Ora sta vivendo un momento d’oro: la sua Pistoia sta disputando un campionato super e stupisce tutti, nonostante un calo nelle ultime domeniche. Ma dalle nostre parti è apprezzato soprattutto per il suo passato: Giacomo Galanda ha scritto pagine importantissime della Pallacanestro Varese, dallo scudetto della stella al ritorno in A1, passando altri momenti indimenticabili. E alla fine della sua carriera è arrivato proprio a Pistoia. L’allenatore? Era Paolo Moretti.

Come sta Gek Galanda?
“Sto bene, sono gm a Pistoia, in un contesto dove si può lavorare molto. C’è tanto da fare, bisogna gestire una società fresca, nuova, rilanciata negli ultimi anni, ma che sicuramente è una patria della pallacanestro italiana. Abbiamo dovuto ricostruire e adattarci ai tempi. La pallacanestro è uno sport dinamico che cambia spesso, serve anticipare. Stiamo cercando di essere innovatori senza perdere la nostra identità. Il nostro obiettivo è di costruire di volta in volta, stagione per stagione”.

galanda1La sua Pistoia è una delle sorprese del campionato, anche se arriva da un periodo non facile. Come si fa a costruire una buona squadra con un budget limitato?
“È vero che è una sorpresa, ma è da parecchi anni che Pistoia fa sempre meglio della stagione precedente. Ogni volta c’è un piccolo passo. Un piccolo passo per l’umanità, un grande passo per Pistoia… (ride, ndr). Si cerca di fare progressi oculati senza voler esagerare. Vuol dire dare un’occhiata portafoglio valutando bene i rischi. Puntiamo su squadre che possono essere delle “scommesse oculate”, se mi passate l’ossimoro. Bisogna mettersi in gioco giocando le carte giuste: non sempre ci si riesce ma questo ambiente aiuta molto a sviluppare le singole potenzialità dei giocatori”.

A Pistoia ha avuto a che fare con Paolo Moretti. È l’uomo giusto al momento giusto?
“Ho conosciuto Paolo ai tempi della nazionale quando ero un pischello, e la pallacanestro ha fortificato la nostra amicizia. A suo tempo, quando mi chiamò per venire a Pistoia, fu il principale motivo per cui accettai. Lui è stato fondamentale per quello che ha fatto qui e per come l’ha fatto. Ora ha compiuto un passo in più: dopo una splendida stagione ha fatto una scelta giusta, salire di un gradino e cimentarsi con la realtà di Varese. Vuol dire giocare in coppa e avere un budget superiore, con la possibilità di giocare per un blasone e per la piazza che ha fondato la pallacanestro in Italia. Bisogna dar tempo a Paolo. Magari quest’anno non si è formata la perfetta chimica, ma credo che Moretti abbia dato la sua impronta e si sia visto il suo lavoro. In coppa è andato avanti: certo, non è l’Eurolega, ma non è facile gestire il doppio impegno. Sul lungo periodo vuol dire che ha fatto bene”.

Parliamo del Gek Galanda Camp. Cosa le dà avere a che fare con così tanti bambini?
“Ho iniziato nove anni fa con quest’esperienza, che mi ha e mi sta dando molto. Confrontarsi con i ragazzini è speciale: nel vedere come si divertono si torna a gustare la vera passione lontana da ogni interesse. E la cosa più bella che ci sia. Ho anche allargato un po’ il discorso con le collaborazioni con la Michael Jordan Flight School e la Partizan Academy perché credo che tanti allenatori possono portarci qualcosa anche dall’estero. Innovazione, mentalità, entusiasmo, ad esempio. Ho creato luoghi dove effettivamente si cresce tutti assieme. Oltretutto, sono venuti ad allenarsi con noi giocatori come Magro, Biligha, Renzi: e si è creata un’atmosfera speciale”.

È il momento amarcord: qual è il suo ricordo più bello in biancorosso?
“Quando si vince e sempre la cosa più bella. L’anno della stella e indimenticabile. Anche durante la stagione della promozione c’era un gruppo fantastico, così come negli anni a venire. Tutte le stagioni sono state bellissime perché si è creato un clima speciale dove ci si divertiva a fare pallacanestro. Porto Varese nel cuore, e non è una cosa retorica. Ho sentito di gente che si commuoveva quando sono andato via, mi sono commosso anche io. Ho avuto la fortuna di essere parte di un gruppo splendido come quello del ‘99. Essere riuscito a lasciare un buon ricordo è galanda coppala cosa più bella”.

Cosa rendeva speciale quel gruppo?
“Non c’era qualcosa di particolare: era un gruppo che litigava anche, ma era un’espressione sincera. Dopo le partite vinte c’era sempre voglia di festeggiare insieme e uscire. Ma non era solo quello, era piacere di trovarsi e giocare a pallacanestro assieme in maniera naturale. Scendere in campo, mettere pantaloncini e rendere quel pallone magico”.

Fra poco tornerà a Masnago per la partita con Varese. Cosa proverà?
“Piano piano si definiscono i ruoli, mi immagino che ci saluteremo ma poi penserò alla partita perché saranno punti importanti. Mi auguro che sia una bella sfida. Devo dire che la cosa che mi rende più fiero quest’anno della mia squadra e che abbiamo giocato sempre belle partite. Stavolta però mi tocca tifare Pistoia…”.

La rivedremo prima o poi a Varese?
“Di queste cose parlo quando c’è qualcosa di concreto. Ovvio che Varese è un posto stimolante dove piacerebbe tornare. Detto questo, bisogna considerare l’aspetto professionale, verificare che ci siano le condizioni ottimali e che il momento sia quello giusto. Io decido bocce ferme, a cose ben definite. Parlare a livello professionale per romanticismo creerebbe false aspettative. In questi frangenti bisogna essere cinici e realisti. Ma se ci sarà l’occasione, perché no?”.

Luca Mastrorilli