liverani il playmaker, in Montolivo e Kuzmanovic le mezzali. In quella Viola, Santana rappresentava il terminale di una mediana costruita per supportare la coppia d’attacco Pazzini/Mutu. Una punta di riferimento e una di movimento. Una apre gli spazi, l’altra li occupa.
Nella Pro Patria di ieri Pala ha (quasi inevitabilmente) impiegato l’ex Palermo nel ruolo a lui più congeniale. Alle spalle di due punte (Vettraino e Marra) che in realtà sono però due esterni. Tanto che il tecnico tigrotto aveva chiesto loro di attaccare lo spazio tra i terzini e i centrali avversari. Circostanza che ha costretto il patagonico a dispensare calcio soprattutto lontano dalla porta. Quindi? Quindi, in attesa del rientro di Montini (che non è una prima punta ma è quanto, nella rosa biancoblu, più gli si avvicina), la soluzione potrebbe essere quella di spostare Santana nel ruolo di attaccante (idea peraltro confermata dallo stesso Pala ieri nel post partita). Non sarà il massimo ma con il grondante talento di cui dispone l’argentino, non dovrebbe costituire un problema. Anzi, potrebbe essere la soluzione.
Sul fronte psicologico (comunque strettamente collegato a quello tecnico), il messaggio arrivato all’ambiente e agli avversari è stato forte e chiaro. Con Santana la Pro Patria vuole giocarsela sempre. Personalità e carisma (film già visto con Michele Ferri) trascinano i compagni e incutono rispetto agli avversari. Una guerra psicologica da giocarsi insomma con armi non convenzionali. Non porterà punti in classifica. Ma aiuta a farlo. E non è un dettaglio.

Tornando al campo, lo 0-0 con il Pavia ha suggerito due ulteriori riflessioni. Entrambe riguardano, a loro modo, la numerologia. Segnatevi infatti questi numeri: 84, 83 e 48. Sono (a ieri) i giorni di assenza dal campo rispettivamente di Gianluca Sampietro, Alberto Marchiori e Mattia Montini. Il centrocampista in prestito dalla Sampdoria ha accusato un problema muscolare alla vigilia della trasferta di Bassano del 24 ottobre. L’ex Genoa ha invece rimediato una distorsione alla caviglia al 54’ proprio del match con i veneti. Per il frusinate botta alla caviglia (o forse microfrattura al piede?) al 17’ della sfida del 28 novembre con il Padova. Salvo Marchiori (rientrato sabato tra i convocati ma ieri solo in tribuna), per gli altri due i tempi di recupero sono ancora work in progress. Lanciamo un sasso nello stagno della dialettica: si poteva fare meglio? La risposta, ovviamente, a chi dispone di conoscenze e competenze di cui chi scrive non è purtroppo equipaggiato.
A chiudere altri numeri. Quelli della difesa che (da 11 giornate) è la migliore del campionato con 7 reti al passivo e 5 clean sheet. Numeri peraltro già sottolineati su queste colonne la settimana scorsa e rivendicati a gran voce ieri da mister Pala. Con una sfumatura. Con il Pavia abbiamo visto all’opera la retroguardia a 4. Un sistema di gioco efficace quando gli avversari presentano una punta centrale e un trequartista (o punta esterna) in appoggio (ieri Ferretti/Cesarini, con la Giana Bruno/Gasbarroni, con la Cremonese Brighenti/Maiorino). In quei casi risulta anche fondamentale l’oscuro lavoro a supporto di Jidayi. Diverso il discorso quando nelle stesse gare entra un altro attaccante d’area (Perna a Gorgonzola, Magnaghi con la Cremonese). Lì la squadra va in sofferenza necessitando di tre centrali stretti. Una buona base di discussione in vista della complicatissima trasferta di sabato a Cittadella.

     Giovanni Castiglioni